00 28/07/2009 18:47


Dovreste spiegarmi perchè chiamate le cose con un altro nome, quando è esattamente la stessa cosa!

Welby ed Englaro, hanno "scelto" di morire, ESATTAMENTE come i tdg suicidi che rifiutando una cura medica, in questo caso il sangue, "scelgono" di morire rifiutandolo!!!



La stessa cosa? Buttiamo via tutti i manuali di bioetica...
Nel caso del rifiuto della cura la volontà dev’essere attuale, perché altrimenti c’è il problema dell’attualità delle volontà precedentemente espresse. Qualunque psicologo sa che trovarsi in una situazione in teoria e trovarvisi realmente sono due cose diverse. Una persona che scrive un testamento biologico sta dicendo “se mi trovassi nella situazione x, e fossi incosciente, annullatemi”. Ma com’è possibile sapere come si sarebbe comportato il paziente nella situazione? I TdG sono un esempio eclatante: giurano che morirebbero piuttosto di ricevere una trasfusione, eppure, una volta arrivati al dunque, molti di loro cedono davanti alla concretezza del pericolo della vita. Se queste persone, che coscienti avrebbero ceduto, fossero arrivate in ospedale incoscienti con un testamento biologico che vieta le trasfusioni, sarebbero morte. La vita è un bene così prezioso che prima di lasciarla andare devi essere sicuro che la persona voglia morire, e la volontà dev’essere attuale, perché prospettarsi teoricamente una cosa non è come viverla. In questo caso poi la volontà di Eluana era stata manifestata solo oralmente: non dubito che il padre abbia riferito correttamente quanto Eluana disse, mi chiedo solamente quanto si può essere sicuri della validità di ciò che qualcuno si prospetta in teoria durante conversazioni tra amici. Anche mia madre è solita sparare frasi ad effetto del tipo “se tornano i nazisti e mi dovessero torturare, voglio una capsula al cianuro nei denti per uccidermi”. I centri di terapia intensiva, o dei grandi ustionati, sono pieni di gente che continua a dire agli infermieri che vuole morire, e magari se mesi dopo ha cambiato idea perché ha ritrovato la speranza.
Quanto al caso Welby il discorso da fare è un altro, e va ricercato nel confine tra eutanasia ed accanimento terapeutico. Come è noto la Chiesa è contraria all’accanimento terapeutico, che si definisce come quella cura che impiega mezzi sproporzionati, che non accrescono la qualità della vita del paziente, e che dunque per far guadagnare poco tempo sacrificano il benessere del malato. Nel caso dell’accanimento terapeutico però non è la vita ad essere considerata inutile, ma la cura: si ritiene che la cura sia inutile e troppo dolorosa, e dunque la si rifiuta. Nel caso di Giovanni Paolo II la faccenda era la medesima: le cure avrebbero fatto andare avanti il papa solo per un altro paio di giorni, tra molteplici sofferenze. Questo non è il caso di Welby, che aveva un quadro clinico stabile e sarebbe potuto andare avanti a vivere: in quel caso ad essere considerata inutile non era la cura, ma la vita, ed è questo il punto inaccettabile. La TdG che voleva morire non considerava inutile o senza valore la sua vita, bensì l’ha sacrificata a malincuore perché credeva di sacrificarla ad un bene più grande. Quella donna non voleva morire, ha scelto di farlo.
Questo discorso, mi direte, non ha però nulla a che vedere col principio che difendevo più sopra, cioè la libertà di rifiutare le cure ed autodeterminarsi, a prescindere da come io consideri la mia vita. La risposta è che Welby non si è semplicemente suicidato, ma ha richiesto che qualcuno lo uccidesse, a differenza di quanto è avvenuto con questa TdG. Nel caso Welby ci sarebbe cioè stato il concorso esterno di una terza persona che l’avrebbe ucciso. Ora mentre nel caso del suicidio la persona si uccide da sé, nel caso dell’omicidio del consenziente si verrebbe a configurarsi la figura di una persona che ha, per placet statale, il diritto di uccidere chi è d’accordo. Ma questo è un mostro giuridico, perché lo stato non ha il potere di uccidere nessuno, e dunque non ha il potere di delegare questo potere ad una persona.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)