Rapporto di Amnesty International sulla persecuzione religiosa in Eritrea

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Vitale
00martedì 14 novembre 2006 15:00

ICN-News 14/11/06
Foto: Helen Berhane è stata scarcerata pochi giorni fa, in seguito a ricovero in ospedale

Archivio (Amnesty International)
www.icn-news.com/live/index.php?pg=011&id=1163442361

“Non riceverai visite e rimarrai qui a marcire fino a quando non firmerai quel pezzo di carta”. È la minaccia rivolta da un comandante militare a Helen Berhane, una cantante gospel della chiesa di Rema, detenuta in isolamento totale in un container metallico situato all’interno della base militare di Mai Serwa dal 13 maggio 2004.

Helen Berhane è una delle numerose persone detenute in Eritrea per la loro appartenenza a una fede religiosa non riconosciuta. Negli ultimi tre anni, secondo un rapporto reso pubblico oggi da Amnesty International, la stessa sorte è capitata ad almeno 26 pastori e sacerdoti, a 1750 membri di chiese evangeliche e a decine di musulmani. Molti di essi sono stati torturati e numerosi luoghi di culto sono stati chiusi dalle autorità.

Il rapporto di Amnesty International riferisce di 44 casi di persecuzione religiosa avvenuti a partire dal 2003 e denuncia un aumento delle violazioni del diritto alla libertà di religione, di opinione e di coscienza. Il rapporto descrive anche alcuni casi di fedeli di confessioni religiose non riconosciute condannati ad anni di carcere da comitati segreti per la sicurezza, senza alcuna difesa legale e senza possibilità di ricorso in appello.

“Tutte le persone detenute a causa della loro fede religiosa devono essere rilasciate immediatamente. La situazione è critica e Amnesty International è fortemente preoccupata per l’incolumità di centinaia di detenuti” – ha affermato Amnesty International.

I “dissidenti religiosi” sono abitualmente sottoposti a un metodo di tortura chiamato “l’elicottero”: vengono legati mani e piedi dietro la schiena e tenuti in questa posizione per ore. Molti prigionieri sono in pessime condizioni di salute e non ricevono cure mediche adeguate.

“Le procedure per la registrazione delle confessioni religiose in Eritrea devono essere riviste affinché non violino il diritto di ogni persona a praticare una fede religiosa. Il governo deve porre fine alla repressione violenta e rispettare il diritto internazionale” – ha aggiunto l’associazione.

Il rapporto di Amnesty International denuncia che, nel corso del 2005, il governo ha ulteriormente inasprito la repressione nei confronti delle minoranze religiose. Il giro di vite, lanciato senza alcuna spiegazione nel 2003, fa parte di un generale disprezzo per i diritti umani da parte del governo del presidente Issayas Afewerki, in carica dal 1991, anno dell’indipendenza dell’Eritrea.

Nel 2002 il governo aveva improvvisamente ordinato ai gruppi religiosi non registrati di chiudere i loro luoghi di culto e cessare la predicazione fino a quando non fossero stati riconosciuti. In seguito, sono state riconosciute solo quattro fedi: l’ortodossa, la cattolica, la luterana e l’islamica. Da allora, a nessun altro gruppo religioso è stata accordata la registrazione.

Nell’ultimo decennio la persecuzione ha colpito anche i Testimoni di Geova: 22 di essi sono ancora in carcere.
[Tratto da: Amnesty International]

Vitale

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