Francia e cure mediche

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Achille Lorenzi
00domenica 12 giugno 2005 07:14
Il comitato dei saggi ammette il rifiuto di cure

http://www.lefigaro.fr/sciences/20050610.FIG0282.html?074848
Le Figarò Scienza e Salute
[traduzione parziale mia]

Il medico deve piegarsi alla volontà delle persone che rifiutano cure per ragioni diverse? Il Comitato consultivo nazionale d'etica che si preoccupa delle divergenze tra i testi legislativi che prevedono, da un lato, che il paziente debitamente informato possa opporsi ai trattamenti e, dall'altra, che un medico ha l'obbligo di compiere ogni sforzo per salvare il suo paziente con il rischio di essere accusato di mancata assistenza a persona in pericolo, ha emesso ieri un parere equilibrato sulla difficile questione.

[...]

I termini del dibattito affrontato dal Comitato d'etica non si pongono in maniera univoca, in quanto le situazioni in gioco sono diverse: il rifiuto delle trasfusioni dei testimoni di Geova non ha le stesse conseguenze del rinuncio ad una ennesima chemioterapia per un cancro in una fase avanzata. Ed anche il livello d'autonomia degli uni e degli altri può essere diverso.

Il rifiuto di qualsiasi trasfusione solleva problemi difficili. In una situazione di emergenza, emorragia intestinale, incidente, parto, il medico si trova in un grave dilemma. Negli Stati Uniti, la mortalità nel parto delle donne Testimoni di Geova è quaranta volte più elevata che per le altre. Si deve accettare questo?

[...]

In questi vari contesti, il medico è relativamente solo. Il quadro giuridico non è di grande aiuto, essendo la giurisprudenza
relativamente contraddittoria. Così per esempio, nel 1981, il Consiglio di Stato ha sanzionato il Consiglio dell'ordine dei medici che aveva considerato insufficiente la prescrizione di sole cure palliative ad una paziente colpita da un cancro dell'utero e che rifiutava di sottoporsi a un trattamento efficace.

Mentre nel 1994, il Consiglio di Stato ha considerato che un medico che prescrive medicine omeopatiche ad una paziente che ha rifiutato qualsiasi trattamento aveva commesso un errore accettando di prescrivere i trattamenti illusori che l'avevano privata di una possibilità di sopravvivenza. La Corte di Cassazione nel 1988 ha condannato un medico che ha operato una paziente incosciente, senza il suo consenso, mentre non c'era necessità vitale. Infine, il tribunale amministrativo di Lille il 25 agosto 2002 ha considerato nel caso di un Testimone di Geova che il rifiuto da parte di un medico di rispettare la volontà di un paziente può essere giustificato da un pericolo immediato per la sua vita.

Se il Comitato d'etica ammette il rifiuto di cura nel quadro di una persona strettamente autonoma e debitamente informata, sottolinea anche la necessità «come sempre in situazione di crisi, di ricorrere non soltanto ad un secondo parere, ma anche ad un processo di mediazione per non lasciare soli, facci a afaccia, il medico, il paziente o eventualmente la sua famiglia».

[Modificato da Achille Lorenzi 12/06/2005 7.15]

Achille Lorenzi
00sabato 30 luglio 2005 11:14
Da un sito francese, sempre sullo stesso argomento:
http://www.seniorplanet.fr/sp.fr.php?id=10966&action=article&id_cat=329&page=1
(traduzione mia)

Subire o rifiutare le cure...

Il Comitato Consultivo Nazionale d'Etica (CCNE) per le scienze della vita e della salute ha presentato il 12 giugno il suo parere sul "rifiuto di trattamento ed autonomia della persona". Le sue raccomandazioni insistono sul rispetto tanto del paziente che del medico ed il loro riconoscimento reciproco. Dettagli.

"Che fare quando una persona malata rifiuta le cure che potrebbero salvargli la vita? La medicina è molto imbarazzata poiché il ragionamento la chiama al suo dovere", afferma Didier Sicard, professore di medicina interna, consulente dell'ospedale Cochin a Parigi e presidente del Comitato consultivo nazionale d'etica per le scienze della vita e della salute.

Creato dal decreto del 23 febbraio 1983, e dipendente quindi dalla legge del 29 luglio 1994, il Comitato consultivo nazionale d'etica per le scienze della vita e della salute è iscritto in quella del 6 agosto 2004, relativa alla bioetica. La sua missione consiste "nell'esprimere pareri sui problemi etici e le questioni sociali sollevati dai progressi della conoscenza nei settori della biologia, della medicina e della salute".

Il presidente aggiunge e completa: "Il comitato è completamente indipendente! Ha la capacità di condurre una riflessione sotto tutte le sue forme senza ambiguità". Oltre al suo presidente ed i suoi due presidenti d'onore nominati dal Presidente della repubblica, il CCNE è composto da trentanove membri: personalità derivate dalle principali famiglie filosofiche e spirituali, degli specialisti dei problemi d'etica, dei ricercatori.

Il loro ottantasettesimo parere riguarda "il rifiuto di trattamento e l'autonomia della persona". A partire da esempi concreti, presenta una somma di riflessioni contenute in una quarantina di pagine ed undici raccomandazioni. "Abbiamo messo in evidenza i paradossi ed i dilemmi. Il medico può essere danneggiato nel suo altruismo ed il paziente nel rispetto della sua soggettività, della percezione dei suoi mali di fronte all'obiettività dell'esperto. Il parere del comitato è di fare di tutto per facilitare il dialogo ", indica Didier Sicard.

I significati di un rifiuto (di cura)

Mario Stasi, avvocato alla Corte d'appello di Parigi, ex presidente del collegio degli avvocati dell'ordine e relatore del presente parere, ricorda: "La legge del 4 marzo 2002 (detta legge Kouchner) mette il paziente al centro del suo trattamento. Non è più soltanto oggetto di cura ma anche soggetto del suo trattamento. Ciò suppone il suo consenso e anche il suo diritto di rifiutarlo. I valori, entrambi rispettabili, del paziente e del medico entrano allora in conflitto. "Occorre ritardare i limiti del problema insolubile, per anticipare meglio le decisioni da prendere in caso di estrema urgenza", spiega il presidente del collegio degli avvocati Stasi. Al capitolo "rifiuto di trasfusione", il parere 87 considera: "Dei ginecologi ostetrici hanno fatto osservare che l'emorragia in occasione del parto è la prima causa di mortalità materna in Francia, e che (secondo uno studio americano pubblicato nel 2001) il tasso di mortalità delle donne testimoni di Geova che partoriscono è quaranta volte più elevate di quello delle donne che non appartengono a questa Comunità".

La commissione raccomanda un processo d'approccio e di dialogo per un riconoscimento reciproco del paziente e del medico. Invita a chiarire le motivazioni del rifiuto di cura del paziente. "La sua decisione non è sempre chiara. Può anche cambiare ", interviene Mario Stasi."

I rifiuti di perfusione, di tracheotomia, di chemioterapia vengono spesso da un timore della medicina e dei suoi effetti secondari che indeboliscono il paziente. "In cure psichiatriche, l'isolamento è generalmente l'azione che segue un rifiuto. Quando può essere una richiesta di aiuto", osserva il presidente del collegio degli avvocati Stasi. "Se il rifiuto è ispirato da una terza persona, il parere della commissione è di ricercare il completo disinteressamento da questa influenza".

Una risposta precisa caso per caso è impossibile, ma la relazione secondo il parere 87 invita alla vigilanza. "Un rifiuto di cura non è mai un rifiuto di assistenza. Bisogna evitare di impedire la sua scelta in una situazione di crisi e non ricorrere mai al ricatto o all'abuso di fiducia, del tipo: non è il caso di ritornare all'ospedale se non accettate queste cure! Con il dialogo, il corpo medico può liberarsi della mannaia della mancata assistenza a una persona in pericolo. La prassi deve essere contrassegnata dal rispetto e dare prova di infinita modestia". E citare a memoria Ippocrate: "Mettete due sgabelli di altezze uguali, perché colui che sa non superi colui che soffre".

Comitato consultivo nazionale d'etica (CCNE) per le scienze della vita e della salute
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