Compagni di morte trovati sul web

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Vitale
00domenica 13 febbraio 2005 17:41
Il Messaggero Domenica 13 Febbraio 2005

Un giovane di 26 anni stava progettando un rito di massa per San Valentino. Il primo caso 27 anni fa
Compagni di morte trovati sul web

Il fenomeno allarmante dei suicidi collettivi. L’ultimo sventato in Usa

di GIANCARLO DE CATALDO *

Nella foto segnalatica dopo l’arresto, Gerard Krein appare come un ragazzone con i capelli castani e una specie di barbetta incolta. I vicini - che in questi casi non mancano mai - lo definiscono «un montanaro, uno che frequenta poco la città». Una faccia americana come tante. La faccia di chi stava progettando, per il giorno di San Valentino, un suicidio di massa ideato, organizzato, meticolosamente preparato via Internet.
Ora Gerard è in galera in attesa di giudizio. La polizia sta cercando di rintracciare le presunte vittime. Dato che la legge non punisce il suicidio in sé, anche se collettivo, ma l’istigazione, Gerard è stato fermato solo e unicamente perché è emerso che una delle sue “partners” in rete avrebbe manifestato l’intenzione di uccidere i due figli minori.
Gerard Krein è l’ultimo epigono di una tragica catena di omicidi-suicidi inaugurata, il 19 novembre 1978, in Guyana, dall’autoavvelenamento dei 911 membri del “Tempio del Popolo” del reverendo Jim Jones (“bambini, è solo qualcosa per mettervi a dormire” le sue ultime, tremende parole). Una catena popolata dagli eccidi dei “davidiani” di Waco, degli iniziati del Tempio del Sole di Luc Jouret, dei membri della setta “Cancello del Cielo”, dei cinquecento sventurati ugandesi convinti da due preti scomunicati che la Vergine Maria li avrebbe condotti in Paradiso prima del Giorno del Giudizio, previsto per la fine del 2000. Tutti questi eventi presentano un tratto comune: la figura di un “santone”, un capo carismatico, in genere fallito nella vita sociale, ma capace di coagulare intorno a sé dolori e frustrazioni di altre persone deboli e di incanalarne le energie verso un “progetto” di morte. Ma mentre per il reverendo Jones e gli altri “settari” suoi pari l’apoteosi del disegno di morte non può fare a meno di un sanguinoso rito collettivo, Gerard Krein immaginava una somma di suicidi silenziosi, poco appariscenti, a dir poco mesti. Era già accaduto, nel 2004, in Giappone, e con le stesse modalità: contatti via internet, la fissazione di una data, e poi morte individuale. Al massimo con uno o due amici.
Tutto appare infinitamente più triste e disperato. Il “progetto” del santone Krein perde ogni aspetto di tragica malvagità e si fa crudele minimalismo. Qui non ci sono grandi masse, costumi di scena, pozioni imposte agli adepti al termine di una sanguinosa ordalìa. Krein è solo un ragazzo vagabondo che abita con padre e madre in una casa mobile di tre stanze, uno di quei carrozzoni ambulanti fatti di legno e di lamiera, tetto verde e finestre a scorrimento, immortalati da decine di film su quell’America povera e disperata che fornisce sangue e sostegno alle imprese dell’ultimo Impero e che pure ne appare anni-luce lontana. A un certo punto si stabilisce in una piccola città chiamata Klamath Falls. Un posto di boschi, escursioni, laghi e natura selvaggia nel cuore dell’Oregon, dove diciannovemila pacifici cittadini condividono il programma sociale orgogliosamente annunciato dal sito web del comune: «La nostra missione consiste nel garantire le migliori condizioni di vita alla comunità, assicurando servizi di qualità e sicurezza attraverso il miglior uso dei vostri dollari». Da questa apparente Arcadia del secondo millennio Krein, con il solo aiuto di un personal computer, ordiva la sua trama di morte.
Avrebbe potuto farlo se intorno a lui, se intorno a noi, non ci fossero tanto dolore e tanta disperazione?
* Magistrato e scrittore

Vitale
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