Nuova perlustrazione, nuova serie di spunti di riflessione
Nella sezione del "Forum Principale", il forista jwscientist, ha aperto un 3D intitolato "Aspetti principali per distinguere un culto…” in cui riporta il seguente elenco di caratteristiche proprie delle aggregazioni definite “culti”. E per il termine “culto”, nella stessa sezione, primo post del 3D “Ciò che conta davvero”, lo stesso forista spiega che si deve intendere: “La dicitura Culto e': gruppo molto bene organizzato, con una verita' assoluta, restio alla critica e molto aggressivo verso gli ex membri,e con forma di isolamento sociale. In pratica i tdg.”
Lo riporto aggiungendovi un commento (in neretto) atto a mostrare che non tutto è negativo e che, intesi in un certo senso, alcuni punti possono essere accettabili perché rientranti in una visuale di fede (che la psicologia non può contemplare ma può capire che non sono condizionanti la personalità).
Di quelli che lascio senza commento ovviamente condivido la valutazione negativa. Ma non mi sembra che se ne trovi traccia (se non accidentalmente e sporadicamente) negli ”istituti di perfezione” cattolici che assumo come termine di confronto. Intendo dire quelli della vita “religiosa”, cioè nei seminari formativi, nei conventi di frati e suore con o senza clausura.
Ovviamente mi auguro che ogni TG, soprattutto quelli "aperti al pluralismo" confronti con questi punti la situazione esistente nel proprio movimento.
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1)Bisogno di chiedere permesso ad un autorita' per decisioni importanti della propria vita
Permesso no, consiglio sì. Umiltà e prudenza inducono a “sfruttare” le fonti di saggezza
2)Richiesta di obbedienza e dipendenza
Nelle comunità religiose è così. Si dona la propria volontà al Signore con voto di obbedienza
3)Le informazioni non sono liberamente accessibili, specialmente quelle critiche
Irrilevante. In tutti gli uffici è così e anche nelle comunità
4)Le informazioni variano a secondo del livello di appartenenza al gruppo ( e sono informazioni dottrinali, non informazioni su come dirigere il gruppo stesso)
Idem. E' ovvio e pacifico che la direzione sia privativa dei Superiori e, partim, partecipata ai superiori inferiori
5)La leadership decide quando e chi deve sapere le varie informazioni
Ma certo! Oltretutto l’inferiore non avendo il panorama della situazione potrebbe criticare ciò che è invece opportuno
6)Nessun pensiero critico, o domande, o dubbi possono essere accettati sulla leadership
La quale è tutelata nientemeno che dalla “volontà di Dio” sia essa “positiva” quando il Superiore ci azzecca, sia “permissiva” nel caso che sbagli. Tutto può concorrere al bene, anche le croci
7)L'autorita' della leadership viene spesso ripetuta nella letteratura e dottrina del gruppo
Questo non occorre, sotto voto di obbedienza la cosa è ben presente al subalterno
8)Modo di pensare elitario ( La nostra Chiesa e' l'unica giusta, gli altri sono come morti che camminano), sono degradati, immorali, odiati da Dio.
Visitare le altre confessioni religiose non e' visto di buon occhio oppure vietato
9)Le opinioni personali, l'individualismo, l'indipendenza, la non sottomissione, sono considerati come peccati molto seri
Sì, si deve tendere alla perfezione anche nelle minime cose (cf le autoaccuse delle suore davanti alla comunità)
10)Fare sempre sentire la persona in un modo tale che se esiste un problema, non puo' essere dovuto alla dottrina o al comportamento del gruppo,ma e' lui/lei il problema
Il che, quando il gruppo è un ordine religioso stagionato dal tempo e da uno Statuto opportunamente limato, è vero
11)I leader sono sempre nella verita'
12)Fobia di pensare con la propria testa
Precisamente fobia che possa infiltrarcisi l’orgoglio, il diavolo, la presunzione, la ribellione
13)Fobie di uscire dal gruppo e trovarsi nel mondo Satanico
Non esattamente ma sentirsi a disagio fuori della vita di convento sì. E’ anche giusto per uno che ha la vocazione specifica alla vita comune e di ora et labora all’interno del convento
14)Non esiste nessun motivo al mondo legittimo per lasciare il proprio gruppo e unirsi ad un'altra confessione, lasciare il gruppo vuol dire lasciare Dio e Cristo e quindi non essere degni di vivere.
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est modus in rebus