Scritto da: Polymetis 16/07/2007 18.33
Mi chiedo però se queste correnti che tu citi e che avrebbero voluto l’anarchia della Thorà siano ebraiche quanto i TdG sono cristiani, cioè non lo siano affatto. C’è decisamente un limite oltrepassato il quale ti trovi al di fuori di ciò che con la comune definizione tutti gli altri indicano.
Cercherò di illustrarlo in sintesi.
1)La nozione di
messianismo ha preso forma nel periodo dei profeti e si è cristallizata come reazione alla situazione dell'esilio nei tempi post-biblici. Nei testi biblici le allusioni all'attesa del Messia sono molto evasive. E' cmq doveroso precisare che, la preoccupazione fondamentale dell'escatologia profetica verte sia sul futuro di Israele che sulla salvezza della
nazione ebraica. La salvezza dell'
umanità non viene persa mai di vista (la dimensione universale dei testi profetici è evidente), ma sbiadisce di fronte all'urgenza dei problemi immediati posti dalla perdita di indipendenza, della distruzione del Tempio e della perdità delle strutture etiche, religiose e culturali dell'identità nazionale. Per cui fino a che l'idea messianica manterrà con intensità variabile i
due fattori (Israele e l'Umanità) che la compongono, meriterà l'attributo di messianismo ebraico. Se uno dovesse diventare così fondamentale da scalzare totalmente l'altro, alla lasceremo il contesto specificamente ebraico che non è mai stato nè una
religione, nè una
storia, ma tutte e due le cose
indissolubilmente insieme.
2)In seno all'ebraismo, anche in quello
rabbinico, convivono attivamente anche
due tipi di forze:
conservative, ovvero, forze che mirano alla difesa di un'esistenza costantemente minacciata dai contesti storici, forze che operano ed hanno operato con continuità ed efficacia nell'ambito della Legge (Halackah);
utopiche, ovvero forze nutrite dall'ispirazione utopica del futuro, correnti che guardano ad uno stato di cose non ancora esistente: l'epoca messianica, sentita in misura variabile ( a secondo del contesto storico), come pronta ad accadere in ogni istante. L'apocalittica giudaica fa capo a queste forze. All'interno della tradizione rabbinica si è sviluppata un'intensa corrente apocalittica che non ha mai cessato di attraversare il mondo ebraico già in epoca immediatamente successiva al I d.C , ed è andato a confluire negli scritti
talmudici e
aggadici. Vale davvero la pena dare un'occhiatina questo genere di studi concernenti l'
apocalittica rabbinica.
L'apocalittica rabbinica con le sue istanze messianiche non poteva che affrontare delle questioni che tuttavia ai maggiori esponenti rabbinici dell'Halackah non preoccupavano minimamente. Per sua natura, il
rinnovamento messianico doveva indurre la questione: "Quale sarebbe stato nel Mondo Futuro, la statuto della
Torah e dell'Halackah che da essa deriva?". Quanto più grandiose erano pensate le trasformazioni della natura, della storia o le modificazioni della morale umana nel tempo messianico, tanto più significative dovevano rivelarsi le modificazioni concernenti la Legge in quel contesto. Appunto per questo i maestri del Talmud interessati maggiormente al messianismo, questionano sulla abolizione delle norme di purità rituale, del giorno di Yom Kippur, dei i sacrifici di espiazione (ma non quelli di ringraziamento), ect... in tal modo un fattore anarchico irrompe nell'orizzonte, ma produrrà reali tensioni solo nel momento in cui tale istanze produranno, di volta in volta, grandi movimenti di speranza messianica che eserciteranno notevole influenza diretta sugli spiriti ( tra i tanti è sufficente pensare al messia apostata Shabbatai Zevi).
All'ebraismo rabbinico dunque non è estranea la questione del superamento di norme e precetti comandati dalla Torah in epoca messianica, e questa si realizzerà alla Fine dei Tempi, in maniera tangibile, poichè nella concezione ebraica, la redenzione sarà un evento pubblico che si compirà sulla scena della storia, come evento che si produce essenzialmente nel mondo del visibile, vista e mantenuta nella sua prospettiva originaria.
A me non sembra particolarmente ebraico che un tale uomo si definisca “Signore del Sabato”, mi sembra che solo Dio potrebbe dire una cosa simile.
Al momento conosco solo le considerazioni piuttosto divergenti circa la figura superumana del "Figlio dell'Uomo" così come inteso all'epoca del II Tempio. Bisognerebbe tentare di comprendere in che modo Gesù lo intendesse in riferimento a se stesso e cosa intedesse con quella specifica affermazione. Ad esempio, non credo di aver sino ad ora incontrato espressioni ebraiche che qualificano Dio, ovvero l'Onnipotente "Signore dello Shabbat". E sarebbe interessante tentare di comprendere in che senso Gesù, riferendosi a se stesso si proclama "Signore del Sabato".
Non sapevo però che per alcune correnti il messia avrebbe potuto anche cambiare la Thorà, ad esempio Gesù pretende di cambiare la legislazione mosaica sul ripudio, ma al contempo dice di non voler cambiare alcunché, evidentemente nella convinzione che l’essenza della Thorà stesse in altro. Oso poi interpretare l’idea di alcuni farisei che tu citi, secondo i quali con l’avvento del messia avrebbe potuto anche porre fine all’osservanza dei precetti, con ciò che secondo i cristiani è effettivamente avvenuto con Gesù sulla croce, quando disse “tutto è compiuto”, aprendo una nuova fase della storia. La differenza, come tu stesso hai ricordato, è la tangibilità del regno di Dio che nella prospettiva cristiana in realtà ha avuto il suo avvento con la venuta di Cristo, ma in una forma spiritualizzata e ben lontana da quella che per me è invece un’ingenua trasfigurazione dei bisogni umani, cioè una sorta di restaurazione paradisiaca. Certo nessuno può dire cosa avverrà in un’eventuale restaurazione della comunione tra uomo e Dio, ma non riesco a figurarmelo a suon di frutta fresca e arcobaleni. Più mi documento sull’ebraismo del II tempio e più il cristianesimo mi sembra il compimento dei fervori che circolavano, di quelle idee, sebbene sotto una luce inaspettata, una luce che mostra quando era stato predetto dalle speranze umane e che Dio ha saputo far suo, in altra chiave.
Bè, dopotutto non è forse così? Ovvero, non corrisponde forse a realtà che ebraismo e cristianesimo offrono semplicemente risposte diverse alle stesse domande? Ebrei e cristiani sono due risposte diverse agli stessi interrogativi.
Arcobaleni? Frutta fresca? Perchè no?! Dio non ha forse mani, orecchi, un volto, e persino un di dietro... gioca con il Leviatano, siede su di un trono, indossa il tallet e prega!!!^_______^
Materia e spirito, visibile e invisibile, interiorità ed esteriorità, vanno a braccetto, e ciò che per il cristiano è una conquista gloriosa, agli occhi dell'ebreo appare una forma di evasione, una fuga, la liquidazione totale di una delle due faccie della stessa medaglia. I maestri d'Israele hanno disquisito lungamente attorno all'idea messianica proprio perchè i suoi contorni sono volutamente vaghi ed indeterminati: epoca di pace e giustizia sociale, nuovo ordine cosmico che ne inaugura un'altro fuori del tempo, epoca di rinnovamento spirituale/morale...epoca di transazione tra questo mondo e uno che, nessuno occhio ha veduto( nessuno ha veduto ciò che Dio e nessuno altro al di fuori di Lui, opererà per colui che l'attende).
Nel mondo a venire non c'è mangiare nè bere, nè procreazione di figli, nè contrattazioni commerciali, nè invidia , nè odio, nè rivalità ... ma i giusti seggono in trono, la corona in capo e godono lo splendore della Sheckinàh (Ber, 17 a).
Shalom
Topsy
[Modificato da Topsy 18/07/2007 2.11]