00 10/06/2009 01:43
Re:
Trianello, 10/06/2009 1.40:

Marcuccio ha scritto:


Anch'io... ma cosa nello specifico della teologia della liberazione applicata nel concreto in questa vicenda singolare può dirsi vera e santa senza "omettere quelle"?



La questione è che la chiesa è la casa di Dio e che bisogna tener conto della sensibilità di tutti e cercare di venire incontro alle esigenze di tutti. La chiesa è principalmente luogo di preghiera, per dedicarsi all'assistenza dei poveri e dei diseredati si possono utilizzare altre strutture, lì dove ci sono, e, dove non ci sono, fare in modo che la carità materiale per gli uni non vada a detrimento della carità spirituale per gli altri. Fare in modo di non trasformare la chiesa in una mensa o dormitorio stabile, perché i fedeli abbiano un luogo dedicato al loro incontro con Dio. Et/et.
Va bene, trasformiamo la chiesa in dormitorio per gli immigrati mussulmani, ma se questo va a detrimento della vita spirituale dei parrocchiani cattolici? Se così facendo allontano i parrocchiani dalla chiesa e dalle sue attività? Avremo certo aiutato tante persone da un punto di vista materiale, ma quante non ne avremo aiutate da un punto di vista spirituale? Mi si dirà: ma chi cambia parrocchia perché il suo parroco usa la chiesa per aiutare materialmente gli ultimi non ha capito nulla del messaggio di Cristo. E chi può dirlo? Magari si tratta semplicemente di gente che non ha la stessa sensibilità del parroco e che, così facendo, il parroco non aiuta certamente a crescere nella sequela di Cristo. Magari rispettando maggiormente la sensibilità di costoro si potrà coinvolgerli nella missione di assitenza agli ultimi, ottenendo migliori risultati sia riguardo alla carità materiale per questi che a quella spirituale per i primi.
Onestamente non ho mai approvato gli eccessi della teologia della liberazione (così come non li ha approvati il Magistero cattolico che, non a caso, ha pubblicato un Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa in parte anche per prendere le distanze dalla medesima). La dimensione orizzontale della carità (quella verso i fratelli) ha senso, valore e forza solo in ragione della dimensione verticale della medesima (quella verso Dio). Ecco, venti secoli di vita ecclesiale e la sociologia delle religioni ci insegnano che il rapporto con il Sacro necessita di luoghi appropriati e che la “profanazione” dei medesimi (anche qualora avvenga in nome dei più nobili e “sacri” ideali) non è mai un bene







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