“Non ho mai detto che l’esposizione della verità non si debba accompagnare alla carità…”
Bene! Allora c’intendiamo! Ma, di grazia, quand’è che cominci a esporre la verità con carità?? No, ti spiego, perché quando ti fai venire il “santo sdegno” per fare svegliare qualcuno dallo spirito – secondo te – addormentato, ne annichilisci, ti assicuro, più di quanti ne vorresti svegliare. A tal punto che sembra che tu stia in una barca cercando di buttare col secchio l’acqua che entra, e ad ogni secchiata di acqua che butti fuori ne entrano due. Per non fare affondare la barca, guardiamo a Cristo e la barca non affonderà.
Tornando a noi. Ovviamente non c’è da porsi nemmeno lontanamente il problema se Spinoza avesse detto una frase “cattolica”. Spinoza era ebreo, lo sanno tutti. Come tutti sanno che fu pure rifiutato dalla comunità ebraica. Ma quello che volevo dire non si basa sul principio della Verità, ma sul principio dell’agire etico tollerante. Infatti, con il pensiero di Spinoza la fondazione del principio di tolleranza viene ulteriormente approfondita ponendola in relazione con l’idea liberale dello Stato quale si era affermata in Olanda e con la particolare prospettiva assunta dal filosofo nell’esegesi biblica, per cui egli esclude a priori la veridicità di tutti gli eventi soprannaturali e miracolosi narrati nei libri sacri in quanto, a suo parere, incompatibili con l’ordine divino del mondo non solo voluto da Dio, ma coincidente con Dio.
La conseguenza di questa posizione è che, per quanto riguarda lo Stato, esso ha il dovere di riconoscere ai cittadini il diritto di professare pubblicamente la fede religiosa alla quale intendono aderire; per quanto riguarda l’interpretazione della Scrittura, che chiunque può riconoscervi alcuni principi fondamentali universalmente validi! Ed è proprio a quest’ultimo che io mi riferisco; è in questo senso che per me la frase è cattolica, ortodossa e santissima… perché veramente chiunque si può ritrovare in quella frase, anche se non nel pensiero dell’autore che lo ha espresso. Certo, se parli di “correttezza filologica” hai ragione: il pensiero di un autore va
anche inquadrato nell’ottica generale e totale del suo pensiero, e nessuno mai l’ha negato… tuttavia così come la nostra maturità di fede ci ha fatto prendere alcuni templi pagani trasformandoli in chiesa (se ti servono esempi basta chiedermi...ti aspetto a Siracusa), applicando il principio di S. Basilio delle api, così io ho preso solo la struttura della frase di Spinoza, e l’ho applicata al principio di tolleranza, senza dimenticare di dare le coordinate a chiunque volesse approfondire il pensiero totale del filosofo.
Quindi quando scrivi “Spinoza scrive sempre nella stessa frase che a Dio si deve culto in giustizia e verità, ma non è riportando quella frase che troverai un’analogia tra noi cristiani e questo autore” è chiaro che nessun filosofo assennato ci proverebbe mai, perché dovrei farlo io? Neanche per scherzo...
“Quello che ha provocato la mia risposta è stata semplicemente la tua citazione secondo cui “è certo che quanto meglio uno conosce la verità, tanto meno è incline a condannare gli altri”, frase che è verissima se condanna vuol dire persecuzione, ma falsa e pericolosa se vuol dire condanna verbale.”
Allora se questa è la causa "semplice" e principale della tua risposta vedrò di approfondire affinché tu, e chiunque altro, possa capire in che senso non sono e non potrò essere d’accordo con te nel modo in cui si esercita quel “santo sdegno”, così facile a te, che io ho chiamato sacro furore; spiegandoti altresì in che senso le parole del Castellion sono veramente attuali. Sai, una volta c’era la condanna fisica, oggi,
mutatis mutandis quella verbale. Sempre di condanna si tratta e il problema a mio avviso sta proprio qui. Difatti la confessione della singolarità di Gesù Cristo ha continuato a risuonare nel tempo attraverso la fede e l’annuncio dei cristiani: essa ha assunto forme diverse. A volte come presenza inquietante e a volte illuminante.
La cristologia antropologica ha colto la autocomunicazione di Dio; la cristologia storica in chiave hegeliana l’ha vista come comprensione del divenire in senso idealistico, con Teilhard de Chardin in senso più escatologico. Il limite teorico, per dire con parole tue “verbale”, di queste impostazioni si è tradotto però sul piano della prassi! Il riduzionismo del messaggio cristiano con due forme divergenti: da una parte l’integrismo che presume di offrire semplicisticamente soluzioni «cristiane» per ogni problema umano; dall’altra il secolarismo, che facendo della cristologia una variabile e dell’antropologia la costante, finisce col ridurre Cristo alle attese degli uomini, svuotando il suo annuncio di ogni forza di scandalo.
Ora il primo atteggiamento ha portato l’incredibile ondata di violenza esercitata su individui e su popoli per indurli all’accettazione forzata del Vangelo cristiano; il secondo ha motivato la perdita d’identità di non pochi credenti in un impegno a misura puramente mondana.
Se, dunque, il frutto del secolarismo è l’indifferenza è proprio perché il frutto dell’integrismo è l’intolleranza. Per non cadere in questi eccessi, bisogna pensare, secondo me, in maniera più concreta. “
Il cammino che abbiamo percorso non è forse disseminato di sbagli, di errori e di sconfitte?” (
H.-I. Marrou, Teologia della storia, Milano 21979, pag. 52), una Chiesa, la mia, di martiri, di persecutori, di inquisitori e di inquisiti. Non c’è da stupirsi quando ci rivolgono il rimprovero di essere intolleranti: “
Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (
Gc 2,18).
Altro che “dilettarsi” in condanne verbali, fratellino mio. Solo dove l’annuncio ecclesiale diventa testimonianza concreta di servizio all’altro, con la forza dei muscoli, si può rivolgere l’invito decisivo “
Viene e vedi!” (
Gv 2,46), è possibile pure pensare che lo scandalo venga superato nell’abbandono della fede. Solo l’amore è credibile! “
Quando è apparsi in Giudea, il popolo non l’ha creduto il vero Dio parlante, perché si presentava come un poveraccio, non con l’uniforme delle autorità. Però, se torna, si presenterà ancora più miserabile, nella persona di un lebbroso, di un a accattoncella deforme, di un sordomuto, di un bambino idiota…” (
E. Morante, La storia, Torino 1974, pag. 591). “
Non giudicate, per non essere giudicati” (
Mt 7,1). La solita solfa sta sempre lì:
la Verità ci trascende ed è impossibile pensare di avvicinarsi ad essa senza il contributo di ognuno.
Le vie della grazia non sono sempre quelle dell’assenso visibile a Cristo, Poly! Non accettavano forse Cristo quegli indios, che si facevano uccidere, piuttosto che aderire al Vangelo imposto con le armi dai conquistadores? “
Confronta ora le doti di prudenza, ingegno, magnanimità, temperanza, umanità, religioni di questi uomini (gli spagnoli
N.d.R.)
con quelle di quegli omuncoli nei quali a stento potrai riscontrare qualche traccia di umanità, e che non solo sono totalmente privi di cultura, ma non conoscono l’uso delle lettere, non conservano alcun documento della loro storia, […] non hanno alcuna legge scritta, ma soltanto istituzioni e costumi barbari” (
J. G. DE SEPULVEDA, Democrates alter, sive de iustis belli causis apud Indos, 1545, vers. It., in M. DE BARTOLOMEO, V. MAGNI, I sentieri della ragione, tomo 2B, Bergamo, ATLAS, 2005, pag. 475). Non è forse vero che “
Tutta questa gente di ogni genere fu creata da Dio senza malvagità e senza doppiezze, obbedientissima ai suoi signori naturali e ai cristiani, ai quali prestano servizio; la gente più umile, più paziente, più pacifica e quieta che ci sia al mondo, senza alterchi né tumulti, senza risse, lamentazioni, rancori, odi, progetti di vendetta” (
B. DE LAS CASAS, Brevisima relaciòn de la destructiòn de las Indias, 1552, vers. It., in I sentieri della ragione, cit. pag. 475-476)e noi l'abbiamo letteralmente martirizzata?
Le vie della grazia non sono sempre quelle dell’assenso visibile a Cristo, Poly!! Non entrava forse nel Regno Girolamo Savonarola che per amore di Cristo, andava incontro al rogo, preparatogli nel nome di Cristo? Non è forse Cristo lo sconosciuto prigioniero del Grande Inquisitore di Dostoevskij? Poly, “
Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” (
Gv 3,8). Questo significa forse che il cristiano può avere l’alibi del disimpegno all’annunzio? No. Ma il dovere del cristiano non è quello di condannare, ma di annunciare, di proporre non d’imporre.
Il mio, dunque, se capisci ora il problema, non è dare una facciata di irenismo.
Ma è veramente mettere Gesù in mezzo. L’unico capace di fare unità. Se poi sei convinto di possedere la Verità, perché l’hai recepita dalla nostra Santa Madre Chiesa e la vuoi continuare a far conoscere così, che dire fratello? Io ti temo…
Ogni bene
Marcuccio