00 21/08/2009 13:32
Mario ha scritto:


Perchè l'appellativo "dormiente" non piace molto agli "addetti ai lavori" in riferimento allo stato di coscienza che ha l'anima separata dal corpo? Se essa come hai ben detto tu, non ha fnzini intellettiva, non è molto simile allo stato di sonno?



Veramente mi pare di aver detto il contrario. Un'anima, per definizione, deve agire in qualche modo per sussistere. Ora, finché l'anima è incarnata, questa fa vivere il corpo e continua a sussistere anche quando, per ragioni fisiologiche, è impossibilitata ad esercitare le sue funzioni intellettive. Un'anima disincarnata, però, non ha che la propria coscienza da esercitare (la coscienza è un'attività immateriale, infatti), quindi non può non essere cosciente. Ergo, palare di un'anima disincarnata dormiente significa parlare di un'anima che non ha alcuna attività e che, pertanto, non è un'anima (significa parlare di un'anima inesistente, se non eventualmente come “informazione” nella “testa” di Dio, ma a tal punto verrebbe meno la continuità sostanziale tra i defunti ed i risorti, come più volte si è fatto notare in questo Forum criticando la posizione di TdG a riguardo).


Mi parli inoltre dello stato di atemporalità dell'anima e di come questo stato si possa conciliare col fatto che essa è stata creata ed ha quindi avuto un inizio temporale?



In primo luogo bisogna togliersi dalla testa l'idea newtoniana (e kantiana) di un tempo assoluto (che, come ci ha dimostrato Einstein, ma come già sapevano i filosofi classici, non esiste). Il tempo è la misura del mutamento secondo il prima e il poi, diceva Aristotele. Il tempo è una forma partecipata dell'eternità di Dio, limitata appunto dall'essere mutevole degli enti materiali. Ora, oltre al tempo c'è un'altra forma di partecipazione all'eternità, più perfetta del tempo, che nella tradizione tomista è detta evo. L'evo è la forma di partecipazione all'eternità divina di quegli enti che sono sostanzialmente immutabili, ma a cui il mutamento può essere annesso. Un'anima disincarnata non è eterna (se non in quanto gode della visione beatifica di Dio e “partecipa” quindi in modo sovrannaturale dell'eternità di quest'ultima), né è soggetta al tempo (perché, nella sua semplicità, non è propriamente soggetta al mutamento). Per noi uomini, essendo l'unica forma di partecipazione all'eternità che conosciamo il tempo, rimane impossibile poter farci un'idea chiara di che cosa significhi sussistere nell'evo, possiamo però “immaginarlo” come una forma analoga di tempo caratterizzata da una sostanziale discontinuità, lì dove, invece la cifra distintiva del tempo è la continuità (e quella dell'eternità è la simultaneità). Nell'anima umana (presa come a sé stante) la differenza tra passato e futuro non è nell'essere, ma solo rispetto alle mutazioni annesse. L'uomo, invece, in quanto ente materiale è un ente temporale. All'anima umana è quindi annesso il mutamento derivante dall'essere incarnata e, quando è disincarnata, dal suo essere comunque legata alla dimensione materiale (anche un'anima disincarnata è, incatti, la forma sostanziale di un determinato corpo, al quale, un giorno, si ricongiungerà con la risurrezione).

Ely ha scritto:


Quando il corpo è vivo, l'anima funge come un'accumulatore di memoria in quanto a scelte fatte, attività compiute, qualità negative e qualità positive sviluppate in base al carattere che ci formiamo in vita e le relazioni col prossimo...



Quando l'uomo è vivo l'anima è ciò che lo fa vivere, ergo l'anima sussiste anche quando l'uomo è uno stato di incoscienza. L'anima disincarnata, invece, non può esercitare alcuna attività fisica, ma solo l'attività spirituale, ergo, per continuare a sussistere deve continuare ad essere cosciente.


Quando non si è in condizione d'intendere e volere, quindi in caso di malformazione celebrale, coma, alzaimer ecc.. l'anima non accumula attività coscienti di cui Dio possa tener conto una volta morti quindi una volta che l'anima diventerà l'unico elemento cosciente, in mancanza del corpo.



L'anima, in quanto forma dell'ente uomo è vincolata alla materia che informa, vale a dire al corpo in cui è “incarnata”. Ecco perché un danno al cervello può impedirci di essere pienamente coscienti e, pertanto, di compiere scelte pienamente libere. L'anima, in quanto sede della coscienza e del nostro libero arbitrio è ciò che ci rende “immagine” di Dio. Ovviamente nessuno può essere ritenuto responsabile di qualcosa che abbia fatto senza piena avvertenza, vale a dire in modo incosciente, senza che l'anima razionale abbia esercitato quella che è la sua facoltà essenziale (non a caso in ambito cattolico si parla di salvezza dell'anima).


Allora, quando si è in vita, l'anima accumula le attività compiute dal nostro corpo in base alle scelte del nostro cervello in grado d'intendere e volere, per questo non ci accorgiamo di averla, il protagonista è il corpo col suo cervello.



Beh... a dire il vero ognuno di noi può rendersi conto di avere un'anima immateriale semplicemente riflettendo sulla natura della propria attività cosciente, la quale, per quanto, per così dire, tragga il proprio materiale dai sensi e funzioni solo attraverso il cervello è in sé un qualcosa di assolutamente immateriale. Le idee prodotte dalla nostra coscienza, per esempio, sono assolutamente immateriali. Infatti, spirituale e immateriale è ciò che non ha materia né quel che consegue alla materia, cioè l'estensione; mentre tutto ciò che è materiale,è per sua natura esteso; ha una determinata altezza, larghezza, spessore, forma e figura.
Orbene, gli angeli per es., quali sono nel nostro pensiero (esistano o meno), non hanno né altezza, né lunghezza, né spessore; parimenti la virtù, la giustizia, la bontà non hanno né forma né figura; le stesse cose materiali nel nostro pensiero vengono smaterializzate, cioè spogliate delle condizioni proprie della materia; l'uomo, quale è nella nostra idea universale, non è né alto né basso, né magro né grasso, né bianco né negro, mentre tutto ciò che è materiale deve avere una determinata forma, grandezza, colore, ecc.
Dunque, le nostre idee di cose spirituali e astratte nonché le nostre idee universali sono spirituali e per conseguenza spirituale deve essere l'anima che ha tali idee. Lo stesso, a maggior ragione, vale per i giudizi e per i ragionamenti, che evidentemente non sono materiali, non hanno estensione o forma, spessore o colore, ma sono immateriali, cioè spirituali, e ci attestano la spiritualità della nostra anima, capace di pensare, giudicare e ragionare.

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)