e le mie scuse
le mie scuse
Buongiorno a tutti! Conosco il sito di Achille da diversi anni. Due anni fa mi sono anche iscritta... Forse qualcuno tra voi si ricorderà di Abigail78. Sono io. Mi scuso per come mi sono comportata allora e mi scuso per non essermi scusata prima. Cosa avevo fatto? Semplicemente mi ero iscritta, avevo parlato della mia esperienza, avevo anche ritrovato un amico di infanzia e poi, assalita dai sensi di colpa, un giorno ho cancellato tutti i miei post e sono scomparsa. Alcuni di voi si erano chiesti che fine avessi fatto. Ed io, vigliaccamente, mi sono guardata bene di dare spiegazioni. Chiedo ancora venia. Sinceramente.
Se si entra a casa di qualcuno, almeno bisognerebbe salutare prima di uscirne di corsa. D'altronde, e questa è una giustificazione ironica, sono una ex tdg. L'educazione non sempre fa rima con tdg. E forse neanche completamente con una ex tdg.
In breve la mia storia, che non è diversa da quella di molti altri. Sono nata in una famiglia di Tdg da molto tempo. I miei parenti più prossimi (nonni paterni e materni, zii di primo grado) sono Tdg. Non Tdg all’acqua di rose. Tdg convinti. Ferventi. Bigotti.
Ho trascorso quasi 18 anni nei Tdg. I miei erano molto severi. Se non si stava attente alle adunanze,(io e mia sorella) tornate a casa ci facevano sedere immobili per la stessa durata dell’adunanza, con una cassetta del regno. Guai a muoversi o erano botte. Già solo a scriverlo mi viene male. Ero una specie di soldatino. La disciplina era applicata costantemente e senza remore. Se non mangiavi ciò che c'era nel piatto volavo schiaffi. Tutta una serie di cose che non si poteva fare. Non potevamo guardare nemmeno i puffi!
Grazie al mio carattere solare non mi sono mai sentita diversa dagli altri ragazzi: certo io e mia sorella non potevamo giocare con i ‘bambini del mondo’ ma era un bisogno che non sentivamo. In seguito, a scuola, evitassimo del tutto le possibilità di incontro con i coetanei non Tdg. Per fortuna nella nostra congregazione c’erano diversi ragazzi della nostra età e poi noi ci sentivamo migliori degli altri. Fortunatamente ci fù consentito di frequentare le superiori (ovviamente non licei, anche se io avevo talento nel disegno, nelle lettere e nelle lingue straniere) e nel contempo ci trasferimmo in un’altra città ed in un’altra congregazione. Lasciati i luoghi e le persone dell’infanzia, ci ritrovammo in un’altra congregazione, dove venimmo subito guardate con diffidenza, perché di bell’aspetto. Cominciarono i problemi, le inimicizie, gli appunti rispetto alla quantità consona di risate che si potevano fare, il centimetro pronto a misurarti la gonna e tutte le altre amenità. Tutto ciò offendeva la mia intelligenza, ma ad una donna tdg non viene richiesta tale qualità. Una donna tdg deve essere rispettosa, di poche parole, fervente ma non troppo, modesta…. Odio questo termine: esso mi ha accompagnato tutta la vita. : - Devi essere più modesta… devi essere meno chiacchierona… devi essere più rispettosa dell’uomo… -. (Non è che la stia facendo così breve, eh…) Comunque sia io ci credevo per davvero. Sentivo il fervore dentro il cuore. Non mi sono mai più sentita così a posto con me stessa, così giusta, come allora. Invece il rapporto con i miei faceva schifo. Secondo loro ero troppo ribelle. Questo perché contestavo dei bisogni emotivi e delle mancanze da parte loro che con la crescita non riuscivo più ad accettare. Ero piena di rancore e livore. Sapete, mia madre non mi ha mai portato una volta ai giardinetti. Ci credete? Non mi ha mai letto una storia prima di andare a dormire. Mia madre e mio padre non sapevano nemmeno bene che scuola, che anno frequentassi. Dove fosse la mia classe. Chi fossero i miei professori. Mia madre e mio padre desideravano solo che fossi una brava sorella. Ed io lo ero. Ma non abbastanza. Vennero degli anziani a casa per riprendermi sulla mia mancanza di rispetto per i miei. Per il mio essere ribelle. Mai i miei genitori si chiesero se stavo soffrendo e perché. Trascorse il tempo e mi chetai. Chiesi di essere battezzata. Gli anziani rifiutarono e io ne soffrìì molto perché non ne comprendevo il motivo. Dopo qualche tempo mi fu concesso di farlo. Avevo 17 anni. I miei erano soddisfatti. Io ero soddisfatta. Se non altro speravo che la comunità si accorgesse che il fatto di essere carina non voleva dire non essere una brava sorella. Le cose però non cambiarono. Nonostante il servizio. I commenti. Io ero una da commenti sentiti. Una che studiava e leggeva sul serio. Sicuramente avrebbero preferito io fossi meno. Meno tante cose.
Il mio sogno era quello di visitare la Betel e, battezzata da qualche mese, non mi fu consentito. L’anziano organizzatore mi aveva detto : - Non ho tempo di correre dietro alle tue gonnelline svolazzanti: - . Me lo ricordo come se fosse ieri e sono passati più di 10 anni. Questa era l’aria che si respirava. Mi scoraggiai… e caddi in uno stato semi depressivo. Naturalmente chi avrebbe dovuto accorgersene, non lo fece. Affatto. Smisi di frequentare. Poi fui letteralmente obbligata, pena ‘lo sbattimento fuori di casa’ (spauracchio che mi ha accompagnato tutta la vita) a testimoniare ad un comitato giudiziario contro alcuni ragazzi che ad una festa nella quale anche io partecipai, avevano fumato e bevuto alcolici in una festa. Tra loro c’era il ragazzo che io amavo. Tutto questo mi diede la mazzata finale. Il mio stato di angoscia aumentò. Provai la prima sigaretta. Sembrava che mi calmasse. Per fumo, rea confessa, fui disassociata.
Questa è la storia di una vita rovinata da una religione che, nonostante le letture fatte su questo sito, nonostante il tempo trascorso, ancora riesce a cancrenarmi la vita.
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere tutto questo.