IL CODICE SINAITICO NATO DA COSTANTINO
Avvenire - 14 LUGLIO 2005
<< Ora possiamo affermarlo con buona sicurezza: il famoso Codice Sinaitico, che contiene gran parte dell'Antico e del Nuovo Testamento e che è conservato per oltre metà della sua interezza originaria, fu probabilmente une delle 50 copie della Bibbia commissionate dall'imperatore Costantino tra il 330 e il 350 d. C. >>. A confermare con una certa convinzione un sospetto nutrito da molti storici e paleografi è padre Justin, bibliotecario del Monastero di Santa Caterina sul Sinai, dove il Sinaitico è stato vergato in antico. Lo fa sulla base di recenti analisi condotte da monaci con l'ausilio di macchine fotografiche ad alta tecnologia, che hanno permesso la lettura delle glosse e soprattutto delle correzioni di numerosi scribi, contemporanei alla stesura del manoscritto o appena successivi; e dal contenuto di queste annotazioni marginali è possibile attribuire il lavoro di redazione del codice alla temperie storica e culturale costantiniana. Siamo a conoscenza di una affermazione, o quasi di una rinascita dell'interesse per le fonti cristiane proprio durante l'impero del figlio di Sant'Elena: ci fu il tentativo, testimoniato da numerosi editti, di rettificare il cammino della Chiesa disperso nei mille rivoli delle eresie e di indirizzarlo verso un'ortodossia salda e dogmatica;
e a tal proposito vennero redatte in greco e in latino (ma anche in altre lingue) copie con la versione ufficiale della Bibbia cristiana (Antico e Nuovo Testamento) canonizzata da ormai due secoli - almeno dal periodo di Sant' Ireneo, come mostra un codice oxoniense, il cosiddetto papiro 52, scritto in "maiuscola biblica" e databile attorno all'anno 200.
La strumentazione utilizzata dai monaci-papirologi è avveniristica ed esemplifica in maniera efficace il connubio ormai imprescindibile tra scienze esatte e scienze umane; si tratta della tecnica dell'immagine iperspettrale, che consente la foto di papiri e pergamene con luminosità di differente lunghezza d'onda: è stata usata recentemente a Oxford sui testi provenienti da Ossirinco (Medio Egitto), a Strasburgo per decriptare il famoso papiro di Empedocle e all'Università di Stanford (California) al fine di leggere uno scritto, attribuito ad Archimede, cancellato in un secondo tempo ma rimasto come inciso sul supporto pergamenaceo. Una simile analisi di lettura, sperimentata con successo sul Sinaitico, sarà gradualmente applicata a tutti i 3.304 manoscritti e 1.700 rotoli conservati nel monastero e contribuirà alla realizzazione di un cdrom con le foto ad alta scansione dell'intera collezione. Intanto da qualche settimana è in corso l'accurata indagine ottica anche dell'importante codice siriaco, uno dei fiori all'occhiello dello scriptorium di Santa Caterina.
Dai primi risultati sembrerebbe trattarsi di un palinsesto, proprio come il manoscritto californiano con l'opera matematica di Archimede. I palinsesti erano papiri o pergamene redatti unaprima volta, cancellati e nuovamente vergati. Come detto, con queste nuove tecniche di lettura è possibile
identificare la scrittura abrasa e ridare corpo all'opera cancellata; il siriaco mostrerebbe, sotto un testo liturgico dell’VIII secolo, una versione del V secolo, corredata da annotazioni marginali, della traduzione in lingua siriaca dei Vangeli del Nuovo Testamento: la traduzione è attribuita a teologi siriaci del II secolo e questa costituirebbe l'unica testimonianza, di una certa consistenza e di un periodo non molto successivo, in nostro possesso. «Potrebbe rivelarsi di un'importanza capitale -dice lo storico del cristianesimo antico Nicholas Pickwoad, che sta studiando il reperto -; infatti potrebbe confermare che il canone neotestamentario si era formato attorno al 150 d. C. ed era stato subito tradotto in siriaco».
ARISTIDE MALNATI