Sta di fatto che Gandhi (per quanto mi risulta) non antepose mai il proprio tornaconto personale al bene del suo prossimo. Dire poi che questi, prodigandosi per il bene del proprio prossimo puntasse alla propria auto-realizzazione è quasi dire un’ovvietà. L’uomo che agisce secondo giustizia si compiace nell’agire giustamente, l’uomo che agisce in barba alla giustizia evidentemente si sente realizzato a prescindere dalla giustizia. Per l’etica cristiana il fine ultimo dell’uomo, il fine assoluto, è la partecipazione alla beatitudine divina, l’uomo può trovare la sua completa realizzazione solo attraverso Dio, il male sta nel voler ignorare questa verità e voler fare a meno di Dio, in un certo senso, nel voler essere dio senza Dio.
Ora, quando si dice che il potere corrompe, si vuole proprio dire che il potere spesso induce chi lo ha a sentirsi superiore alla giustizia, a sentirsi superiore alle norme oggettive che ordinano l’uomo a Dio. Se qualcuno però ha la volontà di restare saldo nella giustizia, ha la volontà di non volersi fare dio senza Dio, non si lascerà corrompere dal potere, ma utilizzerà il suo potere al fine di realizzarsi attraverso il rispetto della propria natura creaturale ordinata a Dio.
Non a caso ho citato l’esempio di Gandhi, il quale, pur non essendo cristiano, agì sempre nel rispetto dell’ordine morale oggettivo, dimostrandoci come questo sia scritto nella coscienza di ognuno di noi e come possa essere svelato per tramite del solo ausilio dell’umana ragione, a prescindere dalla Rivelazione.
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)