una storia che mi ha incuriosito, quella di un profeta di sventura, la cui profezia si è adempiuta, e durante la sua vita; Gesù figlio di Anania.
Gesù è un nome comunissimo nella Palestina dal I sec. a.C. al I d.C., per cui non ci si maravigli di trovare come nome di questo profeta, Gesù.
Iscrizioni di ossari riportano questo nome e lo stesso Flavio Giuseppe lo cita una ventina di volte nei suoi scritti.
Attenzione quindi, quando spunta qualcuno in cerca di fama ed annuncia trionfante "ho trovato la tomba di Gesù".
ora vi lascio al racconto che fa Giuseppe Flavio della vicenda di questo profeta di nome Gesù, non un profeta alla WT
Gesù, figlio di Anania, Anno 62 d.C.
Guerra Giudaica Libro VI:300
"Ma ancora più tremendo fu quest'altro prodigio. Quattro anni prima che scoppiasse la guerra,
quando la città era al culmine della pace e della prosperità, un tale Gesù figlio di Anania, un rozzo contadino, si
recò alla festa in cui è uso che tutti costruiscano tabernacoli per il Dio e all'improvviso cominciò a gridare nel
tempio:
“Una voce da oriente, una voce da occidente, una voce dai quattro venti, una voce contro
Gerusalemme e il tempio, una voce contro sposi e spose, una voce contro il popolo intero”. Giorno e notte si
aggirava per tutti i vicoli gridando queste parole,
e alla fine alcuni dei capi della cittadinanza, tediati di quel malaugurio, lo fecero prendere e gli
inflissero molte battiture. Ma quello, senza né aprir bocca in sua difesa né muovere una specifica accusa contro
chi lo aveva flagellato, continuò a ripetere il suo ritornello.
Allora i capi, ritenendo - com'era in realtà - che quell'uomo agisse per effetto di una forza
sovrumana, lo trascinarono dinanzi al governatore romano.
Quivi, sebbene fosse flagellato fino a mettere allo scoperto le ossa, non ebbe un'implorazione né
un gemito, ma dando alla sua voce il tono più lugubre che poteva, a ogni battitura rispondeva: “Povera
Gerusalemme!”.
Quando Albino, che era il governatore, gli fece domandare chi fosse, donde provenisse e perché
lanciasse quella lamentazione, egli non rispose, ma continuò a compiangere il destino della città finché Albino
sentenziò che si trattava di pazzia e lo lasciò andare.
Fino allo scoppio della guerra egli non si avvicinò ad alcun cittadino né fu visto parlare con alcuno,
ma ogni giorno, come uno che si esercitasse a pregare, ripeteva il suo lugubre ritornello: “Povera
Gerusalemme!”.
Né imprecava contro quelli che, un giorno l'uno un giorno l'altro, lo percuotevano, né benediceva
chi gli dava qualcosa da mangiare; l'unica risposta per tutti era quel grido di malaugurio, che egli lanciava
soprattutto nelle feste.
Per sette anni e cinque mesi lo andò ripetendo senza che la sua voce si affievolisse e senza provar
stanchezza, e smise solo all'inizio dell'assedio, quando ormai vedeva avverarsi il suo triste presagio.
Infatti un giorno che andava in giro sulle mura gridando a piena gola: “Ancora una volta, povera la
città, e povero il popolo, e povero il tempio!”, come alla fine aggiunse: “E poveretto anche me!”, una pietra
scagliata da un lanciamissili lo colpì uccidendolo all'istante, ed egli spirò ripetendo ancora quelle parole"