00 17/09/2005 10:36
“Per Déaut, nescio”

Questo “nescio” mi ha fatto venire in mente un aneddoto molto divertente sui gran filologi TdG che affollano la rete. Stavo discutendo di greco con uno dei tanti proclamatori che bazzicano nei forum e che si ostinano a parlare di questa lingua senza conoscerne neppure la prima declinazione. Il mio interlocutore mi chiese se conoscevo la data di composizione di un’opera patristica, al che io gli risposti “nescio” (cioè “non so” in latino). Costui nella sua grande conoscenza delle lingue antiche mi rispose qualcosa tipo: “Stupido? Bel modo di condurre una conversazione!”. Sono stato due secondi a pensare in che modo gli avessi dato dello stupido poi mi sono reso conto che “nescio” in italiano del duecento vuol dire “sciocco”. [SM=g27828] Il mio interlocutore, che probabilmente oltre al greco aveva seri problemi anche in latino, non avendo idea di cosa gli avessi scritto, era andato a scartabellare qualche dizionario di italiano e aveva trovato questo responso, cioè un mio insulto alla sua persona!

Ad maiora

[Modificato da Polymetis 17/09/2005 10.37]

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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)