Odifreddi e il Dio demiurgo

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giainuso
00venerdì 14 marzo 2008 17:58
In principio il nulla ?
In realtà la creazione dal nulla è un’invenzione di Ireneo,ripresa da Agostino di Ippona,che nelle Confessioni stabilisce l’interpretazione autentica dell’inizio del Genesi :

“Sei tu,Signore,tu che nel principio originato da te,nella tua Sapienza nata dalla tua sostanza,hai creato qualcosa,e dal nulla.Hai creato i cieli e la terra,ma non traendoli dalla tua sostanza,perché in tal caso sarebbero stati cosa uguale al tuo unigenito,quindi a te….Fuori di te non esisteva nulla da cui potessi trarre le cose,o Dio,Trinità una e Unità trina.Perciò creasti dal nulla il cielo e la terra.

Se però si va a leggere cosa dice effettivamente l’originale ebraico del Genesi si trova soltanto un testo che nell’edizione ufficiale della Bereshit (Bery… [SM=g27822] ) Rabah dice:

In principio della creazione di Dio del cielo e della terra,quando la terra era informe e deserta,e le tenebre ricoprivano l’abisso,e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque Dio disse :”Sia luce!” e luce fu.


...è comunque chiaro che il buon Elohim del Genesi non è altro che un povero Demiurgo,come quello del Timeo platonico: un letterale “lavoratore pubblico” (da demion,”pubblico”,ed ergon,”lavoratore”), un metaforico “artigiano”,”plasmatore” o “manipolatore”, che lavora su una materia preesistente chiamata ”terra informe,deserta,tenebrosa e ventosa”,ma per farne cosa ?

Anzitutto il dì e la notte, e poi il firmamento (da lui chiamato “cielo”), le terre emerse (da lui chiamate ”terra”) e i mari.Il che significa che, per evitare fraintendimenti, il primo versetto del Genesi andrebbe tradotto letteralmente con: ”In principio gli dei crearono il firmamento e le terre emerse”.
(Perchè non possiamo essere cristiani.P.Odifreddi-Loganesi)

___________

Tralasciando l’ultimo passaggio sulla natura di Elohim,mi interessa il vostro parere sul concetto evidenziato.Il testo,solo il testo,davvero non lascia dubbi sull’idea di un creatore/demiurgo ?


Ciao a tutti,
Bruno
Polymetis
00venerdì 14 marzo 2008 18:29
"In realtà la creazione dal nulla è un’invenzione di Ireneo"

Davvero? Questo brano biblico è stato scritto decisamente prima di Ireneo: "Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l'origine del genere umano." (2Mac 7,28)

"”plasmatore” o “manipolatore”, che lavora su una materia preesistente"

Teoria tanto diffusa quanto inverificabile. Il testo inizia dicendo che Dio crea il cielo e la terra, motivo per cui la terra informe e deserta, insieme alle acque, che spuntano nel secondo versetto, possono tranquillamente riferirsi alle cose appena create.

"imo versetto del Genesi andrebbe tradotto letteralmente con: ”In principio gli dei "

Il plurale in ebraico non indica necessariamente una pluralità di persone. Infatti sebbene elohim sia grammaticalmente plurale, il verbo che lo segue (creò), è al singolare in ebraico.
Achille Lorenzi
00venerdì 14 marzo 2008 19:33
Polymetis ha scritto:

"In realtà la creazione dal nulla è un’invenzione di Ireneo"

Davvero? Questo brano biblico è stato scritto decisamente prima di Ireneo: "Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l'origine del genere umano." (2Mac 7,28)

Anche in Proverbi cap. 8 si parla di creazione dal nulla:

22 Il SIGNORE mi ebbe con sé al principio dei suoi atti,
prima di fare alcuna delle sue opere più antiche.
23 Fui stabilita fin dall'eternità,
dal principio, prima che la terra fosse.
24 Fui generata quando non c'erano ancora abissi,
quando ancora non c'erano sorgenti rigurgitanti d'acqua.
25 Fui generata prima che i monti fossero fondati,
prima che esistessero le colline,
26 quand'egli ancora non aveva fatto né la terra né i campi
né le prime zolle della terra coltivabile.
27 Quand'egli disponeva i cieli io ero là;
quando tracciava un circolo sulla superficie dell'abisso,
28 quando condensava le nuvole in alto,
quando rafforzava le fonti dell'abisso,
29 quando assegnava al mare il suo limite
perché le acque non oltrepassassero il loro confine,
quando poneva le fondamenta della terra,
30 io ero presso di lui come un artefice;
ero sempre esuberante di gioia giorno dopo giorno,
mi rallegravo in ogni tempo in sua presenza;
31 mi rallegravo nella parte abitabile della sua terra,
trovavo la mia gioia tra i figli degli uomini. (NR).

Achille
berescitte
00sabato 15 marzo 2008 06:17
La creazione dal nulla è esigita dalla ragione per forza di logica. Una ragione che in tal caso non sbaglia. Sbaglia chi la nega perché afferma la realtà dell'assurdo, cioè di una tesi che si autonega nel suo stesso porsi, pretendendo cioè che valga e non valga; schizofrenia pura. [SM=x570873]

E deriva tutta dall'analisi delle caratteristiche della creazione che non mostra di essere proprietaria di un proprio essere necessario (in filosofia si direbbe che accusa la propria costituzionale contingenza).
Attestato ciò - e per questo il discorso non è campato per aria ma parte dalla corposa realtà del reale e dall'assioma di intuitiva evidenza che dal nulla non può venire niente - ne deriva la conseguenza che se non ha l'essere da se stessa ce l'ha per partecipazione da una Fonte di essere che non sia a sua volta causata, altrimenti si cade nell'assurdo dei vagoni che si tirano l'un l'altro senza l'esistenza della locomotiva. [SM=x570868]

Così si arriva a Dio Causa incausata, per necessità razionale.
Non occorre la Bibbia per sapere questo.
E anzi, la Bibbia poggia il suo valore di pensiero rivelato da Dio su questa previa certezza. Altrimenti la rivelazione non sarebbe la rivelazione di Dio ma del nulla (che di regola è afono [SM=g27823] ).

Se poi la logica viene applicata anche al dato biblico (il che si chiama fare teologia) non occorre Ireneo a parlarci di creazione. Bastano le prime tre parole della Bibbia da cui si evince che all'origine (berescitte) Dio (Elohimme) c'era e fece qualcosa (barà) che non c'era.
E quell'origine non può essere che della creatura, perché Lui già c'era non avendo bisogno di origine, ahem... di ricevere il moto da un altro vagone essendo locomotiva. [SM=x570892]
Trianello
00sabato 15 marzo 2008 09:42
Ecco cosa pensa Odifreddi di Dio:



Il suo è il Dio di Spinoza, un Dio che si identifica con la natura. Peccato però che un tale Dio non regga all'analisi razionale e si risolva in qualcosa di intrinsecamente contraddittorio.
Sull'argomento A. Livi, Il principio di coerenza, Armando, Roma, 1997; M. Pangallo, Il Creatore del Mondo, Leonardo da Vinci Ed., Roma, 2004.
giainuso
00sabato 15 marzo 2008 09:59
Nel suo libro Odifreddi cita i Maccabei ma sostiene che una vera formulazione dell'idea della creazione dal nulla non sia propria del mondo antico.
Il Dio demiurgo non è una sua idea,sostiene però che volutamente,per far stare insieme la ragione,la Genesi e la scienza,l'esegesi comunemente accettata ignori il senso proprio dei versi di Genesi forzando le intenzione dell'agiografo.

Vi chiedo quindi se dal testo,e in considerazione della mentalità del tempo,è possibile escludere categoricamente che l'autore di Genesi stesse proprio pensando ad un Dio che crea il mondo dalla materia preesistente.

Ciao
Bruno

Trianello
00sabato 15 marzo 2008 10:29

Vi chiedo quindi se dal testo,e in considerazione della mentalità del tempo,è possibile escludere categoricamente che l'autore di Genesi stesse proprio pensando ad un Dio che crea il mondo dalla materia preesistente.



Il concetto di creazione è diffuso in tantissimi contesti culturali (su questo tema si veda D. Sabbatucci, Il rito, il mito e la storia, Bulzoni, Roma) e non è assolutamente qualcosa di tipicamente ebraico. Tipicamente greco, invece, è l'atteggiamento verso la realtà di cui è vittima Odifreddi. I greci non avevano il concetto di creazione (termine chiave della cultura greca, infatti, è il genos), nemmeno i loro più grandi filosofi riuscirono a superare questo ostacolo culturale, tanto che il Dio di Aristotele (che pure è concepito come motore immobile) non è un Dio creatore ed è solo causa finale del mondo. Questo, ovviamente, conduceva (a livello ontologico) ad una contraddittorietà di fondo del suo sistema filosofico, contraddittorietà che fu rilevata e risolta dai suoi interpreti cristiani (soprattutto da S. Tommaso d’Aquino) che, leggendo i suoi scritti alla luce del concetto biblico di creazione, trovarono una via sicura per venirne fuori.
Che gli ebrei avessero chiarissima la distinzione tra l’azione creatrice di Dio e le azioni delle creature è testimoniato anche dal mero dato linguistico rappresentato dal verbo ebraico barah, indicante il “fare” di Dio, che è un fare, appunto, che a differenza di quello creaturale, non presuppone alcuna condizione preesistente (è un fare icondizionato, un creare). Il problema nasce con la Settanta ed il Nuovo Testamento, che sono scritti in greco, in quanto, come dicevo sopra, i greci non disponevano di un termine equivalente al “creare” ebraico. Ed è, in fondo, su questa ambiguità linguistica che giocano i TdG per sostenere la “creaturalità” del Verbo.
Ultima nota filosofica: in termini stretti, caos e nulla sono la medesima cosa: un ente informe, vale a dire caotico, non è un ente… è nulla, in quanto non ha forma e quindi non può avere essere. In Genesi si parla di un Dio che fa il mondo a partire da una realtà intrinsecamente caotica. Qui si vuole esprimere (mediante un linguaggio non astratto) proprio il concetto di creazione, facendo dell’opera di Dio un qualcosa che non presuppone un ordine preesistente, e che, pertanto, non ha presupposto alcuno ed è dal "nulla".
giainuso
00sabato 15 marzo 2008 17:49

Ultima nota filosofica: in termini stretti, caos e nulla sono la medesima cosa: un ente informe, vale a dire caotico, non è un ente… è nulla, in quanto non ha forma e quindi non può avere essere. In Genesi si parla di un Dio che fa il mondo a partire da una realtà intrinsecamente caotica. Qui si vuole esprimere (mediante un linguaggio non astratto) proprio il concetto di creazione, facendo dell’opera di Dio un qualcosa che non presuppone un ordine preesistente, e che, pertanto, non ha presupposto alcuno ed è dal "nulla".



Adriano credi veramente che l'autore di Genesi procedesse attraverso questa simbolica rappresentazione filosofica del nulla e non stesse molto più semplicemente indicando che Dio modella la materia ? [SM=x570872]

Ciao
Bruno

Topsy
00sabato 15 marzo 2008 18:23
Re: In principio il nulla ?
giainuso, 14/03/2008 17.58:



___________

Tralasciando l’ultimo passaggio sulla natura di Elohim,mi interessa il vostro parere sul concetto evidenziato.Il testo,solo il testo,davvero non lascia dubbi sull’idea di un creatore/demiurgo ?


Ciao a tutti,
Bruno





Ricordo che questo argomento fu discusso tempo fa in questo stsso forum; all'epoca riportarai alcune considerazioni di parte ebraica sulla questione.

Le ripropogno:

"Bereschit barà Elohim et hashamayim ve'et ha'arets..."
"In principio Dio creò, il cielo e la terra..."
Genesi 1,1


Il verbo ebraico "baràh", viene "tradizionalmente" reso con "creare dal nulla", si tratta della cosiddetta creazione ex-nihilo, Dio chiama all'esistenza le cose che non sono.
Tuttavia la consolidazione di questa idea di creazione ex nihilo, è prettamente tarda.
Gershom Scholem(1897-1982), è una delle massime figure nel campo degli studi ebraici, in particolare della mistica, annota tuttavia in "Concetti fondamentali dell'ebraismo" Marietti 1820, che le fonti bibliche parlino di una creazione dal nulla, non è affatto scontato. Non c'è luogo della Bibbia Ebraica in cui si usi questa espressione, e dall'altra parte anche la letterettura rabbinica presenta considerevoli oscillazioni nel denotare la creazione originaria. Molti dei suoi esponenti infatti escludevano che Dio avesse avuto di fronte a sè una qualsiasi materia che Egli avrebbe, per così dire, elaborato; altre autorità rabbiniche invece lasciano aperta la possibilità che la luce che, da sempre come un mantello avvolgerebbe Dio con i suoi raggi, costituisca essa stessa la materia primigenia della creazione.
Nella tradizione ebraica è rimasto sempre controverso se effettivamente questa luce sia da considerarsi creata o increata. Intorno al II secolo un resoconto talmudico riporta la discussione tra rabban Gamaliel e un filosofo gentile che gli diceva:"Davvero, il vostro Dio è un grande plasmatore. Ma va detto che egli si trovava a disporre di ragguardevoli ingredienti, come il "Tohu wa-bohu", le tenebre, le acque, il vento e l'abisso che gli furono d'aiuto e con i quali egli fece ciò che ha fatto". In realtà, proprio il secondo versetto del I capitolo della Genesi, in cui questi "ingredienti" vengono introdotti, si presta alle più diverse interpretazioni. Nelle trattazioni aggadiche hanno trovato posto concezioni che si discostano sensibilmente dall'idea di una creazione dal nulla.

Nell' opera aggadica, Capitoli di rabbi Eliezer (Pirkè de -rabbì Eliezer), si dice (cap.III): "Da dove sono stati fatti i cieli? Dalla luce della veste in cui Egli era avvolto: Egli le afferrò e la distese come un manto ed essi (i cieli)cominciarono ad espandersi incessantemente. Da dove conosciamo tutto questo? Lo conosciamo perchè è detto (Salmo 104,2) "Avvolto di luce come di un manto stende i cieli come una tenda". Ciò da spazio all'idea che la luce stessa sia increata e costituisca una sorta di materia originaria. Le formulazione circa la "creazione del nulla" andrà affermandosi più tardi. In realtà, certe formulazioni (poi accantonate), lasciano intendere che una definizione effettivamente univoca non si è mai definitavamente consolidata, e verrano riprese e rielaborate nuovamente dalla mistica ebraica (Qabbalah).
Persino Mosè Maimonide,che nella sua Guida ai Perplessi teorizza e difende con la massima energia l'idea della creazione dal nulla, deve ammettere che la comprensione di determinati "luoghi biblici" risulterebbe facilitata qualora questa dottrina non venisse assunta nel suo significato "pieno e radicale".
E Josef Albo, uno dei massimi dogmatici dell'ebraismo medioevale, stabilisce che anche chi, sulla base di una diversa interpretazione dei passi biblici (di non facile lettura) negasse la creazione dal nulla, andrebbe cmq annoverato tra "i saggi e i pii d'Israele", il che significa ammettere che la negazione di tale tesi non costituisce eresia.



Shalom






Polymetis
00sabato 15 marzo 2008 19:13
“Nel suo libro Odifreddi cita i Maccabei ma sostiene che una vera formulazione dell'idea della creazione dal nulla non sia propria del mondo antico.”

E come può farlo visto che anche MAccabei fa parte del “mondo antico”? E poi che cosa sarebbe “il mondo antico”?
Una nota. Da dove avrebbero tratto i cristiani la loro idea di un universo creato dal nulla se non dagli Ebrei visto che quest’idea non è tipica del mondo greco?

“l'esegesi comunemente accettata ignori il senso proprio dei versi di Genesi forzando le intenzione dell'agiografo.”

Scusa ma non c’è nessuna forzatura, la lettura creazionistica è possibile quanto l’altra. I cosiddetti elementi di caos sono introdotti solo dopo un “In principio Dio creò il cielo e la terra”, motivo per cui trovarli nel versetto dopo non desta alcuno stupore.

“è possibile escludere categoricamente che l'autore di Genesi stesse proprio pensando ad un Dio che crea il mondo dalla materia preesistente.”

Certo che non è possibile escluderlo categoricamente, ma ci si aspetterebbe da una teoria non che “non sia possibile escluderla”, ma che ci siano degli indizi per affermarla, visto che Odifreddi sostiene che sia tanto palese, al punto che scrive: “è comunque chiaro che il buon Elohim del Genesi non è altro che un povero Demiurgo”. Chiaro dove?
Trianello
00domenica 16 marzo 2008 22:42

Adriano credi veramente che l'autore di Genesi procedesse attraverso questa simbolica rappresentazione filosofica del nulla e non stesse molto più semplicemente indicando che Dio modella la materia ?



Lo credo veramente, perché so di cosa parlo, a differenza di Odifreddi che non ha mai studiato storia delle religioni.
Dio in Genesi (che i greci intitolarono "Genesi" proprio perché non avevano un termine per indicare la creazione, termine che invece avevano gli ebrei) non modella nulla, al principio Dio crea (barah, che è il fare di Dio ed è attribuito solo ed esclusivamente a Dio nella Bibbia) il cielo e la terra. Che poi l'agiografo, che scriveva in un tempo in cui la filosofia con la sua terminologia stratta era di là da venire, non avesse termini astratti per indicare ciò di cui stava parlando, per cui si dovette servire di immagini, è un altro discorso. Come dicevo, il concetto di creazione è un qualcosa che troviamo in moltissimi contesti culturali (anche se non elaborato in senso filosofico, ovviamente), l’eccezione qui è rappresentata dai greci, i quali (per ragioni culturali) non riuscirono mai a far propria questa idea.
Odifreddi ha letto Platone e pensa di poter fare un parallelo tra il Dio di Genesi ed il demiurgo platonico, ma non è possibile fare questo parallelo, in quanto stiamo parlando di due contesti culturali troppo distanti tra di loro (di cui il primo è caratterizzato proprio dal “rifiuto” del concetto di creazione). Del resto, la storia stessa della filosofia occidentale ci dimostra come proprio l’incontro con la Bibbia portò all’introduzione del concetto di creazione in filosofia. Furono i filosofi cristiani i primi a parlare di “creazione”. Ora, è evidente che se tale concetto era sconosciuto ai greci, questi non possono averlo derivato dai filosofi greci che li avevano preceduti, ma dalla Bibbia. E' sempre ai filosofi ed ai teologi cristiani che dobbiamo il "chiarimento" filosofico di tale concetto, che fino ad allora si era retto esclusivamente su immagini.
Topsy
00lunedì 17 marzo 2008 02:57


Il verbo ebraico "barà" reso con "creò" viene riferito soltanto a Dio quando esprime l'atto di "creare", ma il termine può anche significare "tagliare", ed è riferibile in questa accezione, anche ad altri soggetti nel testo ebraico. Tuttavia "barà" non significa necessariamente "creò dal nulla".

Shalom
Trianello
00lunedì 17 marzo 2008 06:07
Infatti questo aspetto appartiene alla chiarificazione filosofica del concetto di “creazione” ed alla tematizzazione esplicita di ciò che distingue il “creare” dal generare, modellare, dar forma, ecc.
Per la Bibbia l'opera di Dio è unilaterale e (almeno tendenzialmente) non presuppone nulla, non è "limitata" da nulla. Il Mondo, per Platone (che in questo suo modo di pensare è tipicamente greco) è invece “generato” dall’incontro del Demiurgo con la Madre del Mondo (chora), il Demiurgo rende fecondo lo spazio con le idee (per i greci, nella generazione, la donna aveva una funzione meramente passiva, così come la "materia prima", intesa come pura potenzialità).
Come è risaputo, per Platone (così come per tutti i filosofi pot-parmenidei) il problema era rendere non-contraddittorio il divenire, solo che egli non riuscì a venir fuori completamente dal problema posto da Parmenide (così come non vi riuscì Aristotele e non vi riuscì nessun altro filosofo greco), proprio per la sua incapacità di andare al di là di determinati limiti culturali. Sarà l’ebreo ellenizzato Filone di Alessandria (a partire dal suo commento alla Genesi), pur leggendo ancora in senso platonico l'opera di Dio come "a partire" da una materia fondamentalmente pre-esistente, che getterà le basi, grazie ad un concetto di Dio come completamente "altro" rispetto alla creazione, per un’ontologia del divenire finalmente resa coerente grazie all'idea di una creazione dal nulla (che troverà nei filosofi cristiani il suo sviluppo definitivo).
In buona sostanza, è vero che Genesi non parla esplicitamente di una creazione dal nulla in senso stretto (che è frutto di una chiarificazione metafisica del concetto di creazione), ma è ancor più vero che in nessun modo è possibile confondere il Dio della Bibbia (che è assolutamente trascendente) con il Demiurgo platonico che "genera" il Mondo fecondando con le idee pre-eistenti il seno di sua "Madre".
berescitte
00lunedì 17 marzo 2008 08:11
Amica Biblia sed magis amica veritas. Lo dico paradossal-mente ma...

DICE QUESTO DICE QUELLO… EMBEH?
Sapere cosa intendeva dire Tizio e cosa capiva Caio, se la Bibbia dice questo o non lo dice, se quel tal pensatore è stato interpretato correttamente dicendo che diceva... eccetera... è interessante, ma rientra nella scienza accademica.
Voglio dire che anche se non risultasse che la Bibbia dicesse a chiare note l'idea di creazione, se fosse anche vero che alla mentalità sia dell'agiografo che del "lettore" biblico del tempo la parola "barà" fosse intesa come un semplice "fare" e non con il diversissimo (per la mentalità evoluta moderna) "creare", ciò non significherebbe che non esiste la creazione e che Dio deve essere stato per forza un "plasmatore" di realtà preesistente.
In effetti così come è impossibile - sulla base di evidenza immediata dell'essere che ci circonda e di cui noi stessi partecipiamo, e della sua contingenza costituzionale - che Dio non ci sia, allo stesso modo e per lo stesso motivo di evidenza risulta che il mondo non può essere che causato non solo quanto alle sue proprietà scientifiche (alle quali soltanto fa riferimento Odifreddi e gli scienziati) ma anche quanto al suo stesso essere (il che non è più competenza di scienza ma di filosofia). Pertanto la creazione dal nulla è certa, lo ripeto, indipendentemente dalla Bibbia.

Non vorrei infatti che sotto sotto si segua l'idea - sempre fondamentalista e acritica - che solo la Bibbia ci dia la verità su ogni tipo di sapere. Essa ci dà in religione il pensiero assoluto di Dio, ma nel resto esprime solo il sapere umano degli scrittori del tempo che se non avevano l'idea di creazione tanto peggio per loro.
A noi interessa cosa possiamo e dobbiamo ricavare dall'analisi intelligente dei nostri dati; interessa sapere cosa sia vero o no. E se risulta, fuori di ogni dubbio, che dal costato squarciato di Gesù morto poteva uscire sangue ma certamente non acqua, sarà la Bibbia a dover accusare la propria imprecisione di fronte alla realtà dell'essere delle cose che viene afferrata meglio ricorrendo ad altre discipline.


PER UNA VERITA’ SOPRA-AUTORALE
Per Trianello, tomista come me, ricorderò che se oggi è interessante sapere cosa dicevano Aristotele e come lo spiegava e perfezionava San Tommaso, è pur vero che la Chiesa (saggia o astuta?) nel suo credo, che si basa su verità e procedimenti logici accertabili filosoficamente, dichiara apertamente da non dipendere da alcuna filosofia e teologia. Essa fa suo tutto ciò che di utile c'è nell'una e nell'altra disciplina da qualunque autore sia detto. Per cui il suo pensiero non può essere identificato in tutto e per tutto con la posizione di nessuno di essi. Se così fosse, nel momento che venisse fuori uno studio critico che dimostrasse che si è equivocato sul pensiero di S. Tommaso riguardo a un punto nodale, vedremmo un nostro pilastro teologico perdere il suo fondamento.

E parimenti, se essa sposasse totalmente il pensiero di tali autori, dal momento che nessuno ha la verità assoluta ma tutti sono perfettibili, avremmo che per tacitare anche la forza più granitica di una posizione basterebbe etichettarla come "tomista" o "aristotelica", facendole diventare cioè posizioni "storiche", relative, transeunti, parziali, oggi sorpassate e quelle che ancora non sono sorpassate lo potrebbero essere.
Ecco perché mi interessa far capire che quando uno mi dice che sono tomista, e lo dice illudensodi che con questa semplice etichettatura lui può relativizzare la mia posizione, la verità è non che io sono tomista ma che, in quel caso il mio pensiero coincide con quello di S. Tommaso (dato e non concesso o in certi casi concesso che egli avesse voluto dire ciò che dico io adesso). Sganciare la verità dal relativismo in cui vorrebbe relegarla quello che a ben vedere è un assolutismo dogmatico dei relativisti, dei fondamentalisti, degli storicisti eccetera... e dei biblicisti compresi Ecco cosa è che importa per darle una base affidabile.

LO DICE LA BIBBIA O LO DICE LA MIA COMUNITA’ DI FEDE?
Come cattolico perciò dico e ribadisco, per esempio, che io non sono trinitario perché la Bibbia contiene esplicitamente o allude alla Trinità divina. Come posso mai dirlo io con assoluta certezza? Io che non conosco neanche l’ebraico e so di greco quanto ne sa un liceale? Eppure sono certissimo di tale verità perché la mia Chiesa (che appunto è la base della mia fede; cf "chi ascolta voi ascolta me") dice che essa fa parte della rivelazione divina. E' lei che ce la vede. E se ce la vede vuol dire che c'è, anche se altri non ce la vedono. E tale certezza deriva dal fatto che è lei (ecco cosa va accertato previamente!) che è la vera comunità legittima e indefettibile che risale a Gesù.
Questo è il discorso onesto di base. Discorso che sembrano dimenticare coloro che invece di dire onestamente "la mia comunità di fede legge che nella Bibbia si esprime il tal pensiero..." dicono "La Bibbia dice:::" assegnando direttamente al libro, cioè a Dio, senza alcuna mediazione, la propria veduta. Il che è anche un modo per impressionare (leggi: millantato credito, abuso di potere, intimidazione).
E’ infatti questo lo schema che la WT usa per mettere in ginocchio i suoi fedeli. E funziona! Nonostante lo usi con una brutalità e grossolanità sconcertante (si pensi a Rutherford). Grossolanità che viene però “salvata” dall’essere svergognata grazie alla tecnica della “big lie” che può infischiarsene di questo nostro e di mille altri “forumetti” critici del suo pensiero. Anche se poi è costretta a parare il boomerang che quando la dottrina attribuita alla Bibbia risulta sbagliata o imprecisa è Dio ad aver sbagliato; anzi addirittura ad aver giocato a confondere le idee perché a questo punto avremmo che la Bibbia-Dio-Gesù a una comunità dicono una cosa e ad un'altra una cosa diversa. Il che è intollerabile. E qui la WT non la spunta. E qui chi capisce esce.

Scusate ma lo stimolo mi è venuto da un pieghevole piccolo così della WT dove, su cinque minuscole facciate, viene martellato una ventina di volte che è la Bibbia a dire che... Dietro il legittimo desiderio di scoprire qual è il pensiero rivelato, si usa appunto la Bibbia come paravento o “buca” del teatro dentro la quale esiste e non può non esistere il "suggeritore".
Topsy
00lunedì 17 marzo 2008 20:39
Per giainuso:


Per tentare di affrontare il tema della “creazione” secondo categorie di pensiero ebraico affidandoci ai suoi commentatori, si deve (ahimè) lavorare parecchio, in quanto addentrarsi nell'ebraismo, significa incontrare tanti nomi e opinioni diverse che si rimandano costantemente le une alla altre. L’atteggiamento tipicamente ebraico di argomentare a partire dal testo sacro, è quello di prospettare una pluralità di interpretazioni possibili, anche contraddittorie di ogni versetto. Il Talmud ad esempio le affianca l’una accanto all’altra senza preoccuparsi di risolverle, conservandole nella loro drammatica “tensione”.
Questo implica che ogni domanda, rimanda ad una pluralità di risposte e commenti, non sistematizzati in un corpo unitario ed organico di credenze. Questo perciò rende più impegnativo indagare a fondo cu certe tematiche…inoltre metti anche in conto che il linguaggio utilizzato nelle opere rabbiniche dai maestri dell’aggadà, si presta a diverse interpretazioni.

Mentre l’idea della creazione ex-nihilo trovò ampio diffusione nell’ebraismo già nella generazione che precedette l’affermarsi del cristianesimo, l’aggada rabbinica presenta considerevoli oscillazioni nel denotare la creazione originaria. Molti dei suoi esponenti escludevano che Dio avesse avuto di fronte a sé una qualsiasi materia che Egli avrebbe elaborato; altre autorità invece, lasciavano aperta la possibilità che la “luce” (emanazione divina?) che ammanta Dio fosse la materia primigenia della creazione.

Dato che è rimasto sino ad oggi controverso ed irrisolto, se tale” luce” sia da considerarsi creata o increata, ciò ha fornito un formidabile appiglio ai mistici dell’ebraismo per la loro reinterpretazione della creazione dal nulla: “La sua creazione non è l’atto di formare qualcosa dal nulla, ma l’atto della rivelazione. La creazione è un’amanazione della luce divina, il suo segreto non è la nascita di qualcosa di nuovo ma la trasformazione della realtà divina in qualcosa di definito e limitato, in un mondo” (Adin Steinsaltz; “La rosa dai tredici petali”, Giuntina). Ed anche l’ebraismo chassidico ha finito con il riprederlo e riproporlo, senza essere tacciato di eresia.

In effetti, la letteratura midrashica e talmudica sull'Opera della Creazione (Ma'ase Bereshit) sembra riprendere spesso l'idea (biblica) di una materia caotica primordiale che Dio avrebbe «trasformato» e «organizzato» in un cosmo ordinato, orientato e totalmente rinnovato. Bisogna considerare che l'obiettivo polemico dell'esegesi rabbinica non era tanto la credenza filosofica in una materia preesistente quanto l'idea gnostica che forze negative fossero da sempre legate al mondo e in opposizione all'opera di Dio. Queste forze potevano essere individuate nei primi versetti della Scrittura: il Tohu wa-Bohu, le acque, le tenebre, l'abisso. In un caso, l'aggadah rabbinica fa della luce (legata al mantello di Dio) la materia originaria da cui sarebbero stati creati gli altri elementi del cosmo: si è vista qui la traccia di una prima idea di emanazione (Vedi le opere di Gershom Scholem e Maurizio Mattolese sull’argomento).


Shalom!
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