CONTROCORRENTE:Umberto Eco su Mike Bongiorno.

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Agabo
00sabato 12 settembre 2009 20:30
Funerali sfarzosi e anche di Stato! Figuriamoci quando trapasserà Umberto Veronesi!!! (gli auguro ancora una lunga vita). Oppure no!?!

Leggo un articolo datato di Umberto Eco sul "Grande Mike":
[SM=g1908311]

philohanna.blogspot.com/2009/09/fenomenologia-di-mike-bongiorno...

"L’uomo circuito dai mass media è in fondo, fra tutti i suoi simili, il più rispettato: non gli si chiede mai di diventare che ciò che egli è già. In altre parole gli vengono provocati desideri studiati sulla falsariga delle sue tendenze. Tuttavia, poiché uno dei compensi narcotici a cui ha diritto è l’evasione nel sogno, gli vengono presentati di solito degli ideali tra lui e i quali si possa stabilire una tensione. Per togliergli ogni responsabilità si provvede però a far sì che questi ideali siano di fatto irraggiungibili, in modo che la tensione si risolva in una proiezione e non in una serie di operazioni effettive volte a modificare lo stato delle cose. Insomma, gli si chiede di diventare un uomo con il frigo rifero e un televisore da 21 pollici, e cioè gli si chiede di rimanere com’è aggiungendo agli oggetti che possiede un frigorifero e un televisore; in compenso gli si propone come ideale Kirk Douglas o Superman. L’ideale del consumatore di mass media è un superuomo che egli non pretenderà mai di diventare, ma che si diletta a impersonare fantasti camente, come si indossa per alcuni minuti davanti a uno specchio un abito altrui, senza neppur pensare di posseder-lo un giorno.

La situazione nuova in cui si pone al riguardo la TV è questa: la TV non offre, come ideale in cui immedesimarsi, il superman ma l’everyman. La TV presenta come ideale l’uomo assolutamente medio. A teatro Juliette Greco appare sul palcoscenico e subito crea un mito e fonda unculto; Josephine Baker scatena rituali idolatrici e dà il nome a un’epoca. In TV appare a più riprese il volto magico di Juliette Greco, ma il mito non nasce neppure; l’idolo non è costei, ma l’annunciatrice, e tra le annunciatrici la più amata e famosa sarà proprio quella che rappresenta meglio i caratteri medi: bellezza modesta, sex-appeal limi tato, gusto discutibile, una certa casalinga inespressività.

Ora, nel campo dei fenomeni quantitativi, la media rap presenta appunto un termine di mezzo, e per chi non vi si è ancora uniformato, essa rappresenta un traguardo. Se, secondo la nota boutade, la statistica è quella scienza per cui se giornalmente un uomo mangia due polli e un altro nessuno, quei due uomini hanno mangiato un pollo ciascu no — per l’uomo che non ha mangiato, la meta di un pollo al giorno è qualcosa di positivo cui aspirare. Invece, nel campo dei fenomeni qualitativi, il livellamento alla media corrisponde al livellamento a zero. Un uomo che possieda tutte le virtù morali e intellettuali in grado medio, si tro va immediatamente a un livello minimale di evoluzione. La “medietà” aristotelica è equilibrio nell’esercizio delle pro prie passioni, retto dalla virtù discernitrice della “pruden za”. Mentre nutrire passioni in grado medio e aver una media prudenza significa essere un povero campione di umanità.

Il caso più vistoso di riduzione del superman all’every man lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna. Idolatrato da milioni di persone, quest’uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta uni ta (questa è l’unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o fin zione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti.

Per capire questo straordinario potere di Mike Bongior no occorrerà procedere a una analisi dei suoi comporta-menti, ad una vera e propria “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, dove, si intende, con questo nome è indicato non l’uomo, ma il personaggio.

Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlan do, un grado modesto di adattamento all’ambiente. L’amore isterico tributatogli dalle teen-agers va attribuito in parte al complesso materno che egli è capace di risvegliare in una giovinetta, in parte alla prospettiva che egli lascia intrav vedere di un amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.

Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all’apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressio nare lo spettatore, non solo mostrandosi all’oscuro dei fat ti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.

In compenso Mike Bongiorno dimostra sincera e primiti va ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la me todologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. In tal senso (occorrendo, per essere colto, aver letto per molti anni molti libri) è naturale che l’uomo non predesti nato rinunci a ogni tentativo.

Mike Bongiorno professa una stima e una fiducia illi mitata verso l’esperto; un professore è un dotto; rappre senta la cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per competenza.

L’ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quan do, in base alla cultura, si viene a guadagnar denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L’uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far studiare il figlio.

Mike Bongiorno ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore (”Pensi, ha guadagnato già centomila lire: è una bella sommetta!”).

Mike Bongiorno anticipa quindi, sul concorrente, le im pietose riflessioni che lo spettatore sarà portato a fare: “Chissà come sarà contento di tutti quei soldi, lei che è sempre vissuto con uno stipendio modesto! Ha mai avuto tanti soldi così tra le mani?”.

Mike Bongiorno, come i bambini, conosce le persone per categorie e le appella con comica deferenza (il bambino dice: “Scusi, signora guardia…”) usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: “si gnor spazzino, signor contadino”.

Mike Bongiorno accetta tutti i miti della società in cui vive: alla signora Balbiano d’Aramengo bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta di una contessa (sic).

Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È pa terno e condiscendente con gli umili, deferente con le per sone socialmente qualificate.

Elargendo denaro, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosi na che di guadagno. Mostra di credere che, nella dialettica delle classi, l’unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il volto della Televisione).

Mike Bongiorno parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sem pre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è ri­gorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neo-posi tivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all’occasione, egli potreb be essere più facondo di lui.

Non accetta l’idea che a una domanda possa esserci più di una risposta. Guarda con sospetto alle varianti. Nabuc co e Nabuccodonosor non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fer mamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia è di con­seguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica.

Mike Bongiorno è privo di senso dell’umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l’interlocutore sia simpaticamente anormale; rifiuta di sospettare che dietro il paradosso si na sconda una verità, comunque non lo considera come vei colo autorizzato di opinione.

Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non man ca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di pittura, una disciplina astrusa… “Mi dica un po’, si fa tanto parlare oggi di questo futurismo. Ma cos’è di preciso questo futurismo?”). Ricevuta la spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l’opinione dell’altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse.

Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori scarterebbe subito perché troppo banale: “Cosa vuol rappresentare quel quadro?” “Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?” “Com’è che viene in mente di occuparsi di filosofia?”.

Porta i clichés alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con le calze co lorate e la coda di cavallo è “bruciata”. Chiede alla prima se lei, che è una ragazza così per bene, desidererebbe di ventare come l’altra; fattogli notare che la contrapposizione è offensiva, consola la seconda ragazza mettendo in risalto la sua superiorità fisica e umiliando l’educanda. In questo vertiginoso gioco di gaffes non tenta neppure di usare pe rifrasi: la perifrasi è già una agudeza, e le agudezas ap partengono a un ciclo vichiano cui Bongiorno è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l’artificio retorico è una sofisticazione. In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quan do la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provo cazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei cri tici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l’uo mo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta por tando la gaffe a dignità di figura retorica, nell’ambito di una etichetta omologata dall’ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.

Mike Bongiorno gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince il pubblico; indi trasvola ad altre cure confortafo sull’esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.

Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rap presenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiun gere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti..."
da Diario Minimo di Umberto Eco edito da Bompiani 1961"


Mike Bongiorno, quindi, è stato un re, sì un re della superficialità e, come tale, è stato onorato dalla massa superficiale che lo acclamava e lo osannava. Che lo osanna ancora oggi.

Non si tratta, forse, di uno specchio che ci rimanda impietosamente e fedelmente la realtà nella quale sguazza la maggior parte del genere umano?


Agabo.
Visita:


Polymetis
00sabato 12 settembre 2009 21:03
Io mi chiedo come si possa giudicare così negativamente la vita di un qualsivoglia uomo basandosi sulla televisione e cercando di vedere se rientra o meno negli standard di quella che io ho preventivamente definito una vita umana degna d'essere vissuta...
alenis
00domenica 13 settembre 2009 04:21
Re:
Polymetis, 12/09/2009 21.03:

Io mi chiedo come si possa giudicare così negativamente la vita di un qualsivoglia uomo basandosi sulla televisione e cercando di vedere se rientra o meno negli standard di quella che io ho preventivamente definito una vita umana degna d'essere vissuta...




comprendo il tuo stato d'animo; ma forse l'articolo di Eco aveva lo scopo di esprimere dissenso per aver dato così importanza alla morte di una persona che, tutto sommato ( sempre secondo Eco ) , non aveva nulla di speciale rispetto a quelle comuni; cosa che io non condivido, in quando cmq Mike, anche se non era un mostro di cultura, ha comunque dato un contributo particolare alla TV; ed è anche stato un partigiano che è stato in prigione.





alenis
00domenica 13 settembre 2009 04:26
Re:
Agabo, 12/09/2009 20.30:

Funerali sfarzosi e anche di Stato! Figuriamoci quando trapasserà Umberto Veronesi!!! (gli auguro ancora una lunga vita). Oppure no!?!





io non gliela auguro; anzi, gliela auguro se la smette di occuparsi di cancro, perchè ha già fatto fin troppo danno con le sue ricerche; e se la smette anche di dire:

che i termovalorizzatori non portano il cancro

che quello di Brescia è a norma

se smette di farsi pagare dall'Eni

se investe in altre cure diverse dalla chemio e radio terapia

se investe in cure definitive contro il cancro e non che uno si deve curare a vita da esso

se la smette di trovare cancri che poi non ci sono

se comincia a essere daccordo verso le intercettazioni telefoniche ( senza le quali non si sarebbe scoperto nulla della clinica degli orrori: S.Rita ; che poi è solo la punta di un iceberg )

se finanzia la ricerca Di Bella contro il cancro




Polymetis
00domenica 13 settembre 2009 10:40
Credo che questo articolo non sia stato scritto dopo la morte di Mike, la citazione dice "da Diario Minimo di Umberto Eco edito da Bompiani 1961". Dare del mediocre a qualcuno solo per come si comporta in tv, dove tra l'altro deve rispettare un ruolo, mi sembra ingiusto.
alenis
00domenica 13 settembre 2009 15:03

beh, penso che Mike non fosse costretto a recitare per forza la parte del mediocre disinteressato nei confronti della cultura; credo che avrebbe potuto tranquillamente recitare una parte diversa. Tipo quella di Baudo.

devo comunque ammettere che è stato un uomo che ha fatto molto per la televisione e che, nel bene e nel male, ha fatto la storia della TV italiana; e cmq, anche con tutti i difetti che poteva avere, a me era simpatico
Puris
00lunedì 14 settembre 2009 11:19
Su Mike è facile andare controcorrente. Io ci provo su un terreno su cui potrebbe essere più difficile. Siccome ho letto pochissimo, rischio di dire cose che altri hanno già detto. Ma questo è un rischio che corrono anche e soprattutto quelli che hanno letto molto, a pensarci bene.

Ragioniamo dal punto di vista di un ateo.
A che cosa serve la cultura? A farci vivere meglio? Siamo sicuri che la vita di Eco sia stata più felice di quella di Mike? Per quale motivo Mike avrebbe dovuto vivere come Eco? A chi o che cosa bisogna dare conto? In nome di che cosa si fanno certe classificazioni? Siamo sicuri che Eco abbia contribuito al benessere suo o a quello collettivo più di quanto abbia fatto Mike? Se l'obiettivo non è il benessere, l'allegria, la felicità in questa vita allora l'obiettivo di un ateo, qual è? Per quale motivo gli altri dovrebbero uniformarsi a questo fantomatico obiettivo?

Ragioniamo dal punto di vista di un potenziale credente in qualcosa che va al di là di questa vita.
A che cosa serve la cultura? A farci trovare la Verità? La vita eterna? A capire veramente la Bibbia? A capire il Corano?

Se non serve a questo la cultura è come andare per funghi: a chi piace che ci vada, ma non vedo ragioni per biasimare chi fa scelte diverse.
Mi rendo conto che ci sono troppe domande retoriche e che potevo esporre il mio pensiero in maniera diversa. Non fateci caso.

[SM=g1543902]
blauauge1
00lunedì 14 settembre 2009 12:21
Re:
Agabo, 12/09/2009 20.30:

Funerali sfarzosi e anche di Stato! Figuriamoci quando trapasserà Umberto Veronesi!!! (gli auguro ancora una lunga vita). Oppure no!?!

Leggo un articolo datato di Umberto Eco sul "Grande Mike":
[SM=g1908311]

philohanna.blogspot.com/2009/09/fenomenologia-di-mike-bongiorno...

"L’uomo circuito dai mass media è in fondo, fra tutti i suoi simili, il più rispettato: non gli si chiede mai di diventare che ciò che egli è già. In altre parole gli vengono provocati desideri studiati sulla falsariga delle sue tendenze. Tuttavia, poiché uno dei compensi narcotici a cui ha diritto è l’evasione nel sogno, gli vengono presentati di solito degli ideali tra lui e i quali si possa stabilire una tensione. Per togliergli ogni responsabilità si provvede però a far sì che questi ideali siano di fatto irraggiungibili, in modo che la tensione si risolva in una proiezione e non in una serie di operazioni effettive volte a modificare lo stato delle cose. Insomma, gli si chiede di diventare un uomo con il frigo rifero e un televisore da 21 pollici, e cioè gli si chiede di rimanere com’è aggiungendo agli oggetti che possiede un frigorifero e un televisore; in compenso gli si propone come ideale Kirk Douglas o Superman. L’ideale del consumatore di mass media è un superuomo che egli non pretenderà mai di diventare, ma che si diletta a impersonare fantasti camente, come si indossa per alcuni minuti davanti a uno specchio un abito altrui, senza neppur pensare di posseder-lo un giorno.

La situazione nuova in cui si pone al riguardo la TV è questa: la TV non offre, come ideale in cui immedesimarsi, il superman ma l’everyman. La TV presenta come ideale l’uomo assolutamente medio. A teatro Juliette Greco appare sul palcoscenico e subito crea un mito e fonda unculto; Josephine Baker scatena rituali idolatrici e dà il nome a un’epoca. In TV appare a più riprese il volto magico di Juliette Greco, ma il mito non nasce neppure; l’idolo non è costei, ma l’annunciatrice, e tra le annunciatrici la più amata e famosa sarà proprio quella che rappresenta meglio i caratteri medi: bellezza modesta, sex-appeal limi tato, gusto discutibile, una certa casalinga inespressività.

Ora, nel campo dei fenomeni quantitativi, la media rap presenta appunto un termine di mezzo, e per chi non vi si è ancora uniformato, essa rappresenta un traguardo. Se, secondo la nota boutade, la statistica è quella scienza per cui se giornalmente un uomo mangia due polli e un altro nessuno, quei due uomini hanno mangiato un pollo ciascu no — per l’uomo che non ha mangiato, la meta di un pollo al giorno è qualcosa di positivo cui aspirare. Invece, nel campo dei fenomeni qualitativi, il livellamento alla media corrisponde al livellamento a zero. Un uomo che possieda tutte le virtù morali e intellettuali in grado medio, si tro va immediatamente a un livello minimale di evoluzione. La “medietà” aristotelica è equilibrio nell’esercizio delle pro prie passioni, retto dalla virtù discernitrice della “pruden za”. Mentre nutrire passioni in grado medio e aver una media prudenza significa essere un povero campione di umanità.

Il caso più vistoso di riduzione del superman all’every man lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna. Idolatrato da milioni di persone, quest’uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta uni ta (questa è l’unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o fin zione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti.

Per capire questo straordinario potere di Mike Bongior no occorrerà procedere a una analisi dei suoi comporta-menti, ad una vera e propria “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, dove, si intende, con questo nome è indicato non l’uomo, ma il personaggio.

Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlan do, un grado modesto di adattamento all’ambiente. L’amore isterico tributatogli dalle teen-agers va attribuito in parte al complesso materno che egli è capace di risvegliare in una giovinetta, in parte alla prospettiva che egli lascia intrav vedere di un amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.

Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all’apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressio nare lo spettatore, non solo mostrandosi all’oscuro dei fat ti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.

In compenso Mike Bongiorno dimostra sincera e primiti va ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la me todologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. In tal senso (occorrendo, per essere colto, aver letto per molti anni molti libri) è naturale che l’uomo non predesti nato rinunci a ogni tentativo.

Mike Bongiorno professa una stima e una fiducia illi mitata verso l’esperto; un professore è un dotto; rappre senta la cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per competenza.

L’ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quan do, in base alla cultura, si viene a guadagnar denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L’uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far studiare il figlio.

Mike Bongiorno ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore (”Pensi, ha guadagnato già centomila lire: è una bella sommetta!”).

Mike Bongiorno anticipa quindi, sul concorrente, le im pietose riflessioni che lo spettatore sarà portato a fare: “Chissà come sarà contento di tutti quei soldi, lei che è sempre vissuto con uno stipendio modesto! Ha mai avuto tanti soldi così tra le mani?”.

Mike Bongiorno, come i bambini, conosce le persone per categorie e le appella con comica deferenza (il bambino dice: “Scusi, signora guardia…”) usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: “si gnor spazzino, signor contadino”.

Mike Bongiorno accetta tutti i miti della società in cui vive: alla signora Balbiano d’Aramengo bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta di una contessa (sic).

Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È pa terno e condiscendente con gli umili, deferente con le per sone socialmente qualificate.

Elargendo denaro, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosi na che di guadagno. Mostra di credere che, nella dialettica delle classi, l’unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il volto della Televisione).

Mike Bongiorno parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sem pre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è ri­gorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neo-posi tivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all’occasione, egli potreb be essere più facondo di lui.

Non accetta l’idea che a una domanda possa esserci più di una risposta. Guarda con sospetto alle varianti. Nabuc co e Nabuccodonosor non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fer mamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia è di con­seguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica.

Mike Bongiorno è privo di senso dell’umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l’interlocutore sia simpaticamente anormale; rifiuta di sospettare che dietro il paradosso si na sconda una verità, comunque non lo considera come vei colo autorizzato di opinione.

Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non man ca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di pittura, una disciplina astrusa… “Mi dica un po’, si fa tanto parlare oggi di questo futurismo. Ma cos’è di preciso questo futurismo?”). Ricevuta la spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l’opinione dell’altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse.

Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori scarterebbe subito perché troppo banale: “Cosa vuol rappresentare quel quadro?” “Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?” “Com’è che viene in mente di occuparsi di filosofia?”.

Porta i clichés alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con le calze co lorate e la coda di cavallo è “bruciata”. Chiede alla prima se lei, che è una ragazza così per bene, desidererebbe di ventare come l’altra; fattogli notare che la contrapposizione è offensiva, consola la seconda ragazza mettendo in risalto la sua superiorità fisica e umiliando l’educanda. In questo vertiginoso gioco di gaffes non tenta neppure di usare pe rifrasi: la perifrasi è già una agudeza, e le agudezas ap partengono a un ciclo vichiano cui Bongiorno è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l’artificio retorico è una sofisticazione. In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quan do la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provo cazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei cri tici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l’uo mo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta por tando la gaffe a dignità di figura retorica, nell’ambito di una etichetta omologata dall’ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.

Mike Bongiorno gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince il pubblico; indi trasvola ad altre cure confortafo sull’esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.

Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rap presenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiun gere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti..."
da Diario Minimo di Umberto Eco edito da Bompiani 1961"


Mike Bongiorno, quindi, è stato un re, sì un re della superficialità e, come tale, è stato onorato dalla massa superficiale che lo acclamava e lo osannava. Che lo osanna ancora oggi.

Non si tratta, forse, di uno specchio che ci rimanda impietosamente e fedelmente la realtà nella quale sguazza la maggior parte del genere umano?


Agabo.
Visita:





Mike Bongiorno è stato un personaggio che ha lavorato con dedizione e impegno in una carriera che non ha eguali in Italia, ci ha tenuto compagnia per molte sere, diventando quasi un membro della famiglia.
Ha contrinuito molto alla fortuna televisiva di Mediaset e i risultati e i traguardi raggiunti ne fanno sicuramente un uomo di successo.
Le persone superficiali non raggiungono, mai , tali mete .
Trovo di cattivo gusto poi parlare in negativo o con ironia di qualcuno che non può più difendersi.

elghorn84
00lunedì 14 settembre 2009 14:10
Dispiace che sia morto, anche se a 85 anni ci può stare.

Incensarlo come colui che ha unificato l'Italia e altre baggianate simili mi disturba e non poco. Era un conduttore televisivo: bravo, famoso, per molti simpatico. Fine.

Agli operai che muoiono sul lavoro, a 30 anni, a loro sì che bisognerebbe fare un monumento.
blauauge1
00lunedì 14 settembre 2009 14:50
Re:
elghorn84, 14/09/2009 14.10:

Dispiace che sia morto, anche se a 85 anni ci può stare.

Incensarlo come colui che ha unificato l'Italia e altre baggianate simili mi disturba e non poco. Era un conduttore televisivo: bravo, famoso, per molti simpatico. Fine.

Agli operai che muoiono sul lavoro, a 30 anni, a loro sì che bisognerebbe fare un monumento.




Sono d' accordo.
Osannarlo come il papa mi sembra fuori luogo e purtroppo le persone comuni che si alzano la mattina per lavorare sui cantieri dove perdono la vita, non fanno notizia come un celebre presentatore come Mike bongiorno o come Michael Jackson ......
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