La preghiera definita tradizionalmente con Evagrio Pontico (346-399): « il dialogo della mente con Dio », o, con san Giovanni Damasceno (circa 675 circa 749): « elevazione della mente a Dio ». La parola « mente » non va qui intesa come un modo puramente intellettuale: la preghiera coinvolge anche la nostra libertà e i nostri sentimenti. Dio è presente in un modo che va ben oltre la presenza di due « partners » umani dialoganti. Pregare vuol dire: invocare, adorare, lodare, ringraziare, esprimere pentimento, chiedere grazie al nostro Creatore e Signore personale. La preghiera può essere espressa ad alta voce o silenziosamente nel cuore, può essere fatta da soli o con altri, all'interno della liturgia ufficiale o fuori di essa. Gesù ha pregato in pubblico ed in privato (per es., Mc 1,35; 6,46; 14,12-26.32-42), ha insegnato ai suoi discepoli a pregare (Mt 6,9-13; 7,7-11; Lc 11,1-4), con loro ha ereditato la preghiera tradizionale dell'AT rappresentata classicamente dai Salmi. La ricchissima raccolta di preghiere del NT è condensata nei primi capitoli del Vangelo di Luca (Lc 1,46-55.68-79; 2,14.29-32). I cristiani sanno che lo Spirito Santo rende possibile la loro vita di preghiera (Rm 8,15.26-27; Gal 4,6).
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)