00 21/04/2009 18:41
Mi piace (anche per il linguaggio un po'... arcaico) la spiegazione che viene data nel sito www.laparola.net :

«L'ultimo inciso di questo vers. ha sollevato non poche difficoltà relativamente alla spiegazione di questo miracolo. Fu domandato come mai Cristo potesse aspettarsi dei frutti da quell'albero, mentre per la sua infinita sapienza, come Dio, dovea sapere che frutti non c'erano? Una tale obiezione può nascere soltanto dal negare o dal dimenticare il fatto che, nella persona di Cristo, eranvi due nature distinte, ciascuna delle quali possedeva le sue distinte proprietà. L'onniscienza apparteneva alla sua natura divina, ed ogni qualvolta l'occasione, lo richiedesse, si comunicava alla sua mente umana, ma non era una proprietà di questa, e probabilmente non le era comunicata nelle cose relative alle sue infermità umane. Ripugna ad ogni nostro concetto di Colui, "nella cui bocca non fu trovata frode alcuna" 1Pietro 2:22, il supporre ch'egli fingesse ignoranza su questo particolare per ingannare i suoi discepoli; né è disonore alla sua Divinità il concludere che come uomo egli realmente ignorava se ci fossero e non ci fossero frutti su quell'albero.
Ma perché, si chiederà, Gesù cercò egli su quel fico frutti da mangiare, mentre sapeva che "non era la stagion de' fichi"? Per toglier di mezzo questa difficoltà, taluni vorrebbero arbitrariamente sopprimere addirittura l'ultimo inciso, sebbene stian per esso autorità incontrovertibili; ed altri vorrebbero trasportarlo immediatamente dopo le parole; "se vi troverebbe cosa alcuna". Ma non c'è ragione alcuna che autorizzi siffatta trasposizione, e qualunque difficoltà s'incontri in tale inciso, conviene scioglierla, lasciandolo come sta. La stagione del primo raccolto dei fichi in Giudea incomincia tra la metà e la fine di Maggio. La Pasqua, che segna la data della crocifissione di Gesù, cadeva verso, il principio d'Aprile, cioè sei settimane prima del principio del raccolto dei fichi. Perché dunque Gesù poteva egli aspettarsi di trovar dei fichi su quell'albero? Per rispondere a questa domanda convien ricorrere alla storia naturale del fico. Nel Talmud è fatta menzione d'una specie particolare che avea sui rami i frutti di 8 stagioni al tempo stesso, ma siccome i moderni arboristi non riuscirono finora a scoprirla, ci contenteremo di prender nota di un tal fatto. Il fico comune (Ficus carica) mette i frutti prima delle foglie, e non è per niente straordinario in un albero posto a mezzogiorno, in aprica situazione, riparata dai venti, il metter foglie e frutta prima di tutti gli altri. "C'è una specie d'albero", dice Thomson, "che porta grossi fichi di color verde la cui maturazione è assai precoce. Ne ho colti in Maggio da alberi sul Libano (150 miglia al N. di Gerusalemme), dove i frutti maturano circa un mese più tardi che al sud della Palestina; non sembra dunque impossibile che la stessa specie potesse avere fichi maturi a Pasqua, nei ben riparati aprichi burroni dell'Oliveto." Mentre adunque i fichi in generale a Pasqua cominciavano soltanto a metter le foglie, quest'uno spiegava già la pompa del fogliame, e i suoi frutti avrebbero quindi dovuto già aver raggiunto uno sviluppo proporzionato, sicché nostro, Signore aveva tutti i diritti di aspettarsi trovarvi alcuni "fichi primaticci" Geremia 24:2, se non perfettamente maturi almeno mangiabili. È importante tuttavia l'osservare che non fu semplicemente l'assenza di frutti maturi che fu causa della distruzione di quell'albero, né un sentimento vendicativo di dispetto da parte del Signore, come alcuni empiamente affermarono, ma sì la totale assenza d'ogni frutto qualsiasi, ancorché le foglie fossero cresciute rigogliosamente, e quindi i rami avrebber dovuto esser carichi di frutti più o meno avanzati in maturanza. Era un ipocrita tra gli alberi, che pasceva gli uomini di fallaci promesse con quel suo fogliame così bello a vedersi; era "un ingombro inutile del terreno" atto soltanto a deludere con la sua sterilità, non adempiendo al fine per cui Dio avealo creato Genesi 2:11. Giusta fu dunque la sentenza pronunziata contro di esso».

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Achille