00 30/03/2009 13:43
Carissima Mancagraziella

L’ipotesi che il Logos giovanneo e l’Angelo di Jahvé fossero la stessa persona riscosse un certo successo nel II secolo soprattutto come strumento di dialogo con la cultura greca ed ebraica, ma venne in seguito abbandonata, vista la fragilità delle argomentazioni addotte e considerate le gravi problematiche emerse. Oggi è ripresa e sostenuta da alcune chiese protestanti in netta polemica con le letture unitarie, antitrinitarie e razionaliste. Di fatto, alcuni Padri della Chiesa furono convinti che nessuno avesse visto Dio Padre ma che l’Angelo di Jahvé, manifestatosi ai patriarchi ed ai profeti, altro non fosse che il Figlio di Dio, cioè la Parola di Dio. A tal proposito vedansi, ad esempio:



Giustino, Dialogo con Trifone; LVI-LX;
Ireneo, Contro le Eresie, IV, 20, 7;
Tertulliano, Contro Prassea, XV-XVI;
Teofilo, Ad Autolico, II, 22;
Novaziano, La Trinità, XVIII-XX;
Ilario, La Trinità, IV, 23-25.


Di diverso avviso fu, comunque, Agostino che non escluse la manifestazione visibile del Padre sotto una forma o un’immagine corporea (Agostino, La Trinità, II, 32-35). Secondo Agostino, impossibile all’uomo sarebbe pertanto solo la visione di Dio (Padre, Figlio o Spirito Santo) in forma di puro spirito.

Agostino, Ambrogio e Girolamo furono profondamente convinti del fatto che non si potesse identificare l'Angelo del Signore con un angelo particolare della letteratura ebraica: angeli differenti ed addirittura uomini (Malachia 2,7) sarebbero stati inviati da Dio in tempi differenti ed in occasioni diverse, come suoi messaggeri e rappresentanti, in grado di parlare a suo nome (in ebraico la parola "malak" vuol infatti dire angelo, messaggero, rappresentante e portavoce).

Il confronto di alcuni passi tratti dal Nuovo e dall'Antico Testamento ha tuttavia permesso ad alcuni commentatori (antichi e moderni) di avanzare l'ipotesi che l'Angelo di Jahvé ("Malak Yhwh") di cui parlano le scritture ebraiche ed aramaiche, in alcuni casi, altro non fosse che l'Arcangelo Michele, protettore d'Israele (Daniele 10,13, Daniele 10,21; Daniele 12,1 e Esodo 23,20), Arcistratega dell'esercito di Jahvé (Giosuè 5,14), messaggero di Dio e grande oppositore di Satana il Diavolo (Zaccaria 3,1-2; Giuda 9 e Apocalisse 12,7-12).


Alcuni esegeti tendano ad identificare il Logos con l’Arcangelo Michele, utilizzando soprattutto l’opera del Pastore d’Erma. Il famoso Padre Apostolico parla però distintamente di Michele, angelo grande e glorioso (Il Pastore d’Erma, LXIX, 3), e del Figlio di Dio, uomo glorioso in compagnia di sei angeli gloriosi (Il Pastore d’Erma, LXXXIX, 8). Di fatto, il termine “glorioso” è usato moltissime volte dal Pastore d’Erma e non è in grado di qualificare in modo univoco né Michele, né gli altri Angeli, nè tantomeno Gesù Cristo (all'interno dell'opera troviamo, ad esempio, intento glorioso, nome glorioso, servizio glorioso, forza gloriosa, digiuno glorioso, angelo glorioso, angeli gloriosi, uomo glorioso, precetti gloriosi, misericordia gloriosa, fedeli gloriosi, vergini gloriose, cosa gloriosa, credenti gloriosi, ….). Per un'analisi degli influssi dell'angeologia tardo giudaica sul pensiero cristiano si veda, comunque, J. Danielou, La teologia del giudeo-cristianesimo, Bologna, 1974, pp. 215-252.





[Modificato da domingo7 30/03/2009 13:46]