00 20/09/2006 15:22
Estate 2006

Tra il milione di libri che occhieggiavano seducenti esibendo, e non senza ragione, la propria importanza e perciò gridando silenziosamente “Leggi me, leggi me…” quest’estate ho preferito un ritorno alle origini e alla semplicità.
Così ho scelto due libretti, apparentemente lontanissimi tra loro ma, come mostrerò in seguito, con una sintonizzazione unisona per una certa questione.
Il primo è stato “Il Piccolo Principe” di Antoine De Saint Exupery. Una lettura di tutto riposo, direte, ma che unita a un altro libricino di commento mi ha fatto ricordare che “Nel proprio mondo è celato qualcosa che appare soltanto quando ci s’incontra con un altro mondo”.*

Il secondo è stato “Càpita” di Gina Lagorio, una scrittrice scomparsa da poco, che mi ha ricordato come ci si possa autoilludere di avere “quattro volte vent’anni” finché non ci si accorge di colpo, per la prepotenza di un qualcosa che “càpita”, di averne ottanta.
Quel qualcosa è stato, per la scrittrice quattro volte vent’enne, un ictus, unito poi a trombosi e a un tumore, che l’ha mezza paralizzata e portata via in breve tempo. Una amara, terribile, lezione della vita che, prima che a lei, era capitata, in forme diverse, ad altri e che lei non aveva mai pensato che avrebbe potuto capitare anche a sé. Ne è stata tanto colpita che quasi tutti i capitoli del suo saggio biografico iniziano con la parola “càpita”.

Tutto sommato ne sono uscito fuori con l’accettazione tranquilla di dover rinunciare (nella pressante consapevolezza dei miei 128 anni, che - ahimé! - non sono "sei volte venti"), a potermi incontrare con tutte quelle persone interessantissime che mi parlerebbero dalla mia vasta biblioteca. I libri sono persone, si sa, ma si farà quel che si può e se Dio vorrà; preponendo, tassativamente e di proposito, a questa piacevolissima gratificazione intellettuale e spirituale il rispondere agli appelli di aiuto che altri, in situazioni meno serene della mia, mi rivolgono nel forum e altrove. E questo finché non càpiti qualcosa che me lo impedirà definitivamente.

Insieme (tornando a "Il Piccolo Principe" e come scuola per me forista) da queste letture ho tratto la riconferma della importanza del dialogo e del confronto con “mondi” diversi dal mio per fare emergere ciò che sonnecchia in entrambi, così da intessere uno scambio reciproco di dare e ricevere, motivato dall’affetto, che arricchisca le parti in gioco.
La volpe, ne “Il Piccolo Principe”, chiedeva a questi di addomesticarla, perché solo se si addomestica qualcosa/qualcuno si entra nel suo mondo e la/lo si capisce e ama.
Infatti il libretto non lo dice ma addomesticare fa riferimento a “ad domus” che non sta per soggiogare ma per accogliere nella propria casa.
Ed io credo di non sbagliarmi se penso di essere stato sia addomesticato dal forum e dai suoi partecipanti che di averlo addomesticato a me stesso, cioè introdotto nella mia casa, tra le cose più care, così che mi sentirei lacerare la coscienza abbandonandolo senza esserne stato costretto da un qualcosa che sia più forte della mia volontà e che ancora non mi è... capitato.

Ovviamente, sia per il passato che per il futuro, chiedo perdono ai TG che, per questo mio interessamento si sentissero infastiditi. Ma li invito a riflettere sul fatto che non sono stato io a dire che la realtà profonda del proprio mondo mentale si disvela solo quando ci si confronta con un altro mondo, sia esso somigliante in parte al nostro sia del tutto dissimile. E’ psicologia sicura, tratta da esperienza, e prelude, nel rispetto reciproco, ad un arricchimento non immaginabile fin quando si resta chiusi nel proprio mondo. Una chiusura che può avvenire anche in mezzo ad un mare di folla, nel proprio stesso mondo.

Ma è tempo di lasciare la parola all’Autore del commentino. A me è stata utile e suppongo che lo sarà anche ai miei fratelli (in Dio Padre) Testimoni di Geova, a partire da quelli “aperti al pluralismo”.
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* MAURITIUS WILDE, Io non ti capisco: il viaggio del cuore del Piccolo Principe, Ed. Messaggero, Padova, p. 48)

(seguita)
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est modus in rebus