Uzbekistan e religione

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Achille Lorenzi
00venerdì 2 giugno 2006 16:08
12 Maggio 2006
UZBEKISTAN

Sempre più grave la persecuzione religiosa in Uzbekistan

Principale obiettivo è il controllo completo della maggioranza islamica. Si vogliono eliminare le altre religioni. Un anno fa ad Andijan l’esercito massacrò la folla inerme.

Tashkent (AsiaNews/Forum18) - Non si ferma in Uzbekistan la violazione della libertà religiosa. I pubblici poteri vogliono raggiungere il completo controllo di ogni fede.

L’art. 8 della Legge per la religione permette lo svolgimento di attività religiosa solo ai gruppi registrati, ma spesso passano anni senza che la registrazione sia concessa. Intanto l’attività dei gruppi che non hanno la registrazione benché chiesta, anche la preghiera in case private, viene punita dall’art. 240 del Codice amministrativo con elevate multe (che nel 2006 sono state aumentate di 10 volte) e persino con la carcerazione fino a 15 giorni. Il proselitismo è punito dall’art. 216-2 del Codice penale anche con il carcere da 6 mesi a 3 anni.

Lo Stato colpisce e vuole controllare soprattutto la religione islamica, cui appartiene il 90% della popolazione. Con la scusa di combattere il radicalismo islamico, l’Autorità usa i propri media e istituti scolastici per educare una classe di imam a sé fedeli, che poi pone a capo delle moschee: lo Stato depone e nomina gli imam delle moschee, nonostante la legge non lo consenta. Per la preghiera del venerdì, gli imam sono obbligati a leggere i testi approvati dal consiglio dei leader islamici (la Muftiate), di fatto sotto il controllo statale. Alle moschee non “controllate” è negata la registrazione e sono usate come club, biblioteche, musei, come nell’epoca sovietica. E’ proibita qualsiasi istruzione religiosa non statale, pena gravi multe o il carcere. Nelle scuole gli studenti debbono rispondere a questionari per verificarne la “lealtà politica” al Presidente. Molti islamici sono imprigionati con l’accusa di far parte di organizzazioni radicali o proibite, magari solo per essersi incontrati per pregare o parlare di Dio.

Domani, 13 maggio, è l’anniversario del massacro di Andijan, quando l’esercito sparò contro manifestanti disarmati, uccidendone centinaia. Nessuno è stato mai messo sotto accusa per il massacro, mentre sono state processate e condannate decine di persone per avere “organizzato” le manifestazioni con scopi sovversivi. Dopo questi fatti, nel maggio 2005 c’è stata un’ondata di repressione contro qualsiasi attività religiosa. “E’ evidente – commenta Ikramov, membro del Gruppo uzbeko per l’attività per i diritti umani – che la maggior parte degli islamici arrestati dopo le proteste di Andijan sono ‘colpevoli’ solo di essersi incontrati per leggere il Corano e parlare di Dio”.

Per le altre religioni, di scarso peso numerico, lo Stato non cerca il controllo, ma vuole limitarle o eliminarle. Nella regione nord occidentale di Karakalpakstan è stata vietata ogni attività di gruppi cristiani, per lo più protestanti. Fa eccezione la chiesa Ortodossa russa della capitale Nukus. I bambini sono minacciati per convincerli ad abiurare.

A marzo e ad aprile la polizia ha compiuto vaste operazioni contro i Testimoni di Geova, anche irrompendo durante le loro funzioni.

“Le Autorità considerano terroristi potenziali – dice Iskander Najafov, avvocato della Chiesa protestante di Tashkent – i cristiani che si incontrano nelle loro case per parlare. Dopo i fatti di Andijan sono aumentati i raid della polizia nelle case private dei cristiani, come pure gli arresti di fedeli”. (PB)

Fonte www.asianews.it/view_p.php?l=it&art=6147 (il grassetto è mio).

Le limitazioni religiose continuano.
Adesso ne sono oggetto anche gli Avventisti del Settimo Giorno:

Il governo dell’Uzbekistan chiude la chiesa avventista di Samarcanda

Il 17 maggio, il notiziario di Radio Free Europe/Radio Liberty ha dato la notizia che le autorità usbeche hanno chiuso due chiese protestanti con l’accusa di aver violato la legge sulle organizzazioni religiose.
Aggiungeva poi: “Una dichiarazione del ministro della giustizia afferma che la chiesa avventista del 7° giorno e la chiesa cristiana protestante nel centro di Samarcanda sono anche accusate di fare illegalmente proselitismo tra i residenti locali”.
I dirigenti avventisti non sono in grado di confermare tutti i dettagli, si pensa che due chiese avventiste di Samarcanda abbiano perso il loro status di chiese registrate.
“Attualmente, non abbiamo informazioni chiare, e non tutto è stato reso pubblico, per questo motivo non possiamo dare alcun particolare”, ha affermato Valery Ivanov, portavoce della Chiesa in Euro-Asia.
Il dott. John Graz, direttore del dipartimento Affari pubblici e Libertà religiosa della Chiesa a livello mondiale ha dichiarato che questo sviluppo degli eventi fa sorgere dei dubbi sul rispetto dei diritti umani nella nazione dell’Asia centrale.
“L’Uzbekistan deve affrontare una situazione difficile per quanto riguarda i diritti umani. La decisione di chiudere le chiese non è il segnale migliore che le autorità hanno dato al mondo sulla sua disposizione ad accettare il pluralismo religioso che, per secoli, è stato una caratteristica dell’Uzbekistan. Contatteremo le autorità per avere maggiori informazioni sulla loro decisione, sperando che i malintesi siano superati”, ha concluso Graz.
Adn/Ann

Fonte: www.avventisti.it/adn/news.asp?idx=162

Achille
giainuso
00sabato 3 giugno 2006 02:05
notizie come queste fanno orrore.

ci ricordano quanto sia importante e invalicabile il confine tra il diritto/dovere di fare informazione e l'utilizzo di mezzi coercitivi violenti e non al fine di piegare le altrui coscienze.

ciao
bruno



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