Articolo tratto dal libro di Gianfranco Ravasi “La Bibbia, risposta alle domande più provocatorie”, l’opera è una raccolta delle risposte che Ravasi ha dato come collaboratore di “Famiglia Cristiana” nella rubrica “il teologo”.
CON I TESTIMONI DI GEOVA IL DIALOGO E’ IMPOSSIBILE
Perché le altre confessioni cristiane non vedono di buon occhio i Testimoni di Geova? Non obbligano nessuno, predicano il regno di Dio e la loro Bibbia è come la cattolica.
Massimiliano B. - Chiavari (Ge)
Il dialogo coi Testimoni di Geova è messo in cristi dalla difficoltà pura e semplice di trovare un orizzonte comune ove svolgerlo, anche dopo aver superato l'atteggiamento di proselitismo esclusivo che essi costantemente rivelano. Si dirà, a questo punto, che c'è la Bibbia come base per l'incontro: è soprattutto per questa via che si sviluppa l'ecumenismo tra le varie Chiese e denominazioni cristiane. Ma anche qui i Testimoni di Geova alzano una barriera che è difficilmente sormontabile perché è di principio e di metodo.
L 'assurdità è già nel nome
Cerchiamo di spiegarci. Il lettore e molti altri sono convinti che la questione riguardi le traduzioni bibliche più o meno manipolate. E questo ha un suo fondamento. I Testimoni hanno già un errore nel loro nome perché «Geova» è un assurdo linguistico per indicare il nome divino Jhwh che gli Ebrei non pronunziano sostituendolo con
Adonai, «Signore » (1a pronunzia più probabile antica era forse
Jahweh). Inoltre la versione biblica dei geovisti italiani è condotta sull'inglese e non sull'originale ebraico e greco. Non esiste nessuno studioso qualificato e rigoroso dell'esegesi biblica di fede geovista. Non mancano interventi «faziosi » sui testi. Un esempio per tutti: «Prendete e mangiate. Questo è il mio corpo» (Mt 26,26) diventa nella loro Bibbia: «Prendete e mangiate. Questo
significa il mio corpo».
Si potrebbero esemplificare a lungo queste operazioni di «ritocco» su traduzioni peraltro di modesta qualità, anche nella versione americana da cui partono tutte le altre, compresa l'italiana. Ma la questione vera e un’altra. I Testimoni adottano un metodo di lettura che è inaccettabile in partenza. Si tratta di quel
fondamentalismo di cui spesso si parla quando sono di scena certi movimenti islamici ma che vale anche nel nostro caso. Ignorando che la Bibbia è, sì, Parola di Dio ma espressa in parole umane e legata a una storia, a una cultura, a un tempo e a uno spazio e a un suo sviluppo (in altri termini, legata all'Incarnazione), essi la leggono non nel valore che quelle parole avevano, ma così come esse suonano. E noto e dimostrabile, ad esempio, che il 12 nel linguaggio semitico è un simbolo di pienezza e il 1000 di immensità: i 144.000 eletti dell'Apocalisse (7,4) sono un'allusione alle 12 tribù di Israele giunte a pienezza, è il popolo di Dio approdato alla salvezza definitiva, mentre per i geovisti è il numero reale « matematico » degli eletti.
Letteralismo e anche incoerente
Paolo scriveva ai Corinzi che «la lettera uccide, è lo Spirito a dare la vita». Ebbene, una lettura «letteralista» può anche uccidere, sia pure in buona fede: si pensi al divieto della trasfusione di sangue. Nell'Antico Testamento, certo, si proibisce alla lettera di toccare e «mangiare» il sangue di una creatura vivente, ma nel linguaggio e nelle culture d'Oriente il sangue era il segno della vita, considerata intangibile e sotto il sigillo divino. Il senso reale del divieto era quello di rispettare e tutelare la vita ovunque essa si presenti: paradossalmente la trasfusione - che letteralisticamente o fondamentalisticamente sembrerebbe violare il precetto biblico - in realtà lo sostiene e lo favorisce. In realtà i Testimoni, che spesso conoscono approssimativamente la Bibbia, selezionano i passi secondo il loro « interesse»: a essere coerenti dovrebbero letteralisticamente praticare anche i cosiddetti testi « violenti», poligamici e datati (ad esempio, il geocentrismo) delle Scritture!
Citazioni estrapolate
Il più delle volte, però, essi usano un numero ristretto di citazioni frammentarie, estrapolate dal loro contesto e, quando fa comodo, non più interpretate letteralisticamente ma molto liberamente. E il caso di Gn 1,1: « In principio Dio creò il cielo e la terra». Per essi il cielo è una metafora che rimanda agli angeli capeggiati da Lucifero, mentre la terra sempre metaforicamente indica Adamo ed Eva. Si tratta, quindi, di una lettura confusa e arruffata, ora rigida ora evanescente, che ignora la sequenza dei testi, ma li smembra e li unisce secondo le proprie necessità. Divertente, ad esempio, è la miscela dei tre passi autonomi e di epoche differenti come Dn 4,10-17, Ap 12,6.14 ed Ez 4,6, miscela destinata a produrre la data del 1914 come anno della fine del mondo. Data opportunamente dilazionata con altri marchingegni interpretativi per salvare la faccia. È chiaro che con una simile impostazione di principio e di metodo è difficile, per non dire impossibile, dialogare in modo costruttivo non solo da parte del fedele ma anche da parte del biblista serio, cattolico, ortodosso o protestante.
(Gianfranco Ravasi, La Bibbia, risposta alle domande più provocatorie, pag. 31-33, ed. San Paolo)
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)