00 30/10/2004 14:56
Astrologia e astronomia

di Margherita Hack
da "Sette variazioni sul cielo" Raffaello Cortina Editore




Una prima, ovvia constatazione è che gli astrologi non sono d’accordo nemmeno sulla definizione d’astrologia, sebbene ci tengano a dichiararla scientifica. Non sanno se i loro oroscopi servano a fare previsioni, oppure abbiano un intento più psicologico che divinatorio (è chiaro che, nel secondo caso, l’astrologia ambirebbe a presentarsi non tanto come scienza qunato come una sorta di surrogato della psicoanalisi). Se guardiamo al metodo, vediamo che non ve ne è uno solo. Ma anche quando si tratta di scegliere fra i risultati, restano forti discordanze che gli addetti ai lavori considerano quasi inevitabili e attribuibili all’interpretazione. Tanto che, a questo punto, l’astrologia diventa non più “una scienza” ma “un’arte”; e la discordanza, una discordanza artistica, magari in omaggio all’universale armonia!



Anche la resistenza che gli astrologi oppongono alla critica è sintomatica. Quando si discute dello statuto dell’astrologia, i suoi cultori ritengono che non può essere criticata da chi non la conosca. Se con questo vogliono dire che non può essere messa in discussione da chi non sia capace di fare un oroscopo, l’argomento è piuttosto debole, perché, come abbiamo visto, un oroscopo è in sé abbastanza neutro. Ma per criticare la pratica dell’interpretazione è sufficiente analizzarne il presupposto: in breve, l’idea che le costellazioni e i pianeti possano esercitare un’influenza significativa sulla vita degli uomini. L’aggettivo “significativa” è essenziale per non incorrere nello stesso incidente di una celebre dichiarazione contro l’astrologia (“Statement of 186 Leading Scientists”, The Humanist, settembre-ottobre 1975) e sottoscritta da autorevoli esponenti del mondo scientifico. Da questa prende spunto Paul Feyerabend per sviluppare una provocatoria difesa della dignità dell’astrologia. Egli ha buon gioco nel mostrare che numerose branche della scienza contemporanea concordano nel ritenere che i fenomeni celesti abbiano una qualche influenza su processi che avvengono nel nostro pianeta: meteorologia, maree, onde elettromagnetiche, ritmi vitali degli organismi, ecc. Tuttavia, non si tratta tanto di mettere in questione l’esistenza di tale influenza (che indubbiamente è reale), quanto di valutarne la grandezza in confronto con altre variabili, e accertare se gli astrologi esaminino (in coerenza con i propri assunti) tutti i fenomeni celesti.

Così, dal punto di vista filosofico e metodologico non si confuta l’astrologia negando le influenze cosmiche, o meglio le interazioni di tutti i corpi dell’Universo. La gravitazione nonché le radiazioni crepuscolari ed elettromagnetiche provenienti dalle stelle sono un fatto, anche se non sono tutte e sempre rilevabili; tuttavia – esclusi Sole e Luna -, questi fenomeni sono caratterizzati da valori talmente piccoli che non possono avere alcuna influenza significativa sugli esseri umani. Per esempio, gli oggetti che lo circondano, un mobile, la casa e la stessa partoriente rispetto al neonato, esercitano su quest’ultimo influenze molto più importanti delle posizioni del Sole, della Luna e dei pianeti! Ed esistono altre cause, di importanza macroscopica, che condizionano il futuro di ogni essere umano: nascere belli o brutti, ricchi o poveri, in ambienti aperti od oppressivi, sotto un regime piuttosto che sotto un altro.

D’altra parte, la discussione razionale con gli astrologi è difficile, forse impossibile. In genere, un astrologo pone una questione di sensibilità, se non di fede. Un caso personale: mi è capitato di avere una sorta di garbata polemica con un’esperta di astrologia. Si trattava di una laureata, di notevole cultura, che impiegava modelli matematici per le sue elucubrazioni e per realizzare, addirittura, oroscopi finanziari. Dopo aver letto alcuni suoi articoli, scrissi una lettera aperta a un quotidiano in cui definivo questa persona “la signora alta matematica”. Lei mi telefonò chiedendo un incontro, ma nonostante tutta la sua preparazione e i suoi modi affabili la discussione doveva rivelarsi sterile. Infatti, alla domanda “su cosa si basa l’attendibilità delle sue previsioni?”, mi rispondeva che lei “sentiva”. Che cosa mai si può obiettare a chi “sente”?

Ma entriamo nei dettagli: un primo punto riguarda la suddivisione del cielo che sarebbe alla base delle previsioni astrologiche. Lo Zodiaco è una porzione della volta celeste divisa simmetricamente dall’eclittica (il piano dell’orbita terrestre intorno al Sole) in cui sono contenuti i moti visibili del Sole, della Luna e dei pianeti noti dall’antichità. Tra i greci lo Zodiaco era diviso in dodici parti uguali, invidividuate ognuna dalla costellazione più evidente in questa partizione. Nel corso dell’anno, a causa del moto di rivoluzione della Terra, vediamo il Sole spostarsi lungo la fascia dello Zodiaco. Troppo tempo è trascorso da quando le dodici regioni del cielo sono state battezzate con i nomi che conosciamo e, a causa della precessione degli equinozi, la posizione del Sole nei mesi dell’anno non corrisponde più a quella osservata dagli antichi. Per esempio, l’equinozio di primavera, che è il punto della volta celeste in cui si vede proiettato il Sole il 21 marzo, e che corrisponde ad uno dei due punti in cui l’eclittica interseca l’equatore, al tempo dei greci si trovava nella costellazione dell’Ariete; oggi si trova in quella dei Pesci. Tale fenomeno non finisce di confondere gli astrologi, i quali parlano della famosa “Età dell’Acquario” senza sapere cosa sia, né quando cominci, né quando avrà termine… Essi non hanno minimamente tenuto conto di questo problema e i nostri pretesi oroscopi sono basati su costellazioni vecchie di secoli e sulla rappresentazione di un “cielo” che non esiste più.

Se poi si esamina quante di queste configurazioni artificiose chiamate costellazioni cadano nella fascia dello Zodiaco, si trova che ce ne sono non dodici ma tredici o addirittura quattordici, considerando che vi rientrano parte dell’Ofiuco e una piccola porzione della Balena.



Inoltre, le costellazioni dell’astrologia classicano rappresentano un numero esiguo di stelle rispetto a quelle che si sono scoperte negli ultimi cent’anni. Ritroviamo qui, rovesciato di segno, l’argomento degli astrologi contro le “novità” osservate nel cielo da Galileo. Se le “stelle” influenzano il destino umano, allora lo influenzano tutte quante. Perché privilegiarne alcune, a scapito di altre? Quale significato astrologico dobbiamo attribuire agli asteroidi o alla variabilità delle distanze planetarie? Il lunghissimo periodo di rivoluzione di pianeti quali Urano, Nettuno e Plutone (la cui durata è, come vedremo nel prossimo capitolo, rispettivamente di 84, 164 e 248 anni) ha più effetto sulle stirpi o sugli individui?

E per quale ragione gli astrologi non hanno dedotto dagli oroscopi l’esistenza di tutti questi pianeti o almeno di Urano, che è quasi visibile a occhio nudo, invece che lasciare questo onore agli astronomi? Inoltre, sempre a proposito di Urano, che è stato trovato circondato da almeno 7 o 9 anelli, quali nuove influenze attribuirgli? Giove, pure lui anelluto, acquisterà forza e poteri benefici? E il cattivo Plutone diventerà birichino, ora che ci si è accorti che è molto più piccolo di quanto si credesse, e intorno gli orbita una piccola “luna”?

Di fronte a ciò un astrologo scrupoloso dovrebbe sentirsi girare la testa più turbinosamente di una stella di neutroni. La verità è che non se ne cura, dato che per lui la scienza è solo un’etichetta da conservare, appiccicata alla parola astrologia.
[…]
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)