00 02/12/2006 17:05
L'Hypostasis non è una parola inventata dai trinitari!
Ebrei 1:1-6:



"3 Egli, che è irradiazione della sua gloria e impronta (o sigillo)della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza".

"Impronta della sua essenza" traduce il greco "charaktêr tês hypostaseôs" ossia "l'impronta di ciò che sta sotto"
(da hypo, «sotto», e stasis, stessa radice di «stare», ovvero il “sostegno”, ”appoggio”, “base”, "fondamento") la natura sub-stanziale di Dio insomma, l'essenza reale di Dio, in poche parole Gesù è parte della sostanza intima della deità, ne è la rappresentazione reale; per capire certi termini bisogna studiare in che contesto si usano. Questa è l'unica volta in cui si usa "hypostasis" nel Nuovo Testamento, e per comprendere cosa avesse avuto in mente l'autore, bisogna esaminare il contesto in cui questa parola veniva usata, studiare quindi come veniva compresa in quel periodo.

Ci troviamo in ambiente medioplatonico (per chi ha ribrezzo della filosofia greca, gli ricordo che era in quell'ambiente che questa parola veniva usata, ed insieme ad essa anche il termine Logos, quindi prendetevela pure con l'autore di Ebrei che la prese in prestito proprio da questa filosofia). Hypostasis è "la generazione gerarchica delle diverse dimensioni della realtà appartenenti alla stessa sostanza divina, la quale crea ogni cosa per emanazione" (Dizionario filosofico in rete :
[url]http://www.riflessioni.it/dizionario_filosofico/ipostasi.htm).

L'hypostasis è "quel che sta sotto" rispetto a ciò che semplicemente appare, è il "fondamento" nascosto di una realtà evidente.
Secondo Plotino le tre ipostasi (l'Uno, l'intelletto e l'Anima) stanno infatti a fondamento di tutto l'universo, egli, infatti, considera l’ipostasi un particolare modo d’essere della sostanza e, precisamente, la sostanza nel momento in cui tramite l’irradiazione (altra parola usata guarda caso in questo versetto nei riguardi del Figlio) dà vita al processo produttivo e dunque, diviene “altro” rispetto al principio da cui deriva...

La seconda ipostasi è quella dell’Intelletto, (inteso platonicamente come l’insieme dei modelli eterni delle idee di Dio) generato non creato — per emanazione. L'emanazione avviene per una sorta di auto-contemplazione dell'Uno: nel contemplarsi, l'Uno si sdoppia in un soggetto contemplante e un oggetto contemplato (tutto il mondo platonico delle idee). Stiamo parlando proprio di quello che sarà chiamato nella tradizione Logos, e che vedrà in questo l’emanazione di Dio il suo intelletto, una delle ipostasi di cui era costituito.

Come potete osservare non è certamente un caso che l'autore di Ebrei usò questo termine particolare, l'uditorio greco non aveva dubbi: Cristo era la personificazione dell'emanazione di Dio, la sua ipostasi, appunto, il suo Logos, il suo intelletto, identica sostanza o natura del Padre, ma da lui distinto, in modo paragonabile, sebbene non identico, a quello che sarà l'Intelletto rispetto all'Uno per il successivo Plotino.
Questo discorso è chiarito ad esempio dalla nota che la Sacra Bibbia in 3 volumi di mons. Garofalo (1964) espone in questo punto:

" 3.Il Figlio è eternamente l’immagine perfetta di Dio, del quale ha tutti gli attributi… Fulgore ha senso attivo, ma il termine greco corrispondente potrebbe intendersi al passivo: riflesso o impronta luminosa… Impronta della sostanza suggerisce l’idea dell’uguaglianza perfetta in forza dell’unità di natura. Impronta è, nell’etimologia del termine greco, la riproduzione fedele di un oggetto in materia atta a riceverne l’impressione. Sostanza (nel gr. hypòstasis, cfr. ancora 3,14; 11, I note) assumeva significati assai diversi nella filosofia, nella scienza, nella medicina o nel linguaggio comune.
Qui significa: ciò che sta al fondo dell’essere, ossia l’essenza. Dell’essenza divina il Figlio riproduce in sé l’immagine (in questo caso equivalente di realtà) perfetta. È la dottrina della consustanzialità. Le due espressioni fulgore della gloria e impronta della sostanza si completano a vicenda. Tutt’e due dicono perfetta uguaglianza tra il Padre e il Figlio. La quasi immaterialità della prima immagine inculca l’idea della pura spiritualità dell’essere divino e dell’eterna coesistenza del Figlio col Padre (il raggio è inseparabile dalla sorgente luminosa); mentre la seconda insinua piuttosto la distinzione delle persone: la figura impressa si distingue dal sigillo, che essa ritrae, tuttavia, perfettamente"

A proposito del fatto che Cristo è "l'immagine dell'invisibile Iddio (col 1:15)" Origene nel "de principiis" IV, 4,1 ebbe a dire:
"Se è immagine del Dio invisibile è immagine invisibile. E io oserei aggiungere che in quanto somiglianza del padre, non c'è stato tempo in cui non esisteva... Quando mai non esistette l'immagine della sostanza ineffabile e inesprimibile del padre?"

Tertulliano in Contro Prassea, XIII, 8-10 disse:

"Perciò io non dirò in nessun caso né “dèi” né “signori” (1 Corinzi 8,5), ma seguirò l’apostolo: se il Padre e il Figlio devono essere invocati insieme, io chiamerò il Padre “Dio” e Gesù Cristo “Signore”. Ma Il Cristo da solo lo potrò chiamare Dio, come fa lo stesso apostolo che dice: “Dai quali (padri) viene il Cristo, che è Dio su tutto, benedetto per sempre”(Romani 9,5).
Anche il raggio di sole quando è solo, lo chiamerò “sole”; ma quando dovrò nominare il sole, cui raggio appartiene, non chiamerò più “sole” il raggio. Perché in questo modo farei anche due soli. Tuttavia il sole ed il raggio li conterò come due oggetti e due forme di una sostanza sola e indivisa, allo stesso modo come Dio e la sua Parola, come il Padre e il Figlio. "
Vediamo il testo in questione nel suo contesto:



Cerchiamo di chiarire meglio il concetto di ipostasi con un esempio:
Il nostro corpo siamo noi e il nostro pensiero siamo noi, la somma del nostro corpo e del nostro pensiero siamo noi, ma allo stesso tempo corpo e pensiero non sono la stessa cosa.

La differenza sostanziale però tra noi e Dio è che noi siamo formati da 'parti' (corpo, mente, anima, ecc...) Dio invece è fondamentalmente semplice, quindi le Ipostasi NON sono parti di Dio, ma sono Dio stesso.
Per questo il termine corretto è 'Ipostasi' (= ciò che sta sotto) e non 'Persona', poiché persona deriva dalla parola "phersu " che significa 'maschera' e, anche se questo magari facilita un po’ la comprensione della Trinità è comunque una visione errata di essa perché può condurre ad una idea modalista di Dio (Dio si manifesta a seconda delle epoche con una “maschera” particolare di padre, o di figlio, o di Spirito Santo).

L’autore di Ebrei che ricordiamo non era Paolo ma una persona vissuta nel II secolo, stava citando il libro di Sapienza contenuto nella LXX, traduzione che come sappiamo, usavano tutti i discepoli di Cristo, faceva quindi parte della loro “bibbia”, il fatto che non entrò nel canone ebraico non vuol dire che non venisse considerata ispirata dai cristiani (per gli ebrei nessuno scritto cristiano era ad esempio ispirato) ed infatti entrò a far parte del canone insieme agli altri libri dal IV secolo in poi.

Il canone muratoriano del 150 DC dice a proposito di questo libro:

“Inoltre la lettera di Giuda e due che portano il nome di Giovanni sono usate nella chiesa universale- e (il libro della) Sapienza scritto dagli amici di Salomone in suo onore.”

Quindi la “chiesa universale” nel 150 DC credeva che il libro si sapienza fosse ispirato.

Il testo del libro della Sapienza è contenuto in quattro grandi manoscritti: B (vaticano, IV secolo), S (sinaitico, IV secolo), A (alessandrino, V secolo) e C (il codice di sant’Efrem, V secolo) e in numerosi manoscritti secondari. E fu scritto nella metà del I secolo AC, quindi è molto utile per esaminare quale era il retroterra culturale degli ebrei di lingua greca del periodo che stiamo prendendo in considerazione.

Fatto questo preambolo necessario, cosa dice questo libro a proposito della sapienza di Dio personificata dai cristiani nel figlio di Dio?

È un'emanazione (ατμις = vapore) della potenza di Dio, un effluvio genuino (απορροια) della gloria dell'Onnipotente, per questo nulla di contaminato in essa s'infiltra. È irradiazione (apaugasma)della luce eterna (Wis 7:26 IEP), uno specchio (εσοπτον) senza macchia dell'attività di Dio e un'immagine (εικων = icona) della sua bontà” [Sapienza 7,25-26]

Come si può notare è indubbio che l’autore di Ebrei citasse proprio questo libro ed è evidente che i giudei ellenizzati di lingua greca avevano già visto la sapienza di Dio come una sua emanazione.

Anche il Siracide libro considerato deuterocanonico dai cattolici ma apocrifo dai protestanti, ma che è sempre contenuto nella LXX, parla della sapienza in questo modo:
“Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e ho ricoperto come nube la terra. Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi.” [Siracide 24,3-4]

Ma continuiamo con Ebrei:

"4 Così è diventato [in greco si può anche rendere con: “poiché è”] di tanto superiore agli angeli, di quanto il nome che ha ereditato è più eccellente del loro. 5 Infatti, a quale degli angeli ha mai detto: «Tu sei mio Figlio, oggi io t'ho generato»? e anche: «Io gli sarò Padre ed egli mi sarà Figlio»? 6 Di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice: «Tutti gli angeli di Dio lo adorino!» 7 E mentre degli angeli dice: «Dei suoi angeli egli fa dei venti, e dei suoi ministri fiamme di fuoco», 8 parlando del Figlio dice: «Il tuo trono, o Dio, dura di secolo in secolo, e lo scettro del tuo regno è uno scettro di giustizia."

Insomma chi si ostina ad inserire Gesù nella natura angelica creata, non ha proprio capito nulla di quello che lo scrittore di Ebrei scrisse, è evidente infatti la distinzione tra Figlio di Dio e angelo di Dio: il Figlio crea gli angeli e questi lo adorano, egli è Dio, loro sono sue creature.

Questo versetto è inoltre una rivisitazione di un'altra scrittura inserita nel canone pochi secoli dopo ma redatta nel I secolo a.C., ovvero un passo di Sapienza 7:24-26:

"24 La sapienza è più mobile di ogni moto e per la sua purezza pervade e penetra in ogni cosa. 25 È esalazione della potenza di Dio, effluvio puro della gloria dell'Onnipotente; per questo nulla d'impuro cade su di essa. 26 È irradiazione della luce eterna, specchio tersissimo dell'energia di Dio e immagine della sua bontà."

Chi conosceva queste Scritture (ed a questo punto l'accostamento è più che evidente) non poteva fare altro che accostare Cristo alla sapienza di Dio menzionata nel libro in questione, sapienza già ipostatizzata dallo scrittore di Sapienza e da quello di Proverbi.
La prima parte parla di Cristo come di "irraggiamento della sua gloria" o "splendore della sua gloria", e a questo proposito mi vengono in mente le scritture di Isaia:

"Io sono l’Eterno; tale è il mio nome; e io non darò la mia gloria ad un altro, né la lode che m’appartiene, agli idoli" (Is. 42:8).

Gesù, prima di essere arrestato, nella preghiera che fece al Padre suo disse:

"Ed ora, o Padre, glorificami tu presso te stesso della gloria che avevo presso di te avanti che il mondo fosse" (Giov. 17:5); questo lo disse perché egli voleva che il Padre gli restituisse quella gloria di cui Lui, quale Figlio di Dio coeterno col Padre, si era privato per un breve tempo con la kenôsis (svuotamento), lasciando la condizione dell’unica e perfetta natura divina. Ricordiamoci che in quanto Dio è immutabile, egli con la kenôsis non mutò, ma acquisì anche la natura umana aggiungendola a quella divina eterna, di cui si parla in Filippesi: "assumendo la forma di un servo e divenendo simile agli uomini per morire sulla croce annoverato tra i malfattori".
Ecco dunque perché, basandoci su Isaia, dobbiamo affermare d che Cristo non poteva essere "altro" rispetto a YHWH, egli è Dio proprio come lo è suo Padre, "la gloria di Dio rifulge dal volto di Cristo" dice la scrittura.


I TdG usano la scrittura che definisce Cristo "l'esatta immagine di Dio" per far comprendere che una cosa è Dio e un'altra l'immagine... ma non si rendono conto che "l'esatta immagine di Dio" può essere fatta solo da Dio stesso.
Qualunque creatura non potrebbe mai "rappresentare Dio perfettamente", Gesù lo rappresentò perfettamente perché Egli è veramente Dio.
Lo scrittore di Ebrei continua al versetto 10 applicando quello che era proprio di Yahweh nel salmo 102:25 a Cristo stesso: "E ancora: Tu, o Signore, alle origini hai fondato la terra e i cieli sono opere delle tue mani."
Praticamente c'è una identificazione tra Yahweh e Cristo, nel creare l'universo e qui non è solo il mezzo, ma il creatore stesso.
Inoltre il Figlio è talmente potente da tenere nell'essere l'universo stesso, come è scritto anche in Colossesi 1:17:
"Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui."
Una creatura non può certo tenere in esistenza l'universo e tutto ciò che esso contiene, inoltre la scrittura dice che egli è prima non "la prima" di ogni cosa... la differenza dovrebbe saltare agli occhi.

Mi sono sempre chiesto perché si usasse il termine "in lui" parlando della creazione, in che senso "tutto è stato creato in lui"?
Per comprenderlo bisogna tornare al concetto di idea di Dio nel platonismo, che indirettamente fa sentire i suoi echi in tutti gli scrittori di questo periodo: essendo Cristo il Logos o l'ipostasi del pensiero di Dio, nel momento in cui Dio pensa di creare, automaticamente la creazione si viene a trovare nel Figlio, il quale incarna appunto il suo pensiero. Se Egli è il pensiero di Dio (il Logos appunto), allora nel momento in cui Dio pensa di creare, ecco che la creazione si viene a trovare "in Cristo", come scritto in Colossesi, il Padre è il pensante, il Figlio il pensato, e il Figlio possiede in sé tutte le forme archetipe della creazione.

Un'altra prova che portano i TdG per far vedere che Cristo non è Dio, sono le scritture che parlano di Cristo come del mezzo che Dio usava per creare tutte le cose. Ho già risposto con Ebrei 1:10 dove si parla di Cristo non come mezzo ma come creatore, oltre a questo i testimoni dimenticano che anche di Dio padre si parla non solo come creatore ma anche come mezzo:

Ebrei 2:9-10 NRV:

"10 Infatti, per condurre molti figli alla gloria, era giusto che colui, a causa del quale e per mezzo del quale [gr:dia] sono tutte le cose, rendesse perfetto, per via di sofferenze, l'autore della loro salvezza."

oltre a quella scrittura c'è quella di Romani 11:33-36:

"Oh, profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie! Infatti,«chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì da riceverne il contraccambio?» Perché da lui ( da Dio) per mezzo di lui (mediante Dio) e per lui (per Dio) sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno"

Sia di Dio padre che di Dio figlio si dice che tutte le cose sono create tramite loro, vediamo dunque Dio presente in queste tre realtà.

Rifletto:
Se in Rom 11,36 le cose furono create per mezzo di Dio e per Dio, ed in Col 1,17 vediamo che le cose furono create per mezzo di Gesù, e per Gesù, non è logico pensare che anche Gesù sia Dio?

Colosessi 1,16
"Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e per lui"

È assurdo pensare che le cose create, fossero create per una creatura! Sarebbe contraddittorio. In verità secondo questa scrittura, le cose furono create per volontà di Dio Padre, tramite Dio figlio, per Dio Figlio.
[Modificato da (Mario70) 22/06/2011 14:38]

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)