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18/1/2009 (14:58)
- LA VISITA DELLA TERZA CARICA DELLO STATO AD ABU DHABI
Fini: gli imam predichino in italiano
Il presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini
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«Nessun tipo di istigazione all'odio»
Ma il portavoce dell'Ucoii non ci sta:
evidentemente non conosce la realtà
E il Pd: «E' una proposta inefficace»
ABU DHABI
La predicazione nelle moschee in Italia deve avvenire in italiano, per evitare il rischio di istigazione all’odio e alla violenza. Lo dice il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in visita ufficiale negli Emirati Arabi Uniti: «È il principe ereditario Mohammed Bin Zayed ad essere fermamente convinto della necessità che in Italia, come negli altri Paesi, la predicazione del Corano sia fatta nella lingua del Paese che ospita i musulmani. Questo perchè, come avviene qui negli Emirati, non ci sia alcun tipo di predicazione e istigazione all’odio, durante un momento che deve essere soltanto di tipo religioso».
Per Fini si tratta di una «faccenda seria, che va tenuta presente soprattutto in Italia, vista la superficialità con cui qualche volta da noi si affrontano questioni così complesse».
Il portavoce dell’Ucoii, però, frena, La lingua non c’entra con l’istigazione all’odio o l’invito alla pace, dice Elzir Ezzedine, rappresentante della Unione delle Comunità Islamiche in Italia. «Mi spiace che il mio presidente della Camera, che evidentemente non conosce la realtà del Paese, dica queste cose» attacca Ezzedine, che invita Fini «a visitare le moschee, per capire che noi rivolgiamo i sermoni in arabo ma anche in lingua italiana. Ad esempio- spiega- a Firenze, dove sono imam, predichiamo in italiano e in arabo. E poi, lo ripeto, la lingua non c’entra con incitare o meno all’odio. Crediamo che invece la lingua sia un mezzo per far arrivare il messaggio di pace».
Infine, una critica al governo. «Fin dal primo giorno di insediamento abbiamo chiesto al nostro governo di incontrarlo per discutere sulla realtà della comunità islamica - prosegue Elzir - ma purtroppo abbiamo trovato le porte chiuse. Se mi sento dire da Fini queste cose, forse sarebbe bene sedersi intorno a un tavolo e affrontare le questioni insieme. Non so se non vogliono considerarci - conclude il portavoce dell’Ucoii - ma tra il governo e la comunità islamica non c’è dialogo».
Svolgere la predicazione islamica nella lingua del Paese ospitante, come proposto dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, «non è una cosa nuova, e non è vietata dalla dottrina», ma un vero incentivo all’integrazione verrebbe piuttosto dalla «formazione di imam europei» ai quali altri Paesi stanno già provvedendo, spiega invece Fouad Allam, docente universitario e primo musulmano editorialista dell’Osservatore romano. «In Paesi come l’Indonesia o l’Iran - ragiona Allam- la predica del venerdì avviene da sempre nella lingua locale, anche se il Corano non può essere tradotto. È ovvio che oggi si incoraggi questa tendenza anche per motivi di sicurezza. Tuttavia - spiega- la lingua della predicazione »è una cosa importante ma non la più importante». Quello che ci vorrebbe - secondo Allam, che ha anche un passato da parlamentare - è la formazione di «imam europei».
Secondo il deputato del Pd Enrico Farinone «l’istigazione all’odio è un problema serio, ma la proposta di Fini rischia di essere non efficace. Innanzitutto perché bisognerebbe controllare periodicamente tutte le moschee, poi perché la lingua dell’Islam è l’arabo e la predicazione obbligatoria in italiano rischierebbe di provocare un senso di rigetto verso il nostro Paese, con il pericolo reale di far aumentare l’estremismo».