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Ho visto che sul sito è presentata la famosa frase dall’Apologeticum di Tertulliano secondo cui: “È parte di una croce ogni legno che sia posto in direzione verticale» (XVI, 7)
Tuttavia non so se siate a conoscenza che l’autore svolge la medesima argomentazione in un’altra sua opera, in cui è molto più dettagliato. Giacché ci troviamo dinnanzi ad un autore del 160 d.C., è la prova di quello che i cristiani pensavano della croce nel II secolo:

“Se fai opposizione sulla forma, quanta poca differenza c’è tra lo stipite della croce e Pallade Attica o Cerere Faria, le quali sono solo un palo rozzo e non lavorato, e che rappresentano un idolo di legno informe? E’ parte della croce, e anche la più grande, qualsiasi legno fissato in posizione verticale. Ma a noi rimproverate di adorare la croce intiera, s’intende con la sua traversa, e il suo sedile sporgente. Per questo voi siete assi più biasimevoli, poiché adorate un legno mutilo e incompleto, che altri invece adorano completo e assemblato!” (Tertulliano, Ad gentes I, XII, 3-5)

L’argomentazione è lapalissiana: ci biasimate perché adoriamo una croce con traversa, ma siete contraddittori perché voi stessi adorate qualcosa che differisce ben poco, cioè idoli che altro non sono che rozzi pali, sebbene mutili del braccio orizzontale che ne farebbe croci. Altrove usa la stessa argomentazione: “Quando si adora un legno, poco importa il suo aspetto, essendo la stessa la qualità della materia; poco importa la forma, quando proprio codesto legno sia il corpo di un dio.” (Apologeticum XVI, 5)

Dimenticavo di dirvi che la parola definita “traversa” in latino è antemna, termine tecnico del latino navale, di cui si può scoprire il significato su qualsiasi dizionario: “Asta, legata all’albero della nave, cui è fissata la vela” (G. B. Conte, E. Pianezzola, G. Ranucci, Il dizionario della lingua latina, Le Monnier) Ossia quello che ancora oggi noi oggi chiamiamo pennone o antenna, l’asta orizzontale legata all’albero della nave.
“Antemna, ae: antenna, pennone. Funes qui antemnas ad malos destinabant, le funi che legavano le antenne agli alberi maestri. Cesare, De bello Gallico, XIII, 14,6” (Nuovo Campanini Carboni, Dizionario latino-italiano, italiano-latino, Paravia)

Ergo non solo qui si dice che i cristiani adorano la croce, ma si specifica anche che non dorano il semplice palo in quanto sarebbe mutilo del braccio orizzontale.

Abbiamo poi un altro passo, questa volta dall’opera “Contro Marcione”, estremamente chiaro sulla forma della croce:


“Anche Giuseppe è un simbolo di Cristo, E non solamente (non vorrei dilungarmi) perché in Giuseppe perseguitato dai suoi fratelli e veduto in Egitto per la causa di Dio, noi scorgiamo il Signore tradito e venduto dai giudei, suoi fratelli, nella persona di Giuda, ma (lo scorgiamo) anche quando è benedetto dal Padre con queste parole: “La tua bellezza è quella di un toro, le tue corna sono quelle di un animale ad un corno, con esse incornerà i popoli e li farà scappare fino alle estremità della terra”. Questa profezia non designa certo i rinoceronti ad un corno, né il Minotauro dalle due corna, ma Cristo, toro a causa delle sue due disposizioni, per alcuni terribile come giudice, per altri mansueto come salvatore, le cui corna sono le corna della croce. Infatti nella traversa(antemna), che è parte della croce, le estremità sono chiamate corna.”(…)” (Contro Marcione, III, 18, 3-4)



E’ inutile che tentiate di farvi venire in mente in quale testo veterotestamentario sia presente questa profezia di Cristo (Dt 33,17), perché i biblisti moderni di solito intendono il passo con un'altra punteggiatura e dunque la traduzione proposta da Tertulliano è completamente diversa. Ad ogni modo non ha nessuna rilevanza se questa profezia veterotetsamentaria esista, bensì cosa Tertulliano creda di leggere in essa, cioè una croce in cui “la traversa della croce ha estremità che sono chiamate corna”. Quanto all’immagine usata, Tertulliano crede di leggere la paradossale descrizione di un animale con più corna eppure detto unicorno (LXX monokérôs), per questo vi scorge la descrizione della croce.

Il testo prosegue con un altro dei riferimenti simbolici alla croce che ben conosciamo, probabilmente di derivazione apostolica, visto che il medesimo esempio è rinvenibile in Tertulliano, Barnaba, Ireneo, e Giustino, di cui tre sono autori del II secolo e uno del primo.
Sentiamo comunque la descrizione che ne da Tertulliano:

“In vero già Mosè, mentre Gesù (abbreviazione di Giosuè N.d.R.) combatteva contro Amallec, allargando le mani (expansis manibus), pregava stando in piedi. Perché un atteggiamento simile … se non perché là dove combatteva il nome Gesù, che doveva vincere un giorno il demoni, bisognava innalzare lo stendardo della croce grazie alla quale il nuovo Giosuè (Gesù) avrebbe riportato la vittoria?” (Contro Marcione, III, 18, 6)

Ad maiora

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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)