nicolas_60 ha scritto:
La risposta è che non meno di quattro differenti parole greche sono tradotte nelle nostre Bibbie con significato di "crocifiggere" o "crocifisso", e che non una di esse ha questi significati. Le quattro parole in questione sono prospegnumi, anastauroo, sustauroo e stauroo. La parola prospegnumi, sebbene sia tradotta nelle nostre Bibbie "crocifiggere" o "crocifisso", significa solamente "appendere" a o sopra, e nient'altro. Non importa che le persone condannate a cui fa riferimento siano appese a un palo, a un albero o a una croce e non ha riferimento alla croce più di quanto lo indichi la parola "appendere" in se medesima.
La parola anastauroo non fu mai usata dagli antichi scrittori greci con un significato diverso da quello di impalare sopra o con un singolo pezzo di legno.
Puoi indicare la fonte (dizionari biblici o altre opere di studiosi accreditati) da cui trai queste affermazioni così categoriche?
Ecco cosa dice un autorevole dizionario:
«Il verbo compare più frequentemente nella forma composta
anastauróô col medesimo significato. E' intercambiabile, senza apprezzabili variazioni di significato, con
anakremánnymi (Hdt. III 125, 3s; VII 194, 1s) e
anaskolopízô (Hdt. IX 78,3), che significano sempre appendere (in pubblico). A seconda del tipo di applicazione penale cui si fa riferimento, può significare
impalare (per es. Hdt. VII 238, 1);
appendere, per disonorare una persona uccisa (per es. Hdt. III 125, 3s) o per l'esecuzione capitale (cf, testimonianze in 2a);
assicurare allo strumento di tortura;
crocifiggere (cf, ivi, alla fine).
Come anche indicano i casi più frequenti in cui è usato il verbo,
staurós può quindi significare il palo (a volte appuntito in alto) al quale viene abbandonato un ucciso, quasi a significare una pena aggiuntiva, in segno di vergogna, sia appendendolo (così probabilmente Diod. S II 18, 2) che infilzandolo; in altri casi si tratta del palo usato come strumento di esecuzione capitale (per strangolamento o altro). Inoltre
staurós è il
legno del supplizio, grosso modo nel senso latino di
patibulum, una trave assicurata sulle spalle; è infine, come strumento di supplizio, la croce, formata da un palo perpendicolare e da una trave orizzontale, in forma di T (
crux commissa) o di † (
crux immissa)».
"Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento" (a cura di L. Cioenen, E. Beyreuther, H. Bietenhard, Ed. Dehoniane, 1976), pagine da 408 a 412.
Ecco cosa affermano altre opere di studiosi sulla forma della
croce su cui venne innalzato Gesù:
«...[la
crux immissa] differiva dalla precedente la (
crux decussata) per la collocazione del palo diritto (
stipes) al disotto del braccio trasversale (
patibulum) ... Che questa fosse la sorta di croce sulla quale il nostro Signore morì è ovvio (fra le altre ragioni) dalla menzione del 'titolo' che era collocato al di sopra del capo di nostro Signore, e dalla tradizione quasi del tutto unanime» —
Cyclopedia of Biblical, Theological and Ecclesiastical Literature, di McClintock and Strong, Baker House, vol. II, pag. 576. Ristampa 1981.
«La croce era un palo verticale appuntito in alto, oppure era costituita da una trave verticale e da un'altra orizzontale sovrapposta (a forma di T,
crux commissa), o da due travi intersecantisi, di uguale lunghezza (forma †,
crux immissa) ... La croce di Gesù che i romani rizzarono per eseguire la condanna a morte, era, come ogni altra croce, un palo verticale con una trave trasversale» —
Il Grande Lessico del Nuovo Testamento, di Gerhard Kittel, Paideia, 1965-1989.
Anche studiosi Ebrei parlano del supplizio romano, facendo anche riferimento ai vangeli:
«Le croci utilizzate furono di differenti forme. Alcune furono in forma di T, altre nella forma della croce di Sant'Andrea (X), mentre altre ancora erano in quattro parti (+). Il tipo più comune consisteva in un palo (
palus) fermamente fissato al terreno (
crucem figere) prima che il condannato arrivasse sul luogo dell'esecuzione (Cicerone,
Verrine, v. 12; Giuseppe Flavio,
Bellum Iudaicum, VII, 6,4) e in un trave trasversale (
patibulum), recante il "titulus", l'iscrizione che attestava il crimine (
Mat. 27,37; Luc. 23,38; Svetonio, Claudio, 38). Era il palo trasversale, non il palo fisso, che il condannato era costretto a a trasportare sul luogo dell'esecuzione (Plutarco,
De Sera Numinis Vindicta, 9; Mt., ibidem;
Gv.19,17)» -
Jewish Encyclopedia, alla voce "Crocifissione".
Achille
[Modificato da Achille Lorenzi 15/09/2009 19:14]