Trasfusione imposta

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Achille Lorenzi
00giovedì 3 febbraio 2005 17:18
Dal quotidiano La Nazione di oggi (3 febbraiO 2005):

«A Roma un chirurgo evita la morte di una paziente, testimone di Geova, con una trasfusione contro la sua volontà»..

Qualcuno riesce a procurarsi l'articolo?
Non è visualizzabile dal web.

Saluti
Achille

[Modificato da Achille Lorenzi 03/02/2005 17.18]

pierpappastorico
00martedì 15 febbraio 2005 19:06
sorry ...
L'articolo in questione sta nella sezione Lettere a La Nazione e fa riferimento a un episodio risalente a un anno prima della data del giornale ...

Nell'attesa di riuscire a trovare l'articolo dell'anno scorso, io sono riuscito ad avere il file in .pdf del 3 febbraio 2005 ma non so come si fa ad allegare qui ...

In ogni caso c'è scritto:
"A Roma un chirurgo evita la morte di una paziente, testimone di Geova, con una trasfusione contro la volontà della paziente stessa.Il medico rischia un processo mentre si apre nella comunità scientifica il dibattito che vede divisi i chirurghi. Un caso che fa discutere come quello della donna milanese che rifiuta l'amputazione del piede in cancrena."

Ciao, Piero
pierpappastorico
00martedì 15 febbraio 2005 20:25
Questo è l'articolo da La Nazione del 3 febbraio 2004

di Alessandro Farruggia

Teresa Antonia Ussia; 79 anni; ora si trova in coma farmacologico.
Dovrebbe farcela. Ma tutti si chiedono come si comporterà quando si sveglierà
e saprà che per salvarla i medici del Cto di Roma non hanno potuto fare altro che
praticarle una trasfusione: procedura normale per tutti i malati nelle sue
condizioni, ma considerata inaccettabile da chi, come lei è un Testimone di Geova.

Bigliettino rivelatore

In molti temono che parta una denuncia penale perché, con sé, la signora
Ussia portava un bigliettino che recitava: «Ai sensi dell’articolo 32
della Costituzione e della legge 833 del 1979 non accetto in nessuna circostanza,
anche d’incoscienza, trasfusioni né derivati ematici». Chiarissimo,
come hanno osservato alcuni Testimoni di Geova della sua comunità giunti
in ospedale per accertarsi delle condizioni della loro sorella.

Ma i medici hanno agito comunque, forti del fatto che la signora,
protagonista ad Anzio di un incredibile incidente con un camion tritarifiuti
che le ha maciullato un braccio, era incosciente. «La legge — spiega
la direttrice sanitaria del Cto, Daniela Ghirelli — stabilisce che i medici non
sono punibili, anzi devono agire, nei casi di urgenza e di necessità
per salvare la vita di una persona. Nel nostro caso, la donna è arrivata in ospedale in stato di incoscienza ed era in imminente pericolo di
vita. Quindi noi avevamo il dovere di intervenire». L'ultima conferma del
diritto ad intervenire è arrivata lunedì pomeriggio dal magistrato di turno.
«Quando si è posto il problema della trasfusione — spiega Ghirelli — abbiamo
anche sentito il magistrato per convalidare quanto già sapevamo, perché non
è la prima volta che ci troviamo ad intervenire nel caso di un paziente
che, non essendo cosciente, non è in grado di darci l'assenso all'intervento.
Il magistrato ci ha detto che non solo potevamo, ma anzi, vista la
situazione, dovevamo procedere alla trasfusione, perché se la paziente fosse
morta saremmo andati incontro ad una denuncia per omissione di soccorso o
addirittura per omicidio colposo».

«Non c’era altra scelta»

A ulteriore conforto; i sanitari avevano raccolto il parere dei
familiari della donna — vedova e senza figli ma con molti parenti — che si sono
consultati tra di loro e a stragrande maggioranza (un solo astenuto,
pare) hanno dato parere favorevole. «Teresa — osserva Maria Caglioti, una
cognata — si era convertita da anni, spinta dal marito, e noi abbiamo sempre
rispettato la sua scelta. Ma quando abbiamo dovuto scegliere se
rispettare le sue volontà e farla morire o violarle e tenerla in vita non
abbiamo avuto dubbi. E che scherziamo?». «Difenderò mia zia contro tutti; anche
contro se stessa» rincara la dose la nipote Assunta Ussia.

«Decisione personale»

Da parte loro i Testimoni di Geova usano il profilo basso. La
comunità di Anzio ha deciso che non prenderà nessuna iniziativa contro i medici.
Ad esprimere la posizione della comunità locale è il portavoce Bruno Di
Battista che aggiunge: «Sarà solo lei a decidere autonomamente cosa
fare quando si sarà ripresa. Noi non vogliamo metterci contro nessuno». Il
rifiuto delle trasfusioni di sangue «è una libera scelta personale.
La sorella Ussia — afferma Di Battista — ha liberamente scelto di non
accettare trasfusioni; come dice la nostra fede. Ma se ora è avvenuto il
contrario; noi come comunità dei Testimoni di Geova; non possiamo che prenderne
atto».

ciao, Piero
Achille Lorenzi
00mercoledì 16 febbraio 2005 06:05
pierpappastorico ha scritto:

L'articolo in questione sta nella sezione Lettere a La Nazione e fa riferimento a un episodio risalente a un anno prima della data del giornale ...

Ho capito, si tratta di una notizia che avevo già riportato nel sito: www.infotdgeova.it/imposta.htm

Ciao
Achille
berescitte
00mercoledì 16 febbraio 2005 16:50
Notizia che ci è utile ad appuntare che la legge sulla libertà religiosa ha un limite.
E che questo limite è basato sulla etica laica dello Stato.
Il quale ha quindi il diritto di imporre a un soggetto che si comporti contro la sua fede.
Rutherford direbbe che abbiamo il caso intollerabile in cui "gli inferiori comandano i superiori"[SM=g27823]

E invece lo si deve tollerare![SM=g27825]

Potrebbe essere una strada per vedere se la ratio e la fides derivano da un'unica Fonte.
O se, pur derivando da un'unica Fonte, ci sia stato qualcosa che ha sbalestrato la ratio al punto da farle capire solo certi punti di etica.
O se si tratta di una fides immaginaria che pretenda che la ratio etica si pieghi ad assurdità gabellate per numinose.

Tutto questo comporta il discorso delle "intese". Ma lo Stato pragmatico e compromessista tira avanti pasticciando alla sans facon.
E così abbiamo i conflitti di cose illecite per alcuni (trasfusione) ma obbligatorie per lo stato (sotto pena di omissione di soccorso).
E conflitto con cose illecite che sono permesse (come l'aborto).
E favoritismi indebiti ad una confesione rispetto ad un'altra.

In base a un criterio che c'è e non c'è e dovrebbe essere univoco ed esserci sempre.

Ma tant'è, nella tutela della libertà religiosa
- lo stato sa cosa significa tutela
- sa cosa significa libertà
- ma non sa (non può né deve avere un suo criterio per) dire cosa significhi religiosa

Però la tutela[SM=g27818]
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