00 23/07/2009 22:24
Per Virtesto


“Mi citi i giuristi romani Ulpiano e Paolo , ma questi sono del 3° secolo d.C. A quell’epoca sappiamo che gli imperatori concedevano facilmente la cittadinanza”



MA cosa c’entra la data di nascita di Ulpiano e Paolo? Quelle sono raccolte di diritto… Riportano leggi di qualunque secolo. La Lex Iulia de vi, citata da Paolo e Ulpiano, è del 17 a.C.
Come già detto l’appello all’imperatore è l’evoluzione della repubblicana provocatio ad populum.

E poi la legge che ho citato non c’entra un emerito nulla col concedere la cittadinanza, bensì col diritto del cittadino di appellarsi all’imperatore.


“Poi mi indichi la seconda lettera a Timoteo che, finemente, non dici che è di Paolo, ma che appartiene alla “Tradizione paolina”.”



Quando hai scritto “Paolo nelle sue presunte lettere non tratta della prigionia”, ho letto quel “presunte” come riferimento alle lettere deutero-paoline.


“Per cui possiamo affermare, senza tema di essere smentito, che Paolo nelle sue sette lettere non parla del suo viaggio a Roma per essere processato”



Visto che sono precedenti a questo viaggio, non vedo perché dovrebbe parlarne.


“né della sua cittadinanza romana.”



Paolo in queste lettere non dice nulla della sua nascita, neppure che è di Tarso. Quindi perché dovremmo aspettarci di trovar scritta la sua cittadinanza?


“Le leggi dell’Impero condannavano a morte tutti i cittadini romani che non partecipavano ai riti religiosi romani.”



No, tu ti stai confondendo con una legge di età imperiale che obbligava a fare sacrifici al genio dell’imperatore, che è quella che causerà danni ai cristiani, ma non è stata in vigore ininterrottamente bensì sotto alcuni imperatori che ne pretesero il rispetto (e infatti quegli imperatori hanno coinciso con le persecuzioni cristiane). Inoltre, Paolo non era un residente, si spostava continuamente, e dunque a differenza di un abitante inurbato nessuno poteva sapere se avesse svolto sacrifici qui o là.


“Ma Paolo quando è stato rabbino? E come si concilia il fatto che era a capo delle guardie del Tempio, che perseguitavano i discepoli di Gesù, e nel medesimo tempo rabbino?”



I rabbini non esistevano… Stai facendo una confusione anacronistica… L’istituto del “rabbinato” come professione è successivo al giudaismo del secondo tempio. Qui, quando senti qualcuno definito “rav”, quando senti qualcuno rivolgersi a Gesù come “rabbì”, non gli sta dando del “rabbino”, ma del “maestro”.


“E come conciliare il fatto che Gamaliele predicava la tolleranza e si teneva “ai suoi piedi un fanatico? Non dimentichiamo che Paolo è l’unico santo che ha fatto uccidere un altro santo, Stefano.”



Non vedo proprio in base a che cosa un allievo debba crescere con le stesse idee del maestro. La storia della letteratura e della filosofia è piena di maestri e allievi con idee radicalmente diverse, che arrivavano all’odio. Si dice che Aristotele, lasciando l’Accademia del maestro Platone, abbia esclamato “mi è amico Platone, ma ancor più amica la verità!”.


“Ora un editto imperiale della fine degli anni 50, toglieva ai cittadini romani di origine ebraica il diritto di andare in giudizio dall’imperatore.”



E quest’editto sarebbe? Mi dai le coordinate nel Digesto?


“Nella sua lettera ai Romani, cap.16, i saluti: “..Salutate quelli della casa di Aristobulo (Aristobulo 3° , un pricipe Erodiano che in effetti si trova a Roma) ,salutate il mio parente Erodione” Questo Erodione era cugino di Erode II° Agrippa. Se Paolo era parente di un Erodiano, vuol dire che era un Nabateo (Arabo), non ebreo.”



Allora, non facciamo caos:
1)Non è scritto da nessuna parte che queste persone siano quelle che tu sostieni, può trattarsi di un banale caso di omonimia
2)L’espressione “quelli che sono della casa di” è un’espressione formulare per dire “i servi”. Sta cioè salutando non Aristobulo ma gli schiavi cristiani di Aristobulo. E quanto ad Erodione, non occorre pensare al sangue blu. I liberti, cioè gli schiavi premiati con la libertà da un padrone, assumevano per gratitudine e consuetudine un nome legato alla famiglia che li aveva liberati, e che continuavano a servire come uomini liberi. Erodione può essere dunque un liberto di Aristobulo.
2)Se anche stesse davvero salutando dei principi degli Erodi e non i loro servi, non proverebbe comunque nulla. In primis perché Erode il Grande e Fasaele avevano per padre un idumeneo, è la madre di Erode, Cipro, ad essere nabatea. Quanto al ramo paterno: “ Gli Idumenei eraano stati convertiti con la formza all’ebraismo da Giovanni ircano (134-104 a.C), e perciò la famiglia di Erode era ebraica, perlomeno tecnicamente” (Lemma “Erodi” in “Il Dizionario della Bibbia”, a cura di Paul J. Achtemeier e della Society of Biblical Literature, Bologna, Zanichelli, 2003, p. 290). In secondo luogo, a prescinde dall’origine etica idumena di Antipatro padre di Erode, gli Erodi si sono imparentati con chiunque con matrimoni, anche cogli asmonei (con Mariamne I ad esempio), dunque non si possono escludere che degli Ebrei chiamino propri parenti dei membri degli Erodi, per via dei matrimoni di questi ultimi. Comunque, come ripeto, è del tutto inutile fasciarsi la testa: nulla indica che questi “parenti” di Paolo a Roma siano della famiglia degli Erodi e non sia un banale caso di omonimia. “Parente” poi è un termine che è usato per indicare non solo la famiglia ma anche la stirpe o la nazione, può voler cioè dire “della tribù di Beniamino”.


“Un Dio,che per riscattare l’umanità dal peccato, si fa uomo e come tale si sottopone ad una passione di sofferenza, dopo aver predicato, istruito e scelto dodici Apostoli con un preciso mandato, una volta salito in cielo si accorge di aver dimenticato qualcosa d’importante, allora scaraventa una folgore, come Giove, su un certo Saulo, accecandolo e, con la ‘voce’ nomina un altro apostolo con l’incarico di aggiornare la dottrina dei suoi altri colleghi che lui stesso aveva appena istruiti.”



Veramente, che sia un aggiornamento è tutto da dimostrare. Che esista una priorità nella predicazione verso Israele, dovuta al fatto che questo popolo era quello depositario delle promesse messianiche, è indubbio, che questo abbia escludo a priori la predicazione ai gentili è invece tutto da dimostrare. Questo non è un aggiornamento, è una rivendicazione universalistica che non toglie il primato degli Ebrei, Paolo stesso lo scrive in Romani cap. 11 che è un intero capitolo dedicato alla permanenza di Israele come popolo eletto. Anni dopo Giovanni riferendo l’episodio della samaritana al pozzo rivendica sia l’universalismo sia il fatto che questo è stato reso possibile grazie all’ebraismo “Credimi, donna, che viene un' ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete; noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.” (Gv 4,21-22). Il kerygma della Chiesa post-pasquale è un “Andate e fate discepole tutte le genti” (Mt 28, 19). Gesù stesso nel brano che nomini sulle “pecore perdute della casa di Israele” non nega il miracolo alla donna, sebbene non fosse Ebrea, bensì mette alla prova la sua insistenza e poi la esaudisce.


“Questo comandamento nazionalista, conforme alla missione di Gesù, andava cambiato ma bisognava dimostrare che fu la stessa divinità a rivelarsi attraverso un altro Apostolo, Paolo, strumento della sua Rivelazione e depositario della nuova ‘verità.
‘Il vangelo da me annunziato non è opera d’uomo, perché io stesso non l’ho ricevuto e imparato da un uomo, MA L’HO RICEVUTO PER RIVELAZIONE DI CRISTO’ Galati 1.11.”



Paolo ritiene di essere stato chiamato da Cristo in persona, e non si vede come la cosa dovrebbe dimostrare qualcuna delle tue tesi. Infatti il suo Vangelo non era eretico rispetto a quello predicato dal gruppo apostolico, Paolo stesso ci tiene a precisare che andò a farsi confermare la giustezza della sua dottrina dagli apostoli: “dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; 1degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. (…) Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano.” (Gal 1, 18-19; 2,1-2)

In caso di contrasti, è una riunione collegiale come quella che si tenne a Gerusalemme ad appianare le controversie interpretative e a far parlare la Chiesa con una sola voce.


“solito Eusebio da Cesarea, nel IV secolo , denuncia la pubblicazione di un altro “ Atti degli Apostoli”, che taccia come eretico (HEc I 9,3-4) ; ma di tale documento non ci è pervenuto niente, fu eliminato per cancellare i contrasti con quello fattoci pervenire.”



Di scritti attribuiti agli apostoli ed eretici è stata piena la tarda antichità, ma il fatto che non ci sia pervenuto non prova minimamente che sia stato eliminato di proposito, ma solo che nessuno aveva interesse a ricopiarlo e a tramandarlo: s’è estinto quando si sono estinti i suoi seguaci. Non c’è pervenuta gran parte della letteratura greca, ¾ dei titoli di cui abbiamo notizia, e non perché qualcuno abbia deciso che doveva essere così, ma perché si conserva solo quello che la gente aveva interesse a ricopiare.


“Luca, storico accurato ( Come scrive Polymetis): secondo Atti 4/6 e Luca 3/2 Anna sarebbe stato il sommo sacerdote ai tempi di Gesù; durante tutto il ministero di Gesù fu Caifa il sommo sacerdote.”



Scusa ma l’hai letto? In Lc 3,2 non dice che il Sommo Sacerdote fosse Anna, bensì lo affianca a Caifa: “sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa”. Quest’accoppiata è canonica. Il Sommo Sacerdote in carica è uno, ma le famiglie dei sommi sacerdoti sono una casta ristretta. Per capire di cosa sto parlando possiamo pensare al fatto che c’è un solo presidente della Repubblica in carica, eppure tutti gli ex presidenti della Repubblica continuano ad essere chiamati “presidenti” e sono senatori a vita: lo stesso vale per il sacerdozio. Il Sommo Sacerdote era uno solo, ed Anna aveva finito il suo mandato nel 15, ma continuava ad avere una grande influenza, tant’è che i sue sono continuamente accoppiati. Era suocero di Caifa, e ne era l’ombra. Gli evangelisti sono del tutto consci del fatto che il Sommo Sacerdote era uno solo, e tuttavia ci descrivono l’opera di Anna come parallela a quella di Caifa. Ad esempio Giovanni nel processo a Gesù dice: “e lo condussero prima da Anna; egli era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno”(Gv 18,13). Niente di strano come si vede: l’autore sa benissimo chi è il Sommo Sacerdote, eppure ci dice che prima ci fu un colloquio davanti all’eminenza grigia, Anna.


“In Atti 21/38 Luca , facendo parlare il tribuno romano, connette Paolo con un ‘ Egiziano con 4000 sicari’; Luca racconta una balla; il tribuno non può aver detto una cosa simile; leggete Ant. Giud. 20/8 par.5-6-10.”



Non capisco perché dai così le coordinate, se le dai così sembri suggerire di leggere i soli paragrafi 5,6 e 10, mentre il brano sull’egiziano nelle Antichità Giudaiche è al par. 7. Se volevi dire di leggere i paragrafi da 5 a 10, dovevi scrivere solo “5-10”. Comunque, questo è il brano: “In quel tempo venne dall'Egitto a Gerusalemme un uomo che diceva di essere un profeta e suggeriva alle folle del popolino di seguirlo sulla collina chiamata Monte degli Ulivi, che è dirimpetto alla città, dalla quale dista cinque stadi. Costui asseriva che da là voleva dimostrare come a un suo comando sarebbero cadute le mura di Gerusalemme e attraverso di esse avrebbe aperto per loro un ingresso alla città. Udita tale cosa, Felice ordinò ai suoi soldati di prendere le armi; e con una notevole forza di cavalleria e di fanti, uscirono da Gerusalemme e si lanciarono sull'egiziano e sui suoi seguaci uccidendone quattrocento e catturando duecento prigionieri. L'Egiziano fuggì dalla battaglia e si dileguò” (Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, XX, VIII, 6, tr. di L. Moraldi) Non ho idea del perché questo passo dovrebbe contrastare con quello di Luca, ma, se anche vi fosse qualche contraddizione, non si vede perché tu dia più credibilità a Luca che a Giuseppe Flavio, visto che sono fonti coeve.


“In Atti 5/36-37 mette in bocca a Gamaliele un grosso anacronismo (Ma lo fa di proposito). Mette la rivolta di Giuda il Galileo del 6 d.C., a causa del censimento DOPO quella di Teuda del 44-46”



Qui c’è davvero una discrepanza di fonti, e questo ovviamente non implica alcuna falsificazione, solo fonti diverse, capita assai sovente nello studio della storia antica, anche secolare, di avere questi problemi. Bisogna solo scegliere se attribuire l’anacronismo a Flavio, come fa ad esempio la TOB, o a Luca.

Ad maiora


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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)