Teoria dell'evoluzione e Peccato originale

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Sasori
00martedì 10 ottobre 2006 19:26
Ripropongo una domanda che è già stata fatta nel thread dedicato a "religione ed evoluzione" (che mi pare non abbia ricevuto risposta).

Come è possibile conciliare la teoria dell'evoluzione con la dottrina cattolica del peccato originale?

Secondo me non si può, e infatti Papa Ratzinger in uno dei suoi ultimi discorsi ha fatto capire che un cattolico non può credere nella teoria dell'evoluzione
=omegabible=
00martedì 10 ottobre 2006 19:56
re x sasori
Scrivi:
Come è possibile conciliare la teoria dell'evoluzione con la dottrina cattolica del peccato originale?
------------------
Forse hai capito male il senso della parola originale che non vuol dire "dall'origine" o "dell'origine". E' un peccato così strambo che è "originale" .Appunto [SM=x570867] [SM=x570867] Un caro saluto omega [SM=g27828]
Trianello
00martedì 10 ottobre 2006 20:21
A quale discorso ti riferisci? Puoi citare le parole esatte con l'esatto riferimento al discorso in oggetto?

Comunque, di questa tematica abbiamo già parlato altrove e più volte in questo forum. Del resto, più che la teoria dell’evoluzione è l’approccio storico critico alla Scritture (il quale ha condotto ad una più piena comprensione del senso di alcuni racconti biblici) che ha convinto molti biblisti e teologi cattolici a formulare una lettura diversa, rispetto a quella che si faceva fino a non molto tempo fa, del Dogma definito, pur nel rispetto della sua sostanza.

Ti riporto uno un brano di Gianfranco Ravasi (quello che è forse il più grande biblista cattolico italiano):

“Penso ormai sia noto a tutti che i due testi classici [ Gn 2-3 e Rm 5], non possano essere adottati in senso stretto per sostenere il dogma così come è stato formulato dalla V sessione del Concilio di Trento (1546). Formulazione che potremmo così sintetizzare: il peccato originale è un atto unico commesso dal progenitore dell’umanità; tutta l’umanità è in uno stato di peccato “originato” che implica la privazione della santità e della giustizia originaria; il battesimo cancella pienamente questo peccato.
Naturalmente sull’essenza del peccato sia “originante” di Adamo sia “originato” presente nell’umanità l’assise conciliare non si impegnò, lasciando spazio aperto alla successiva e mai sopita discussione che spesso è andata anche oltre il perimetro delineato dal Concilio.
Genesi 2-3 era allora letta come un racconto di “protostoria”, cioè come un vero e proprio resoconto di eventi primordiali, peraltro di ardua (se non impossibile) conoscenza e documentazione storiografica. L’esegesi moderna ha inequivocabilmente raggiunto altri risultati che brevemente sintetizzeremo.
Il testo bibilico in questione pur essendo rivestito apparentemente della forma narrativa storica, si rivela appartenere al genere sapienziale, cioè dotato di finalità “teologico-filosofica”.
[ Una serie di altri elementi e ] la presenza di un protagonista archetipo universale come ha-’ dam, cioè l’Uomo, che non è nome proprio ma comune [ … ] ci conducono a un’altra definizione della pagina di Genesi 2-3: essa si configura come un’eziologia metastorica. L’autore biblico per delineare il ritratto dell’umanità parte dalla situazione in cui si trova, cioè dall’uomo presente peccatore, separato da Dio, ostile al fratello, incapace di governare il mondo. Da lì cerca di risalire induttivamente per rintracciarne la causa, l’origine, la sorgente, la genesi (donde “eziologia”, dal greco “studio della causa”), così da spiegare la situazione in cui si dibatte l’uomo. Sulla scorta dell’uso orientale, risale “genealogicamente” fino a un archetipo che non può che chiamare ha-‘ dam, cioè l’Uomo, capace di spiegare gli anelli successivi. E’, quindi, una figura reale perché genera la sequenza storica dell’umanità (non interessa all’autore né egli conosce il dibattito sul monogenismo/poligenismo, anche se egli ovviamente adotta il modello monogenico allora in uso), ma è un figura “metastorica” perché ingloba e supera la sequenza storica dell’umanità.
Il gesto di appropriarsi del frutto dell’albero proibito è un atto di hybris, cioè di orgoglio supremo dell’uomo che non vuole ricevere da Dio la definizione del bene e del male (rappresentata da quell’albero) ma che decide autonomamente di essere arbitro della morale.
Paolo riprende il testo della Genesi e, adottando un procedimento argomentativo in uso presso la teologia rabbinica, presenta nel cuore del suo capolavoro, la Lettera ai Romani, due figure affermando che ciò che vale per l’una (Adamo, emblema dell’umanità peccatrice) deve a maggior ragione (a fortiori) valere per l’altra, cioè Gesù Cristo, l’umanità giusta.
Il confronto tra Adamo e Cristo, tra colpa e grazia, non è quindi strettamente parallelo. Se il peccato è come un torrente fangoso e violento, che scorre con abbondanza, molto più abbondanti e grandiose sono le acque del fiume della grazia divina, che ci conduce alla vita eterna, cioè alla pienezza suprema dell’intimità con Dio: “Dove è abbondato il peccato, sovrabbonda la grazia” (5,20).”

(GIANFRANCO RAVASI, “Jesus” n.7, luglio 2001, pp. 82-83. Citato in Domiciano Fernàndez, Il Peccato Originale, pp.50-52)
Sasori
00martedì 10 ottobre 2006 20:33
Re:

Scritto da: Trianello 10/10/2006 20.21
A quale discorso ti riferisci? Puoi citare le parole esatte con l'esatto riferimento al discorso in oggetto?



ecco i link:

http://www.ansa.it/opencms/export/main/visualizza_fdg.html_1971733921.html

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/08_Agosto/25/darwin.shtml
Trianello
00martedì 10 ottobre 2006 20:52
Perdonami, ma nelle parole del Santo Padre riportate nel primo articolo, a dispetto dal titolo che l'ANSA ha imposto al medesimo, non ci vedo una presa di posizione contro la teoria dell'evoluzione, ma contro coloro che credono che l'universo possa essere frutto della casualità e non della ragione creatrice di Dio.
Dell'altro articolo si era già parlato altrove in questo forum.
Sasori
00martedì 10 ottobre 2006 21:00
Re:

Scritto da: Trianello 10/10/2006 20.52
ma contro coloro che credono che l'universo possa essere frutto della casualità e non della ragione creatrice di Dio.



La teoria dell'evoluzione infatti afferma che noi siamo frutto del caso e della selezione dell'ambiente. E siccome il Papa non accetta che l'uomo sia frutto (anche) del caso, di conseguenza non accetta la teoria dell'evoluzione.
Trianello
00martedì 10 ottobre 2006 21:12
Non è esatto. E' l'interpretazione riduzionista dell'evoluzionismo che ci vuole figli del caso, non l'idea dell'evoluzione in sé. In una prospettiva di tipo deista, ad esempio, i processi evolutivi possono tranquillamente essere ricondotti all'agire delle cause seconde così come queste sono state ordinate da Dio (causa prima) ed a questi rimandanti.
Sasori
00martedì 10 ottobre 2006 21:27
no, mi spiace ma leggiti qualunque libro di biologia delle superiori o universitario e troverai scritto che le mutazioni genetiche sono casuali, non seguono nessun progetto di qualsivoglia tipo.
In che percentuale contino poi il caso e la necessità questo è un dibattito ancora aperto, ma il caso secondo tale teoria è un elemento fondamentale.
irias
00martedì 10 ottobre 2006 21:54
ciao Sasori,
nel primo articolo da te citato sono riportate queste parole di Benedetto XVI

''e' la Ragione creatrice, lo Spirito che opera tutto e suscita lo sviluppo"(grassetto mio)

non mi sembra che credere che all’origine ci sia il Verbo eterno, la Ragione, escluda la possibilità di una trasformazione in forme più evolute del cosmo e degli esseri viventi


leggiti qualunque libro di biologia delle superiori o universitario e troverai scritto che le mutazioni genetiche sono casuali, non seguono nessun progetto di qualsivoglia tipo


Questo è scritto ma non è dimostrato; non dimentichiamo che la validità scientifica presuppone la ripetitività



Siria [SM=x570892]

[Modificato da irias 10/10/2006 21.59]

Trianello
00martedì 10 ottobre 2006 21:57
Carissimo, qui il discorso non è d'ordine scientifico, ma meta-scientifico. Che le mutazioni, che sono uno dei fattori dell'evoluzione biologica così come è stata interpretata dai neodarwinisti (assieme al processo di selezione naturale ed alla cosiddetta deriva genetica) non rientrino nell'ambito del determinabile, non significa che siano casuali. Il fatto è che spesso si confonde il determinismo con la causalità, proprio per l'imperare del riduzionismo scientifico. Che un evento non sia determinabile, invece, non implica necessariamente che lo stesso sia incausato (casuale).

[Modificato da Trianello 10/10/2006 21.59]

Sasori
00martedì 10 ottobre 2006 21:57
La teoria dell'evoluzione non parla di miglioramenti, parla di variazioni casuali. Non c'è un fine, uno scopo preciso, nell'evoluzione.
Sasori
00martedì 10 ottobre 2006 22:03
>>non significa che siano casuali

secondo la teoria dell'evoluzione sì.

>>Il fatto che un evento non sia determinabile, invece, non implica necessariamente che lo stesso sia incausato (casuale)

Qua si potrebbe aprire una lunga discussione se il caso sia qualcosa di oggettivo o soggettivo.
Per i neodarwinisti caso significa due cose:
1) caso nel senso proprio del termine, cioè non soggetto ad alcuna legge
2) caso nel senso di non finalizzato a nessuno scopo

In entrambi i casi, scusa il gioco di parole, un progetto Divino non ha alcun posto.
Sasori
00martedì 10 ottobre 2006 22:07
Re:

Scritto da: irias 10/10/2006 21.54
non dimentichiamo che la validità scientifica presuppone la ripetitività


Siria [SM=x570892]

[Modificato da irias 10/10/2006 21.59]




questo non sempre è vero, ma dato che non sono un esperto di filosofia della scienza (pur avendo letto qualche libro) non so risponderti
Sasori
00martedì 10 ottobre 2006 22:10
Trianello
00martedì 10 ottobre 2006 22:17
Carissimo, è proprio qui il bandolo della matassa. Spesso, gli scienziati riduzionisti, ed i neodarwinisti sono tra questi, hanno la tendenza a far passare come conclusioni scientifiche ciò che invece è solo il derivato dei loro preconcetti antimetafisici. Proprio la definizione di "caso" che tu hai qui riportato è indicativa di come costoro tendano a confondere sistematicamente la causalità con la determinabilità. Ecco allora che la discussione si sposta dal piano scientico a quello metascientifico, ed è su questo piano che il Papa contesta le conclusioni degli evoluzionisti riduzionisti (scusa la cacofonia).
irias
00martedì 10 ottobre 2006 22:17

Per i neodarwinisti caso significa due cose:
1) caso nel senso proprio del termine, cioè non soggetto ad alcuna legge
2) caso nel senso di non finalizzato a nessuno scopo



1) nell'evoluziione la trasformazione genetica è condizionata all'adattabilità a nuove condizioni che può avere i connotatti di una legge;

2)anche nel caso dell'evoluzione la trasormazione genetica è finalizzata (avendo quindi uno scopo) al raggiungimento di condizioni che permettono la vita in situazioni mutevoli e mutate

Siria [SM=x570892]
irias
00martedì 10 ottobre 2006 22:36
in questo contesto (per me) la validità scientifica riguarda la possibilità di spiegare un evento compiuto, non mi riferisco alle spiegazioni dei singoli passaggi

Siria [SM=x570892]
Polymetis
00martedì 10 ottobre 2006 22:43
Re:

Scritto da: Sasori 10/10/2006 21.27
no, mi spiace ma leggiti qualunque libro di biologia delle superiori o universitario e troverai scritto che le mutazioni genetiche sono casuali, non seguono nessun progetto di qualsivoglia tipo.



Infatti il neodarwinismo non è l'unico tipo di evoluzione ipotizzabile.
Sasori
00mercoledì 11 ottobre 2006 20:25
L'unica teoria dell'evoluzione accettata dalla stragrande maggioranza degli scienziati è la teoria neodarwinista. Altre teorie sull'evoluzione, come la teoria di Lamarck, sono state abbandonate per mancanza di evidenze sperimentali.

Nella teoria dell'evoluzione, la parola "evoluzione" non ha necessariamente il significato di "miglioramento" ma significa piuttosto "cambiamento" o "mutazione". Darwin usava l'espressione "discendenza con modificazione".

Le mutazioni, lo ripeto, secondo tale teoria sono *casuali*, soprattutto nel senso che non hanno un fine preciso, ma sono dovute ad *errori* di trascrizione del patrimonio genetico . Alcuni di questi errori sono utili dal punto di vista dell'adattamento all'ambiente, e così capita che gli individui portatori di questi errori genetici sopravvivano meglio e questo permette loro di riprodursi di più e trasmettere i loro geni alla discendenza.

Questo dice la teoria, come si può verificare leggendo un qualunque libro scolastico di biologia. Se poi a voi non piace perchè volete mantenere le vostre convinzioni su Dio, Creazione e Peccato originale fate pure.


P.S.
Sul concetto di "caso" c'è un bell'articolo a questo link:
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=8747

Trianello
00giovedì 12 ottobre 2006 00:47

Le mutazioni, lo ripeto, secondo tale teoria sono *casuali*, soprattutto nel senso che non hanno un fine preciso, ma sono dovute ad *errori* di trascrizione del patrimonio genetico . Alcuni di questi errori sono utili dal punto di vista dell'adattamento all'ambiente, e così capita che gli individui portatori di questi errori genetici sopravvivano meglio e questo permette loro di riprodursi di più e trasmettere i loro geni alla discendenza.



Carissimo, io ho letto “Il gene egoista” di Dawkins (uno dei manifesti del neodarwinismo) quando avevo sedici anni e, pur non essendo un biologo, so abbastanza bene che cosa intendono i biologi neodarwinisti quando parlano di caso (per inciso, poco dopo “Il gene egoista”, lessi anche “Il caso e la necessità” di Monod). Come ti dicevo nel mio post precedente, prescindendo in questa sede di discutere di tutte le evidenti falle presenti nella teoria neodarwinista e di cui i neodarwinisti stessi sono perfettamente coscienti, ciò che importa sottolineare è che qui la questione è di carattere metascientifico e non scientifico. Il problema, come ha sottolineato giustamente il Santo Padre, risiede nel fatto che ci sono solo due possibilità: o l’universo è il frutto di Dio o è il frutto del caso. Ma se l’universo è frutto del caso, allora non dovremmo aspettarci che questo ci sia intelligibile e che le sue leggi possano essere descritte in termini matematici, se l’universo è frutto del caso non si vede perché il sole non dovrebbe esplodere da un momento all’altro in una miriade di coriandoli colorati o perché il mio computer non si dovrebbe mettere a ballare la rumba o a prepararsi un caffè. Ma qui si rientra nel campo della cosiddetta teologia razionale, con le obiezioni che a questa sono state mosse da molti filosofi fin dai tempi di Hume e Kant (obiezioni che per il tradizionale pensiero cattolico, di cui il Papa si è fatto portavoce, non sono però così logicamente consistenti come vorrebbero i loro sostenitori). Tutto questo per dirti che non è l’idea di un universo in divenire e di una progressiva mutazione delle specie viventi ad escludere Dio, ma solo la sua interpretazione riduzionista e casualista, interpretazione che il Santo Padre, appellandosi al senso comune, ha voluto criticare nel suo discorso.
Ovviamente, mi guarderò bene qui dallo sfiorare il complicato discorso relativo alla possibilità dell’esistenza di eventi anche parzialmente casuali (nel senso di una casualità ontologica) in un universo frutto dell’opera di un Dio onnipotente.

[Modificato da Trianello 12/10/2006 2.48]

Polymetis
00giovedì 12 ottobre 2006 14:17
Re:
"L'unica teoria dell'evoluzione accettata dalla stragrande maggioranza degli scienziati è la teoria neodarwinista."

Ma caro amicol tu non ci hai chiesto come si concilia il neodarwinismo con la fede, ci hai chiesto come si concilia l'evoluzione con la fede.

"P.S.
Sul concetto di "caso" c'è un bell'articolo a questo link:
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=8747"

Nulla di particolarmente rivelatore. Io non credo al caso neppure in fisica.
L'unico caso a cui credo è che due persone si incontrino in una piazza per caso, ma non che ciascuno dei due sia arrivato in quella piazza per caso. Ogni evento ha una causa e dunque non è mai causale, è casuale l'accostamento che si può creare fra percorsi causali diversi.
giainuso
00venerdì 13 ottobre 2006 11:15
vorrei rimanere sul tema del 3d.
ho letto tutto con attenzione ma credo che un aspetto andrebbe maggiormente approfondito.
lo ripeto perchè leggo,leggo (a proposito grazie ancora trianello) ma la ricchezza del dibattito è più esplicativa di molte pagine specie per chi non ha delle competenze specifiche in filosofia e scienze naturali.

quindi....

il concetto di peccato originale,"per mezzo di un solo uomo il peccato entrò nel mondo",come si può coniugare con il poligenismo evoluzionistico ?

ho ben compreso che il racconto della genesi è un mito che ci spiega il perchè e non il percome ma da un punto di vista logico o questo peccato originale non è mai stato commesso in quei termini ed altro non è che l' "immagine" dell'alienazione da Dio che prende corpo tutte le volte lo escludiamo dalle nostre scelte oppure proprio non capisco perchè se non proveniamo da un'unica coppia tale "colpa" debba ricadere su tutta l'umanità.

ciao
bruno

[Modificato da giainuso 13/10/2006 11.16]

Sasori
00venerdì 13 ottobre 2006 12:09
il peccato originale è un atto unico commesso dal progenitore dell’umanità; tutta l’umanità è in uno stato di peccato “originato” che implica la privazione della santità e della giustizia originaria; il battesimo cancella pienamente questo peccato.

Sarei curioso anch'io di sapere quale atto unico abbia commesso il primo esemplare della specie homo sapiens sapiens per meritare il castigo divino, e perchè poi tutti gli esemplari successivi abbiano dovuto ereditare questa colpa (che cosa ci potevano fare se il loro progenitore aveva sbagliato, mica era colpa loro).


E’, quindi, una figura REALE perché genera la sequenza storica dell’umanità (non interessa all’autore né egli conosce il dibattito sul monogenismo/poligenismo, anche se egli ovviamente adotta il modello monogenico allora in uso),

E se poi di progenitori, come ha fatto notare Giainuso, ce ne fossero stati più di uno? L'autore dice che non gli interessa saperlo, ma se così fosse bisognerebbe rivedere da capo tale dottrina.
Trianello
00venerdì 13 ottobre 2006 12:38
Caro Sasori,
da quello che scrivi, mi sembra di capire che tu non abbia compreso il senso del brano di Ravasi che ho citato. Prova a rileggerlo con attenzione.
Trianello
00venerdì 13 ottobre 2006 14:02
Caro giainuso,

ti avevo scritto una risposta di due pagine, ma il Word mi si è improvvisamente impallato ed ho perso tutto. Cercherò di farti un breve riassunto,

C’è da notare che non tutti i teologi sono concordi nel ritenere che il racconto di Adamo ed Eva, per quanto utilizzi termini simbolici, non descriva un fatto reale avvenuto ai primordi dell’umanità. Per qualcuno che crede nella resurrezione di Cristo e nei miracoli operati da Dio per intercessione dei santi, non è poi così assurdo, infatti, credere che all’origine del genere umano vi sia una singola coppia di individui ai quali, per primi, Iddio abbia donato un’anima razionale (che poi costoro siano stati creati dal nulla o fossero figli di entità non pienamente umane, poiché non dotate di un’anima razionale, è indifferente da questo punto di vista), sostenendoli poi miracolosamente, dopo il peccato, in modo da garantire che la loro discendenza fosse geneticamente abbastanza diversificata da permettere al genere umano di sopravvivere fino ad oggi. A questo proposito, si è da più parti fatto notare che nessun dato scientifico potrà mai contraddire questa ipotesi, qualora questa dovesse essere l’unica concessa da una corretta interpretazione della Sacra Scrittura.
D’altro canto, oggi molti biblisti (il brano di Ravasi da me citato è esemplare in questo senso) sono convinti del fatto che l’approccio storico critico alla Bibbia abbia chiarito una volta per tutte come il racconto di Adamo ed Eva, in realtà, appartenga al genere mitico-sapienziale.
A prescindere da come si voglia intendere il racconto di Genesi, il problema rimane comunque immutato. Perché mai il peccato di uno dovrebbe valere anche per gli altri? Che diavolo c’entro io con Adamo?
Ti sembrerà forse strano, ma anche quando ero un agnostico mi ha sempre affascinato questa idea fondamentale del Cristianesimo secondo cui c’è una fratellanza morale così intima tra gli uomini da renderli solidali nel peccato di Adamo (così come nella redenzione operata da Cristo). Il Cristianesimo ci rivela una fratellanza tra tutti gli esseri umani che è molto più fondamentale di quella che possono stabilire i rapporti biologici o sociali, una fratellanza di carattere ontologico e universale. Ma dov’è la giustizia in un Dio che ha fatto gli uomini in modo tale che il peccato di uno ricade sull’altro? La risposta a questa domanda ce l’ha data Dio stesso, mandando il Suo Figlio unigenito ad incarnarsi come uomo, a farsi nostro fratello, per redimere l’umanità tutta e fare che lì dove ha abbondato il peccato abbia sovrabbondato la grazia. L’uomo in quanto uomo è solidale con Adamo, ma anche solidale con Cristo. Spetta ora ad ognuno di noi scegliere se seguire il nostro fratello Cristo verso la salvezza o seguire il nostro “padre” Adamo verso la rovina.
Alla luce di quanto detto, ammesso che il racconto di Adamo ed Eva sia un mito, in che cosa consiste il peccato originale originante, visto che non si è trattato di un peccato commesso dai diretti progenitori di tutto il genere umano? Una risposta potrebbe essere che ogni peccato attuale commesso da ognuno di noi, per via della solidarietà morale tra gli uomini, partecipa al peccato originale originante quel peccato originale originato che “macchia” l’uomo in quanto uomo.

[Modificato da Trianello 13/10/2006 15.09]

Trianello
00venerdì 13 ottobre 2006 14:22
PS

A mio avviso, questa lettura del peccato originale può anche contribuire a chiarire il senso del Dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. Così come il Figlio, pur essendosi fatto uomo, in quanto Dio impeccabile, non fu macchiato dal peccato originale, così la madre di Dio, che in tutta la sua vita non commise mai peccato, fu esentata, per grazia, in forza del futuro sacrificio di suo Figlio, dalla macchia del peccato originale. Nessuno adulto, ci ricorda San Tomaso d’Aquino, muore senza aver commesso nemmeno un peccato attuale. Maria fu un’eccezione a questa regola, per questo Iddio le ha donato quella specialissima grazia.

[Modificato da Trianello 13/10/2006 15.12]

Sasori
00venerdì 13 ottobre 2006 19:40
“Penso ormai sia noto a tutti che i due testi classici [ Gn 2-3 e Rm 5], non possano essere adottati in senso stretto per sostenere il dogma così come è stato formulato dalla V sessione del Concilio di Trento (1546). Formulazione che potremmo così sintetizzare: il peccato originale è un atto unico commesso dal progenitore dell’umanità; tutta l’umanità è in uno stato di peccato “originato” che implica la privazione della santità e della giustizia originaria; il battesimo cancella pienamente questo peccato.
Naturalmente sull’essenza del peccato sia “originante” di Adamo sia “originato” presente nell’umanità l’assise conciliare non si impegnò, lasciando spazio aperto alla successiva e mai sopita discussione che spesso è andata anche oltre il perimetro delineato dal Concilio.
Genesi 2-3 era allora letta come un racconto di “protostoria”, cioè come un vero e proprio resoconto di eventi primordiali, peraltro di ardua (se non impossibile) conoscenza e documentazione storiografica. L’esegesi moderna ha inequivocabilmente raggiunto altri risultati che brevemente sintetizzeremo.Il testo bibilico in questione pur essendo rivestito apparentemente della forma narrativa storica, si
rivela appartenere al genere sapienziale, cioè dotato di finalità “teologico-filosofica”.[ Una serie di altri elementi e ] la presenza di un protagonista archetipo universale come ha-’ dam, cioè l’Uomo, che non è nome proprio ma comune [ … ] ci conducono a un’altra definizione della pagina di Genesi2-3: essa si configura come un’eziologia metastorica. L’autore biblico per delineare il ritratto dell’umanità parte dalla situazione in cui si trova, cioè dall’uomo presente peccatore, separato da Dio, ostile al fratello, incapace di governare il mondo. Da lì cerca di risalire induttivamente per rintracciarne la causa, l’origine, la sorgente, la genesi (donde “eziologia”, dal greco “studio della causa”), così da spiegare la situazione in cui si dibatte l’uomo. Sulla scorta dell’uso orientale, risale “genealogicamente” fino a un archetipo che non può che chiamare ha-‘ dam, cioè l’Uomo, capace di spiegare gli anelli successivi. E’, quindi, una figura reale perché genera la sequenza storica dell’umanità (non interessa all’autore né egli conosce il dibattito sul monogenismo/poligenismo, anche se egli ovviamente adotta il modello monogenico allora in uso), ma è un figura “metastorica” perché ingloba e supera la sequenza storica dell’umanità.


si parla di:

- figura reale: cioè di un essere realmente esistito e non frutto di un mito o di una favola (tant'è che l'autore parla di concetti biologici come quelli di monogenismo e poligenismo)

- atto unico: cioè di un azione, e una sola, che è stata compiuta da questo essere e che lo ha fatto cadere nel cosiddetto peccato originale (e gli ha fatto perdere quindi la santità e la giustizia originaria)

- trasmissione del peccato originale ai discendenti: dunque questo peccato (o, se vogliamo, predisposizione al peccato) è stato trasmesso alle generazioni successive



Sorgono dunque spontanee le seguenti domande (ma ce ne potrebbero essere altre):

- che fine ha fatto Eva?

- come giustificare tale dottrina nel caso in cui di progenitore ce ne fosse stato più di uno? (poligenismo)

- in che cosa è consistito l'atto che questo essere ha compiuto? (si parla di atto, quindi di qualcosa che è stato materialmente compiuto, e non di una semplice predisposizione d'animo)

- perchè i discendenti ne hanno dovuto pagare la colpa?

- quale è il meccanismo di trasmissione del peccato dal progenitore ai discendenti (cioè è qualcosa che si trasmette attraverso i geni? O il meccanismo di trasmissione è un altro?)


Gradirei che foste voi a rispondermi, magari citando anche Ravasi o altri, però mi piacerebbe conoscere le vostre personali risposte.

[Modificato da Polymetis 13/10/2006 20.31]

Polymetis
00venerdì 13 ottobre 2006 20:44
“figura reale: cioè di un essere realmente esistito e non frutto di un mito o di una favola (tant'è che l'autore parla di concetti biologici come quelli di monogenismo e poligenismo)”

Non hai capito, ha detto che è reale perché Adam è l’uomo in generale, ed è metastorico perché in quanto umanità trascende il singolo individuo. Una pagina delle stesso autore:


Da “Conoscere la Bibbia” di mons. Gianfranco Ravasi, tratto dalle edizioni tenute al centro San Fedele di Milano, EDB)

Persino l’attuale papa usa Adamo nel senso dell’intera umanità:
«Adamo, questo termine nella Bibbia esprime l’unità di tutto l’essere “uomo”, tanto che si parla dell’idea biblica di una “personalità corporativa” […] Categorie come peccato ereditario, risurrezione della carne, giudizio universale, ecc., si possono intendere unicamente a partire da qui, perché il luogo del peccato ereditario va individuato proprio n questo reticolao collettivo che preesiste come dato spirituale all’esistenza del singolo, non in qualche eredità biologica che si trasmette fra individuo del resto completamente separati gli uni dagli altri, Parlare di esso vuole appunto dire che nessun uomo può più cominciare dal punto zero, da uno status integritatis(completamente non toccato dalla storia).» (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Brescia, 2005, Queriniana, pagg. 226.240)

Sulla concezione del peccato originale nella teologia cattolica cito alcuni testi. Da Pietre Descouvement, Le risposte della Fede, edizioni Paoline, pag 342-243,352-353:







Cito inoltre Lorenzo Facchini, sacerdote, professore paleontologia umana all’università di Bologna. Il libro è “E l’uomo venne sulla terra. Creazione o evoluzione?” , edizioni San Paolo, pagg. 133-136






Ad maiora

[Modificato da Polymetis 13/10/2006 20.52]

Sasori
00venerdì 13 ottobre 2006 20:57
Adesso mi leggo tutto, comunque mi sarebbero piaciute più le tue risposte personali che le citazioni (l'avevo anche scritto)
giainuso
00venerdì 13 ottobre 2006 21:13
Ok,il concilio da una lettura della Genesi che prescindendo dalle conoscenza scientifiche moderne,non può neppure porsi alcuni interrogativi.
Il dibattito successivo inquadra il tema del peccato adamico non potendo più ignorare la scienza,con la quale si deve quindi necessariamente incontrare.

Adamo,L’UOMO,è l’archetipo,descrittoci peccatore originante, proprio perchè la solidarietà ontologica che accomuna l’uomo di ogni epoca impone questo tipo di lettura.
tale solidarietà si incastra a "meraviglia" con il tipico credere del mondo orientale secondo il quale le colpe dei padri ricadono sui figli,e se io scrittore biblico vedo i limiti e i peccati dell’uomo non posso che ricercare nei suoi antenati,e nell’antenato archetipico,la ragione di tale condizione.
Mi rifiuto di credere che Dio mi/ci abbia creato con tali limti per cui solo un’evento “violento” può aver deformato L’UOMO fatto a immagine e somiglianza di Dio.di quì il racconto della genesi.

In tale ottica il tema del poligenismo perde interesse perché è L'UOMO ad aver peccato,è la sua dimensione ontologica di essere uomo in quanto uomo a trasmettere non geneticamente ma per solidarietà ontologica il peccato ossia la condizione di essere alienato da Dio.

Credo di aver compreso il vostro punto di vista,dico credo perché potrei benissimo aver frainteso dato che vi garantisco per chi non è avvezzo a questo tipo di dialogo è veramente complesso afferrare i concetti e poi non farseli scappare.
Correggetemi se ho scritto qualche castroneria.

Un solo appunto,anzi due.
La scienza non andrebbe spiegata solo con la scienza ? quando il discorrere può leggittimamente passare dalla dimensione scientifica a quella metafisica ?

In quest’ottica non vi sembra che il “peccare” sia un evento assolutamente necessario allo sviluppo dell’ UOMO ?

Ciao
bruno

[Modificato da giainuso 13/10/2006 21.15]

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