Riporto uno stralcio preso da
Ariel Alvarez Valdes
“Cosa sappiamo della Bibbia?”, vol. 2, pp.28-29
L'autore biblico aveva bisogno di riempire l'immenso spazio che intercorre fra Adamo, il primo uomo, e Abramo, il primo personaggio della Genesi di cui aveva notizie storiche. I popoli vicini a Israele riempivano questo spazio con notizie di personaggi mitologici e antenati divini: dei, semidei ed eroi. E qui si comprende la grande novità della Bibbia: per tagliare la strada all'immaginazione e per evitare la tentazione di cadere nell'idolatria di divinità antecedenti, l'agiografo sceglie come antenati d'Israele personaggi in carne ed ossa.
Nella tradizione aleggiavano nomi e tavole genealogiche e, sebbene l'autore sacro fosse cosciente che tra le origini dell'umanità e Abramo era trascorso un tempo enorme, scelse per riempirlo soltanto dieci nomi, numero rotondo, molto usato anticamente per ragioni mnemoniche: più semplici da ricordare servendosi delle dita delle mani. E "per caso" fra Adamo e Noè (patriarchi pre-diluviani), come fra Noè e Abramo (patriarchi post-diluviani) intercorrono esattamente dieci antenati.
I dati riuniti nel racconto biblico non pretendono, dunque, di avere un significato strettamente storico, e nemmeno cronologico. I venti nomi sono residui di vecchie tradizioni. Vogliono però insegnare una verità religiosa molto importante: che la promessa di un redentore, fatta in Genesi 3,15 solamente ad Adamo, giunge fino ad Abramo attraverso un'ininterrotta catena di eredi. C'è dunque unità e continuità nella storia della salvezza.
Soltanto per il loro grande valore religioso queste vetuste genealogie, ispirate da Dio, fecero parte della Bibbia.
Ciao
Bruno
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