Giudei e Cristiani nel I secolo

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Topsy
00venerdì 7 agosto 2009 19:36

"Giudei e cristiani nel I secolo
continuità, separazione, polemica".
Il pozzo di Giacobbe, 2006.
A cura di Maria Beatrice Durante Mangoni e Giorgio Jossa.




Descrizione
Qual è la fisionomia del cristianesimo del I secolo? In che misura le sue origini si pongono in continuità con il giudaismo? E cosa si intende oggi per giudaismo? A tali questioni propongono una risposta i sei studiosi di storia del giudaismo del Secondo Tempio e di storia delle origini cristiane; ciascuno di loro procede nella propria analisi secondo una personale metodologia, avvalendosi di approcci diversi: filologico, sociologico, ermeneutico, teologico.

L´innestarsi del movimento di Gesù nel contesto giudaico, e, tuttavia, la sua novità, fanno scaturire una tensione, a volte polemica, che ha contraddistinto i rapporti tra giudei e cristiani nel I secolo. Inserendosi nel vivace dibattito sui rapporti tra cristianesimo e giudaismo, gli autori, coordinati da Giorgio Jossa, fanno un´accurata lettura delle fonti, individuando alcuni momenti e passaggi particolarmente significativi nell´ambito di queste relazioni. Ne risulta un testo eterogeneo, per via delle differenti impostazioni di ciascun contributo, ma al contempo ricco di intuizioni e di nuovi spunti e piste di ricerca. Pregio del lavoro è aver raccolto apporti provenienti da esperti di entrambi i contesti, giudaico e cristiano: con ciò si evita un´eccessiva settorializzazione, assicurando all´analisi lucidità e apertura.

Il libro è il frutto dell´attività di ricerca svolta nell´ambito di un Progetto finanziato dalla Regione Campania e dal Dipartimento di Discipline Storiche dell´Università Federico II di Napoli.



Topsy
00venerdì 7 agosto 2009 20:54

Certamente è un libro ben fatto, che cmq a mio avviso dovrebbe essere affiancato da un'opera altrettanto seria e documentata che riesca a fornire un'idea equilibrata del giudaismo del II Tempio. Purtroppo, la prospettiva adottata da G.Boccaccini in "I giudaismi del Secondo Tempio, da Ezechiele a Daniele,Ed. Morcelliana" che riporta in sintensi la tendenza attuale della ricerca degli studiosi d'oltreoceano (J.Neusner in testa), si è rivelata alquanto problematica. Alcuni di questi autori sulla scia dell'entusiasmo generato dal profondo rinnovamento degli studi recenti sul medio giudaismo, hanno preferito parlare di "giudaismi" piuttosto che di "giudaismo"; tuttavia la sostituzione del concetto di giudaismo con quello di giudaismi, risolve un problema per crearne uno nuovo. Il "plurale" giudaismi richiede difatti qualche definizione del giudaismo al "singolare", se vuole avere un significato; dunque giunti a questo punto, gli autori che aderiscono a questo filone della ricerca, si sono come dire, persi un pò per strada...
Polymetis
00venerdì 7 agosto 2009 23:34

Il "plurale" giudaismi richiede difatti qualche definizione del giudaismo al "singolare", se vuole avere un significato; dunque giunti a questo punto, gli autori che aderiscono a questo filone della ricerca, si sono come dire, persi un po' per strada...



Forse a questi autori farebbe bene un approccio come quello del secondo Wittgenstein. Ad un certo punto questo filosofo era andato in crisi, perché trovava una difficoltà a definire il concetto di "essenza". In questo caso il problema sarebbe "che essenza comune c'è dietro ai vari giudaismi"? Wittgenstein si chiedeva similmente "che cos'è che rende tutti i giochi dei "giochi"? Perché chiamiamo gli scacchi e il calcio, pur così diversi, entrambi dei giochi? Qual è il punto in comune di tutti i giochi? L'esempio gli serviva per arrivare al problema del linguaggio: che cos’è un linguaggio e perché chiamiamo "linguaggio" enunciati che fanno cose tanto diverse, come ad esempio esclamare e descrivere, che cos'hanno in comune? La risposta è che in comune non hanno niente. Wittgenstein si risolse di chiamarle "somiglianze di famiglia". Diciamo che noi all'intero di un gruppo notiamo una sorta di somiglianza di famiglia in quanto l'individuo A ha alcuni tratti di B, e B ha alcuni tratti di C, e C altri tratti di A, ma non necessariamente quelli che B aveva in comune con A. Così scrive Wittgenstein:

"Invece di mostrare quello che è comune a tutto ciò che chiamiamo linguaggio, io dico che questi fenomeni non hanno affatto in comune qualcosa, in base al quale impieghiamo per tutti la stessa parola, - ma che sono imparentati l' un con l' altro in modi differenti. E grazie a questa parentela, o a queste parentele, li chiamiamo tutti linguaggi. Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio che con l'espressione somiglianze di famiglia; infatti le varie somiglianze che sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappongono e si incrociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, colore degli occhi, modo di camminare, temperatura, eccetera. E dirò: i giochi formano una famiglia ". (Ricerche filosofiche, 65 e 67)

Se dunque anche non esistesse un qualcosa che è in comune a tutti i giudaismi, se non esistesse cioè l’essenza del giudaismo, non di meno esisterebbe una famiglia di giudaismi variamente imparentati tra loro, e il giudaismo sarebbe questa somiglianza di famiglia.
Topsy
00sabato 8 agosto 2009 00:49

Per tentare di superare la situazione di stallo a cui gli studiosi sono giunti, l’A. pensa al giudaismo come ad un genus. Un genus è per definizione una categoria di classificazione, che si pone gerarchicamente al di sopra della specie e al di sotto di una famiglia. Ora la famiglia è quella delle religioni abramitiche, che include l’intera varietà di sistemi monoteistici che si sono originati dalle stesse radici medio-orientali come un albero rigoglioso, o per usare la parole di M.Jaffee, “tutte le religioni che rivendicano una rivelazione dal Dio che per primo si fece manifesto a Israele”. La famiglia delle religioni abramitiche include diversi genera: giudaismo, samaritanesimo, cristianesimo e islam.
Vecchia Marziana
00sabato 8 agosto 2009 10:21
Grazie della segnalazione Topsy,
lo cerco e lo compro e lo studio,così che eviterò di pensare e dire sciocchezze frutto della mia ignoranza.
Gabriella
Topsy
00sabato 8 agosto 2009 11:03

Si Gabriella, è senza dubbio una piacevole lettura. Gli autori tentano anche, come molti altri, di offrire tutta una serie ragionata di motivazioni che avrebbero progressivamente segnato il distacco della primitiva comunità cristiana dal giudaismo; la frattura si è senz'altro verificata ma, in che modo e in che tempi?

Reietto74
00sabato 8 agosto 2009 11:54
Re:



Pregio del lavoro è aver raccolto apporti provenienti da esperti di entrambi i contesti, giudaico e cristiano: con ciò si evita un´eccessiva settorializzazione, assicurando all´analisi lucidità e apertura.





chi sono gli esperti del contesto giudaico nel libro?
Topsy
00sabato 8 agosto 2009 12:25

Luca Arcari. Dottore di ricerca in Storia Antica presso l'Università "Federico II" - Napoli.
A questo link avevo segnalto una sua opera.
Maria Beatice Durante Mangoni. Dottore di ricerca in Storia Antica presso l'Università "Federico II" e specializzata in Teologia Biblica presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale.
Dario Garribba. Dottore di ricerca in Storia Antica presso L'Università "Federico II" di Napoli.
Giorgio Jossa. Oridnario di Storia della Chiesa Antica presso l'Università Federico II e docente inviato presso la Pontificia Facoltà teologica dell'Italia Meridionale - Napoli.
Marco Vitelli. Dottore di ricerca in Storia Antica presso l'Università "Federico II" - Napoli.

Alcuni di loro li conosco personalmente, aderiamo alla stessa associazione (AISG - Associazione Italiana Per lo Studio del Giudaismo).
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