EXTRA HOMOS!
“Con la questione omosessuale la Chiesa non c’entra niente. C’entra la ragione”. (Card. Giacomo Biffi ad una conferenza per i giovani giornalisti a cui io ero presente nel 2000).
“La questione è semplicissima.
Vogliamo far funzionare un apparecchio elettrico? Andiamo in ferramenta, compriamo una spina maschio e una spina femmina”.(Giuseppe Barzaghi - noto domenicano bolognese - ad una lezione a cui ero presente nel 2000).
Vorrei partire da queste due frasi per risponderti, caro Bery.
Vediamo insieme se davvero la questione è così semplice e, soprattutto, se c’entra solo la ragione (e se abbiamo proprio perso per strada il ben dell’intelletto).
OH NATURA NATURA… PERCHE’ SEI TU NATURA…
Ricerca: In primo luogo, che il senso dell'amore lo si tragga dall'osservazione della natura mi giunge nuova.
Sei diventato rousseauiano?
Bery: No, solo teista (naturalmente) e teologo (soprannaturalmente).
Ricerca: Appunto, allora non mi dire che il senso dell’amore lo trai dall’osservazione della natura (dimmi piuttosto che lo trovi in una Persona), giacché osservando la natura troviamo piuttosto che:
In primo luogo, se vige una legge in natura non è certo la legge dell’amore, ma la legge del più forte. La natura non mostra alcuna pietà per i più deboli.
In secondo luogo, visto che parliamo di omosessualità, notiamo che essa è diffusissima in natura: qualunque naturalista conferma questa semplice constatazione. Nelle specie più evolute essa assume codici e rituali precisi, ci sono anche casi di animali omosessuali monogami.
Si potrebbe d’altronde osservare che in natura ogni sistema è fatto di equilibri complessi e prevede le sue eccezioni (che spesso non fanno altro che confermare la regola).
Terzo, se c’è una condizione che non si ritrova in natura è la castità a vita.
Questa sembrerebbe l’unica condizione davvero innaturale per un essere vivente.
Perciò, se proprio volessimo partire dall’osservazione della natura, il tuo discorso crollerebbe subito.
A meno che tu non voglia intendere con “natura” non “la natura animata che ci circonda”, ma la natura intima, l’essenza delle cose, il senso inscritto da Dio nella realtà.
Allora la tua frase per essere corretta dovrebbe suonare più o meno così: “Il senso dell’amore lo si ricava dall’osservazione del senso che il Creatore ha impresso al creato”.
E’ una frase di teologia ( l’osservazione della natura non c’entra nulla) e in questo ambito la ragione non può che procedere informata dalla fede.
Mi pare insomma che tu non ricavi niente dall’osservazione della natura, bensì in essa ri-trovi qualcosa che sai già, e che proviene da un’altra fonte.
INVENZIONI
Bery: Entrambe le religioni, quella naturale e quella rivelata, assicurano che la sessualità è invenzione del Creatore, ed è pure invenzione sua la loro diversità che spinge naturalmente alla complemetarietà, da cui - stranamente? - ne deriva la continuazione della vita sulla terra.
Ricerca: Se è per questo, io penso che anche l’omosessualità (la intendo come condizione della persona) sia una sua invenzione.
Permettimi una battuta: bisognava pur dipingere la Gioconda, scolpire il David e affrescare la Sistina!
IL PRANZO E’ SERVITO
Bery: …"alla sola riproduzione"? io non l'ho detto. La sessualità serve anche ad altro, così come il pranzare insieme non serve solo a... fare rifornimento. L'uomo è un animale connaturalmente simbolico.
Tuttavia mi sembra indubbio che si disprezza l'invito se ci si rifiuta di mangiare le portate. Un pranzo non è una fiction ove basta fingere di bere. L'assumere il cibo è l'aspetto essenziale che dà senso a tutti gli aspetti secondari.
Ricerca: Abberi, capisco che a voi romani ve piace de magnà e de bbeve, ma di nuovo: l’analogia eno-gastronomica non regge.
Il tuo discorso si può concentrare logicamente in questo assunto:
“Lo scopo essenziale della sessualità è la procreazione”. Il che mi trova razionalmente d’accordo, anche un biologo chiama gli organi sessuali “organi riproduttivi”.
Ma da qui a dire che tutto quello che ruota intorno alla sessualità ha un senso se e solo se è finalizzato alla riproduzione ce ne passa.
Questo non è affatto un passaggio scontato, un ragionamento così evidente come potrebbe sembrare.
Tu parti dalla constatazione della funzionalità di un organo (nella fattispecie quello sessuale) e arrivi a dedurre che una relazione fra due persone è immorale.
Ma io chiedo: basta logicamente constatare la finalità di un organo a condannare come immorale la vita affettiva di una persona?
Ma poi, è così semplice appiccicare ad un organo una funzione, e sulla base di questa stabilire che ogni uso che da essa prescinde sia un abuso?
Ad esempio: la bocca serve solo per mangiare, o nell’uomo serve anche a parlare, ridere, baciare (azioni e gesti propri del solo essere umano)? Così in modo analogo gli organi sessuali servono solo alla riproduzione o nell’uomo che è un animale simbolico, razionale e sociale servono anche ad altro (ad esempio, a sentire il proprio corpo, a provare emozioni, a comunicare in maniera non verbale)?
E ancora, dopo aver selezionato la finalità-organo più appropriata, è così semplice logicamente risalire la corrente facendo discendere da questa attribuzione tutte le conseguenze morali di cui tu parli?
Insomma: basta dire che il pene è un organo riproduttivo per affermare l’illiceità di una relazione umana?
Quale serio filosofo oggi, quale psicologo (a parte qualche domenicano e qualche protestante più estremista) prenderebbe seriamente in considerazione queste teorie?
AB-NORMAL
Bery: Io ho parlato di piede equino, cioè di piede anormale che si cerca di normalizzare basandosi sulla funzione propria dei piedi. Non vedo il collegamento con le osservazioni da me fatte al riguardo. Io intendevo segnalare dei casi in cui la ovvietà della funzione organica è ricavata dalla finalità ovvia per cui l'organo è strutturato. Che c'entra la vergogna?
Ricerca: Un’altra volta il paragone non è sufficiente. Ti invito a maggior chiarezza, perché non si paragona una malformazione fisica con una questione complessa come questa.
E poi che cosa vorrebbe dire “normalizzazione” nel caso di una persona omosessuale?
…(da quando in qua l'amore segua le tracce della normalità, non saprei dire).
Bery: Le segue da quando è anormale che un giovane si unisca alla madre, o si faccia l'amore con un cadavere, o si ritenga diritto di spontaneità da non controllare e indirizzare con la ragione la fregola che viene a giovani di "farsi" tutte le ragazze che vogliono... E per quale ragione, dovremmo rispettare e aspettare il libero consenso dell'altra parte se a noi ci va? E con quale diritto uno Stato può permettersi di stabilire limiti d'età perché un accoppiamento sessuale sia lecito? Ecc...
Ricerca: Questi esempi sono puramente retorici.
Stiamo parlando di una relazione fra persone adulte.
SENSE AND SENSIBILITY
Bery: L'eros, che è voglia istintiva, non tollera regole di per sé. E' il fatto che esista in animali dotati di ragione che lo costringe ad essere umano. Questa è normalità. E non solo è la questione più interessante quella della normalità ma è anche quella ineludibile. Tanto che se la si nega non si farà altro che sostituirla con una normalità basata su altri parametri ma comunque assunta (stavolta arbitrariamente contro la prima che deriva dalla etica spontanea) come normalità.
Ricerca: L’eros sarebbe solo “voglia istintiva”?
Ma che cosa è l’eros, un prurito che si ha nelle mutande e che bisogna controllare?
Che visione è questa dell’eros? La tua impostazione del problema mescola parole e accezioni del senso comune a concetti di teologia, e pretende di essere credibile.
Proprio perché l’uomo ha un linguaggio simbolico, esercita l’intelletto e vive in società, l’eros non è fatto di simboli e di richiami affettivi primari,
non ha a che vedere con l’identità della persona (e qui apriamo una questione immensa e molto problematica per voi tomisti del terzo millennio) e con il suo vissuto? Non ha a che vedere con le sue emozioni profonde e con la sua affettività? Non è anche un fatto culturale e sociale?
Quanto alla normalità, trovo poco interessante la questione perché questa parola è non solo abusata, ma avendo più significati è anche ambigua e conduce spesso a polemiche inutili.
AMORE MIO
Ricerca: Per quale motivo, ti chiedo ancora, nel caso di una relazione fra due persone dello stesso sesso (che includa la dimensione dell'eros, con tutto quello che essa comporta per il vissuto personale) non si può parlare di amore?
Con quale certezza affermiamo che non si tratta di amore?
Bery: Con la certezza derivante da un concetto di amore che, nell'uomo, comprenda non solo l'istintualità (l'attrattiva del piacersi) ma una istintualità guidata dalla ragione che ne esamini e ne approvi o disapprovi la fattibilità, la liceità, la ragionevolezza, il perseguimento delle finalità connesse con l'unione sessuale (eventuale nascita, assistenza, convivenza, allevamento ed educazione della prole ecc...).
Ricerca: Bene. Il punto è come arriva la ragione a disapprovare una relazione affettiva vissuta dal vivo, giacché le situazioni si devono pur anche sperimentare per poterle giudicare.
Il bene e il male li dobbiamo anche toccare con mano per poterli distinguere. Non basta un ipse dixit.
Alla ragione non basta accettare ciecamente un dogma e dedurre che tutto ciò che ad esso non conviene è male. La ragione deve anche osservare, verificare, provare (il che vuol dire anche provare sulla propria pelle).
E dunque chiedo: nel caso in cui una relazione affettiva significhi amore, solidarietà, mutuo sostegno e aiuto quotidiani; vicinanza e condivisione dei momenti belli e di quelli più difficili della vita (condivisione e affetto anche nell’intimità e nella fisicità) quali motivi rintraccia la ragione per dichiarare l’illiceità morale di questo rapporto?
E nel caso poi che con il tempo questo rapporto significhi sempre più conoscenza reciproca, rispetto, ascolto, cura verso l’altro?
Secondo te la retta ragione arriverebbe al verdetto di immoralità facendo della procreazione il solo scopo di una convivenza, riducendo l’intera vita affettiva di una persona a una questione riproduttiva.
E allora una persona che ha la certezza di essere sterile (tipo una donna che non ha più le ovaie) dovrebbe essere condannata a non avere un compagno per tutta la vita? A dover reprimere quel desiderio di condivisione anche fisica che noi tutti naturalmente sentiamo? A far bene attenzione a non innamorarsi mai e ad evitare qualunque relazione la possa condurre all’atto sessuale, giacché esso non avrebbe senso, e quindi renderebbe vano, senza significato e immorale tutto quello che ad esso è relativo?
Bery: Per esempio, è l'aspetto agapico dell'amore che permette a un genitore di andare a lavorare all'estero, stando così lontano dalla moglie (rinuncia all'eros) e dai figli (rinuncia alla filìa), per non far mancare loro il necessario per vivere. E' ancora lui a tenere devotamente una donna attaccata al marito che, appena sposato, è caduto dalla vespa ricevendone un trauma alla colonna che non gli permette più l'erezione. Ed è ancora lui, l'agape o amore di benevolenza, a costringere santamente un uomo, regolamente sposato, ad essere fedele a sua moglie anche se ha continuamente istintualità extraconiugali o, in seguito, perfino omosessuali. Questo perché le altre relazioni danneggerebbero sicuramente la prima configurando l'esercizio di quella sessualità come sregolata e perciò illecita.
Ricerca: Invece quello che spinge un uomo a star vicino al suo compagno nei momenti più bui e difficili della vita che cos’è, un amore finto, con secondi fini? Un pastrocchio di sentimenti confusi, distorti, incompiuti e inconsapevoli?
Bery: Aspetti di dedizione, che configurano al livello umanamente più alto, l'amore come puro dono, sono quelli realizzati da persone che rinunciano ad eros e affetti umani per perseguire finalità superiori (consacrazione, dedizioni a cause umanitarie, alla scienza, alla beneficenza, sacrificio della vita per difendere l'innocente ecc...). Sembra che tale amore sia stato alla base anche del celibato di Cristo e del suo non tirarsi indietro davanti alla concretezza della passione.
Ricerca: Su questo, nulla da ridire.
Bery: Ripeto: la lettura dell'enciclica del Papa aiuterà chiunque a fare chiarezza. Perlomeno a capire l'ottica in cui si muovono i cattolici quando parlano di "amore". Amore altrimenti è una parola ambigua che permette a tutti di avere ragione, se non si capisce che uno sta parlando solo di amore erotico, uno di un amore di filìa, e uno di amore agapico. Ed anche fonte di confusione non considerare che l'amore umano comporta non solo la compresenza armonica dei vari aspetti ma anche la loro gerarchizzazione e, ove non sia possibile la convivenza, la scelta del superiore a svantaggio dell'inferiore.
Ricerca: Bene.
Tutte queste suddivisioni e gerarchie, splendide nell’astratta purezza dei concetti, nel concreto della vita mi fanno pensare a un cuore a compartimenti stagni, un cuore che potrebbe vivere nell’iperuranio e che nel mondo concreto andrebbe bene per una macchina più che per una creatura fatta di carne e sangue.
Ma non è questo il punto,
il punto è che tu non dimostri affatto che la presenza dell’eros in una relazione omosessuale debba necessariamente contaminare e snaturare gli altri due tipi di amore (ove essi siano presenti).
Non mi dimostri né razionalmente, né empiricamente il tuo “aut aut”.
Non mi dimostri insomma che l’aspetto agapico dell’amore non può darsi in alcun caso in questo contesto.
Questa era d’altronde la mia domanda, che ha avuto solo una risposta che io ritengo del tutto inadeguata dal punto di vista razionale.
Leggerò l’enciclica. Nel frattempo ho riletto la “Homosexualitatis problema” del 1986.
Un testo cautissimo.
P.S. So che hai altro da fare e spero che scuserai ancora la mia "prepotenza".
Un saluto da oriente
Alex
[Modificato da Ricercasulterzo 26/04/2006 10.09]