A questo punto sorgerebbe spontaneo chiedersi perché creare qualcosa che già si sa imperfetto (non adatto al suo scopo, di vivere fedelmente) da parte di un Dio onnipotente, che in quanto tale avrebbe i mezzi per fare un'opera perfetta.
La risposta è semplice e complessa ad un tempo. C’è solo un ente autocosciente che è incapace di fare il male: Dio. Tutti gli altri enti autocoscienti, in quanto imperfetti, possono anche commettere il male. Per far sì che le sue creature fossero perfettamente buone Dio non avrebbe dovuto concedere a nessun ente imperfetto la libertà, ma le creature non libere non sono capaci del bene morale che è il bene in senso più pieno (quindi Dio avrebbe dovuto creare un universo privo del bene in senso più pieno, un universo con meno bene di quello comprendente enti liberi), oppure Dio avrebbe dovuto creare un ente perfetto, un altro Dio, ma Dio non può fare nulla di contraddittorio, ed un increato (Dio) creato sarebbe un qualcosa di contraddittorio (l’essere per essenza non può riceve l’essere da qualche altro ente).
Ora, per evitare il male compiuto dalle creature, Dio avrebbe dovuto limitarsi a far apparire nell’essere solo quelle tra queste che, nella sua onniscienza, egli sapeva non avrebbero commesso il male. E’ forse Dio “complice” delle creature che compiono liberamente il male per il fatto di averle create pur sapendo che avrebbero compiuto il male? No, perché Dio non ha creato quelle creature per il male, ma per il bene, e nella sua onnipotenza egli sa trarre il bene anche dal male. Se Dio permette il male è solo perché da quel male Egli sa trarre anche il bene, così come dal peccato di Adamo Egli seppe trarre il bene della redenzione.
Dio ha creato gli uomini per un atto d’amore, li ha creati a sua immagine e somiglianza, quindi liberi. Dio tende la sua mano agli uomini, perché questi possano partecipare alla sua beatitudine. Ma quella degli uomini deve essere una scelta d’amore verso Dio. Coloro che non accettano Dio, coloro che non ricambiano il suo amore e che non anelano a Lui (sia pure implicitamente) si condannano da soli alla perdizione, in quanto questa consiste proprio nel non voler amare Dio. Dio non è in nulla colpevole per la scelta di chi Lo rifiuta. Dio, creandoci, non ci ha fatto che del bene (ogni ente è buono in quanto è, Dio, dandoci l’essere, non ci ha fatto che bene), siamo noi che ci facciamo del male se, rifiutando Dio, rifiutiamo il nostro massimo bene (il male altro non è, infatti, che assenza di bene).
Quando la creatura pecca perde la beatitudine che consiste nell'uniune con Dio, e fallisce così la piena realizzazione della sua capacità infinita, ma non perde né il proprio essere né una parziale realizzazione di sé. Perdendo l'unione elettiva col fine ultimo, sminuisce la pienezza della sua bontà e resta unita a Dio solo come una cosa naturale, senza che la sua volontà partecipi attivamente a questa relazione. Ogni male è un indebito rimpicciolimento del bene, come una restrizione di un bene che avrebbe dovuto essere più totale. Nel peccato la restrizione costituisce un passaggio dall'unione finita al Bene infinito, che la creatura razionale doveva operare selettivamente, all'unione con un bene finito che non può colmare la volontà. In più, come si è detto sopra, tutto quello che succede nel mondo, anche se è male, ricade in bene dell'universo grazie alla Provvidenza divina, anche se questa si muove lungo sentieri per noi imperscrutabili. Il male resta così non soppresso, ma reintegrato nell'armonia dell'universo. Seguendo gli alvei stabiliti nell'ordine cosmico, i mali finiscono per confluire nel bene della totalità dell'universo e nel bene personale delle creature spirituali. La Provvidenza di Dio fa buon uso dei mali, a volte per utilità degli stessi che li patiscono, come quando per opera di Dio le infermità corporali o persino spirituali ricadono a vantaggio di coloro che le soffrono; altre volte a vantaggio dì altri, in un duplice modo: o per il vantaggio particolare di qualcuno, come quando, per la penalizzazione di uno, un altro si emenda, o per l'utilità dì tutti, come la punizione dei delinquenti è ordinata alla pace sociale.
Anche se le apparenze dì questa vita suscitano l'impressione che i beni e i mali siano distribuiti indifferentemente, quasi casualmente tanto ai buoni che ai cattivi, anzi con una preferenza per i secondi, questo accade perché la nostra conoscenza dei dettagli del piano provvidenziale è molto superficiale, e non ci riesce facile giudicare se qualcosa è per il bene o per il male, se un avvenimento avverso sia stato alla fine più conveniente o, al contrario, un successo strepitoso abbia in fondo preparato una disgrazia. L'ordine profondo degli avvenimenti, in particolare degli avvenimenti storici, sfugge ai poteri della ragione umana, ma questa compie cosa saggia se ripone la sua fiducia nella saggezza infinita della provvidenza di Dio.
[Modificato da Trianello 26/11/2006 7.51]
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)