00 24/01/2009 02:30
Re:


Trianello, 17/01/2009 0.07:

Se non ricordo male, c'è un'interessante riflessione su questo passo nel Dizionario di Paolo e delle sue lettere edito dalla San Paolo. Ora però non ho l'opera a portata di mano.



Lo trovi qui:
freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=4595796

Aggiungo per chi fosse interessato questi commenti abbastanza interessanti e obiettivi su questo brano:

" Rom 9,5 unisce queste frasi: “ Dalla loro razza ( cioè dagli israeliti) proviene Cristo secondo la carne, colui che è sopra ogni cosa sia benedetto per sempre. Amen “. A chi si riferiscono le parole in corsivo? E’ stato detto che questo versetto è stato sottoposto ad una discussione maggiore di qualunque altro versetto nel NT. Il problema può essere formulato in termini di varie punteggiature possibili, tra le quali due sono dominanti.

(a) Un punto fermo ( fine della frase) può essere messo dopo “ carne”, come nel codice Efrem rescritto, così che le parole seguenti costituiscano una frase separata, una benedizione di Dio che è sopra tutte le cose per sempre un riferimento a Dio Padre. Perché Paolo avrebbe dovuto interrompere a questo punto la concatenazione del suo pensiero e introdurre una dossologia al Padre non è chiaro, poiché 9,1-5 riguarda Cristo e ci si aspetterebbe la lode di Cristo, non del Padre. Tuttavia, se si considera l’intero contesto di Rom 9,1-5, Paolo potrebbe lodare per i privilegi di Israele che vengono elencati, specialmente per il dono del Messia (Cristo). L’ordine delle parole in greco presenta una considerevole difficoltà per l’interpretazione. In dossologie indipendenti, “ benedetto” normalmente viene prima, in frasi formulate in greco, ( 2 Cor 1,3; Efes. 1,3); qui è la sesta parola della frase. La presenza del participio, tradotto “ coòui che è”, è pure difficilmente risolvibile per quest’interpretazione, in quanto superfluo. Una tale costruzione è normale solo quando c’è un antecedente nella frase precedente ( 2 Cor 11,31; Rm 1,25)


(b) Un punto fermo può essere messo alla fine, dopo “ per sempre” e una virgola dopo “ carne”. Tutte le parole dopo “ carne” quindi costituiscono una proposizione relativa, riferita a Cristo, così: “ …… il Cristo secondo la carne, il quale è sopra ogni cosa Dio benedetto per sempre”. Quest’interpretazione significherebbe che Paolo chiama Gesù “Dio”. Da un punto di vista grammaticale questa è la migliore lettura. Anche la sequenza contestuale è eccellente; infatti, dopo aver parlato della discesa di Gesù secondo la carne, Paolo ora enfatizza la sua posizione come Dio. L’obiezione più forte a quest’interpretazione è che mai altrove Paolo parla di Gesù come Dio. Studiosi famosi sono allineati su entrambi i fronti della questione. Personalmente sono incline, per la prova grammaticale, a favorire l’interpretazione (b), secondo la quale il titolo Dio è dato a Gesù. Non si può però rivendicarne più la plausibilità."

( Raymond. E. Brown Introduzione alla Cristologia del Nuovo Testamento).









" A seconda dell’interpunzione, esistono due modi di tradurre. O dopo sarka non mettiamo segno di d’interpunzione ( tutt’al più una virgola) o vi mettiamo un punto. Senza il punto, risulta la traduzione seguente: “ da essi è uscito Cristo secondo la carne, che è sopra tutto Dio lodato in eterno, amen”.
Se invece dopo sarka mettiamo un punto, la proposizione successiva, che contiene la parola Theos, è indipendente grammaticalmente da Christos. In questo caso ci troviamo di fronte a una di quelle dossologie che Paolo introduce anche in punti culminanti delle sue considerazioni, e che si rivolgerebbe a Dio Padre, non a Cristo.
Dopo l’enumerazione di tutte le grazie donata a Israele, la maggiore fra le quali è la nascita di Cristo secondo la carne, a Dio ( il Padre) viene data lode per tutto questo: “ Dio, che è sopra tutto,sia lodato in eterno. Amen”.
Senza dare in alcun modo la preferenza all’una o all’altra di questa due possibilità a priori in base a considerazioni teologiche, dobbiamo però dire che la seconda non è esclusa, ma non può essere considerata come quella ovvia per motivi filologici e oggettivi del contesto. Anzitutto le dossologie autonome presentano una struttura diversa: cominciano col predicato eulogetos ( cfr 2 Cor.1,3; Ef.1,3), mentre qui precede il soggetto, come sempre lì, dove non si tratta di una dossologia propriamente detta e autonoma, ma di un’apposizione dossologica, che si collega con una parola relativa espressa immediatamente prima; così, per esempio, Rom. 1,25 2 Cor.11,31, ove Dio viene lodato in questa maniera. Ma a parte ciò, la struttura della proposizione precedente, che si riferisce a Cristo kata sarka, richiede formalmente e oggettivamente ( in maniera analoga alla formula di Rom.1,3) una continuazione che vada oltre il kata sarka. Anche le parole epi panton si comprendono meglio nel contesto, se vengono riferite a Cristo. In questo caso sono qualcosa di più di una semplice formula retorica, e l’enumerazione dei segni dell’elezione di Israele culmina allora nell’affermazione che da Israele proviene secondo la carne colui che è assolutamente “ sopra tutto”. Quindi la designazione di Gesù Cristo come “ Dio” in Rom.9,5, è, se non sicura, tuttavia perfettamente probabile.

( Oscar Cullmann; Cristologia del Nuovo Testamento pag 461,462)

A presto
Adelfos