Scienza Sacra.
La fede è il totale riferirsi a Dio, conosciuto nella rivelazione, da parte dell’uomo il quale, nell’analisi delle proprie dimensioni fondamentali col mondo, la morte, gli uomini e la storia, si scopre aperto alla trascendenza e dotato di libertà che si esplicita nella responsabilità e nella speranza. (dalla voce FEDE del Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, San Paolo Edizioni)
La fede è un atto fondamentale dell’uomo che sceglie di credere e di farsi seguace di Cristo. La fede non può essere scientificamente provata né scientificamente falsificata, anche perché non è solamente un dato epistemico. La fede appartiene ai semplici come ai sapienti, ed è la stessa sia negli uni che negli altri. Se vai bene a guardare le biografie dei Santi riconosciuti dalla Chiesa, troverai persone di tutti i tipi: contadini, soldati, filosofi, teologi, operai, medici, ingegneri, banchieri, missionari, analfabeti, intellettuali, ecc.
Allora, ti chiederai, qual è la ragione di tutto l’affannarsi dei teologi, che senso ha tutto questo discutere e “polemizzare”?
Ancora una volta, lascio la parola a Tommaso d’Aquino. Riporto qui di seguito la Questione Prima della Parte Prima della
Somma Teologica.
"La dottrina sacra: quale essa sia e a quali cose si estenda
Per assegnare al nostro studio dei limiti precisi, è necessario innanzi tutto trattare della stessa sacra dottrina, chiedendoci quale essa sia e a quali cose si estenda.
A tal proposito si prospettano dieci quesiti: 1. Se questa dottrina sia necessaria; 2. Se sia scienza; 3. Se sia scienza una o molteplice; 4. Se sia speculativa o pratica; 5. In che rapporti stia con le altre scienze; 6. Se sia sapienza; 7. Quale sia il suo soggetto; 8. Se sia argomentativa; 9. Se debba far uso di locuzioni metaforiche o simboliche; 10. Se la Scrittura sacra, su cui poggia questa dottrina, si debba esporre secondo pluralità di sensi.
ARTICOLO 1
Se oltre le discipline filosofiche sia necessario ammettere
un'altra scienza
SEMBRA che oltre le discipline filosofiche non sia necessario ammettere un'altra scienza. Infatti:
1. L'uomo, ci avverte l'Ecclesiastico, non deve spingersi verso ciò che supera la sua ragione: "Non cercar quel ch'è al di sopra di te". Ora ciò che è d'ordine razionale ci è dato sufficientemente dalle discipline filosofiche. Conseguentemente non vi è posto per un'altra scienza.
2. Non vi è scienza che non tratti dell'ente: infatti non si conosce altro che il vero, il quale coincide con l'ente. Ora, la filosofia tratta di ogni ente e anche di Dio; tanto che una parte della filosofia si denomina teologia, ossia scienza divina, come dice Aristotele. Quindi non è necessario ammettere un'altra scienza all'infuori delle discipline filosofiche.
IN CONTRARIO: Nell'epistola a Timoteo si dice: "Tutta la Scrittura divinamente ispirata è utile a insegnare, a redarguire, a correggere, a educare alla giustizia". Ora, la Scrittura divinamente ispirata non rientra nelle discipline filosofiche, che sono un ritrovato della umana ragione. Di qui l'utilità di un'altra dottrina di ispirazione divina, oltre le discipline filosofiche.
RISPONDO: Era necessario, per la salvezza dell'uomo che, oltre le discipline filosofiche d'indagine razionale, ci fosse un'altra dottrina procedente dalla divina rivelazione. Prima di tutto perché l'uomo è ordinato a Dio come ad un fine che supera la capacità della ragione, secondo il detto d'Isaia: "Occhio non vide, eccetto te, o Dio, quello che tu hai preparato a coloro che ti amano". Ora è necessario che gli uomini conoscano in precedenza questo loro fine, perché vi indicizzino le loro intenzioni e le loro azioni. Cosicché per la salvezza dell'uomo fu necessario che mediante la divina rivelazione gli fossero fatte conoscere delle cose superiori alla ragione umana.
Anzi, anche riguardo a quello che intorno a Dio si può indagare con la ragione, fu necessario che l'uomo fosse ammaestrato per divina rivelazione, perché una conoscenza razionale di Dio non sarebbe stata possibile che per parte di pochi, dopo lungo tempo e con mescolanza di molti errori; eppure dalla conoscenza di tali verità dipende tutta la salvezza dell'uomo, che è riposta in Dio. Per provvedere alla salvezza degli uomini in modo più conveniente e più certo fu perciò necessario che rispetto alle cose divine fossero istruiti per divina rivelazione.
Di qui la necessità, oltre le discipline filosofiche, che si hanno per investigazione razionale, di una dottrina avuta per divina rivelazione.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È vero che l'uomo non deve scrutare col semplice lume della ragione cose superiori alla sua intelligenza; ma ciò che Dio gli rivela lo deve accogliere con fede. Infatti nel medesimo punto della Scrittura si aggiunge: "Molte cose ti sono mostrate superiori all'umano sentire". E precisamente in tali cose consiste la sacra dottrina.
2. La diversità di principi o di punti di vista causa la diversità delle scienze. Una stessa conclusione scientifica, può dimostrarla, sia un astronomo che un fisico, p. es., la rotondità della terra; ma l'astronomo parte da criteri matematici, cioè fa astrazione dalle qualità della materia; il fisico invece lo dimostra mediante la concretezza stessa della materia. Quindi niente impedisce che delle stesse cose delle quali tratta la filosofia con i suoi lumi di ragione naturale, tratti anche un'altra scienza che proceda alla luce della rivelazione. Perciò la teologia che fa parte della sacra dottrina differisce secondo il genere, dalla teologia che rientra nelle discipline filosofiche.
ARTICOLO 2
Se la sacra dottrina sia scienza
SEMBRA che la sacra dottrina non sia scienza. Infatti:
1. Ogni scienza procede da principi di per sé evidenti. La sacra dottrina invece procede da articoli di fede, i quali non sono di per sé evidenti, tanto è vero che non tutti li accettano: "non di tutti, infatti, è la fede", come dice l'Apostolo. Dunque la sacra dottrina non è scienza.
2. La scienza non si occupa dei singolari (ma degli universali). Ora la sacra dottrina si occupa di particolarità, come delle gesta di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe. Conseguentemente non è scienza.
IN CONTRARIO: Dice S. Agostino: "A questa scienza spetta soltanto ciò per cui la fede che salva viene generata, nutrita, difesa, rafforzata". Siccome questo è proprio unicamente della sacra dottrina, ne deriva che la sacra dottrina è scienza.
RISPONDO: La sacra dottrina è una scienza. E si prova così: Vi è un doppio genere di scienze. Alcune di esse procedono da principi noti per naturale lume d'intelletto, come l'aritmetica e la geometria; altre che procedono da principi conosciuti alla luce di una scienza superiore: p. es., la prospettiva si basa su principi di geometria e la musica su principi di aritmetica. E in tal maniera la sacra dottrina è una scienza; in quanto che poggia su principi conosciuti per lume di scienza superiore, cioè della scienza di Dio e dei Beati. Quindi, come la musica ammette i principi che le fornisce la matematica, così la sacra dottrina accetta i principi rivelati da Dio.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I principi di ogni scienza o sono evidenti di per sé o alla luce di una qualche scienza superiore. E tali sono anche i principi della scienza sacra, come ora abbiamo spiegato.
2. I fatti particolari nella sacra dottrina non hanno una parte principale: vi sono introdotti o quali esempi di vita, come avviene nelle scienze morali, o anche per dichiarare l'autorità di quegli uomini attraverso i quali è derivata la rivelazione, sulla quale si fonda la Scrittura o dottrina sacra.
ARTICOLO 3
Se la sacra dottrina sia una scienza unica
SEMBRA che la sacra dottrina non sia una scienza unica. Infatti:
1. Secondo il Filosofo "una è la scienza che tratta un soggetto di un sol genere". Ora, Creatore e creatura, di cui tratta la sacra dottrina, non sono soggetti di un medesimo genere. Perciò la sacra dottrina non è scienza unica.
2. Nella sacra dottrina si tratta di angeli, di creature corporee e di umani costumi. Tali soggetti appartengono a differenti scienze filosofiche. Conseguentemente la sacra dottrina non è scienza unica.
IN CONTRARIO: La sacra Scrittura parla di essa come di scienza unica: "Gli dette la scienza dei santi".
RISPONDO: La sacra dottrina è un'unica scienza. E infatti l'unità della potenza e dell'abito si deve desumere in relazione all'oggetto, non preso nella sua materialità, ma sotto l'aspetto formale di oggetto: così, p. es., uomo, asino e pietra convengono nella medesima ragione formale di colorato, oggetto (formale unico) della vista. Siccome, dunque, la Scrittura o dottrina sacra considera alcune cose precisamente in quanto sono divinamente rivelate, come abbiamo detto, tutte le cose che possono essere rivelate da Dio si rassomigliano dal punto di vista proprio di questa scienza. Perciò rientrano sotto la dottrina sacra come sotto una scienza unica.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La sacra dottrina non si occupa di Dio e delle creature nella stessa misura; ma di Dio principalmente, delle creature invece in quanto si riferiscono a Dio, come a principio o fine loro. È salva quindi l'unità della scienza.
2. Nulla può impedire che facoltà o abiti scientifici di ordine inferiore si diversifichino riguardo a oggetti che non sono distinti in una facoltà o abito d'ordine superiore, perché tale abito o facoltà considera l'oggetto da un punto di vista più universale. Così l'oggetto del senso comune è il sensibile, che comprende sotto di sé il visibile e l'udibile: quindi il senso comune, essendo un'unica facoltà, si estende a tutti gli oggetti dei cinque sensi. Allo stesso modo la dottrina sacra, pur essendo unica, può considerare i vari oggetti delle molteplici scienze filosofiche sotto un unico aspetto, cioè in quanto sono divinamente rivelabili. In tal modo la sacra dottrina ci si presenta come una partecipazione della scienza divina, che pur essendo una e semplice abbraccia tutte le cose.
ARTICOLO 4
Se la sacra dottrina sia una scienza pratica
SEMBRA che la sacra dottrina sia una scienza pratica. E infatti:
1. Secondo Aristotele "fine della scienza pratica è l'operazione". Ora, la sacra dottrina è ordinata precisamcnte all'operazione, secondo il detto di S. Giacomo: "Siate esecutori e non soltanto uditori della parola". Dunque la sacra dottrina è una scienza pratica.
2. La sacra dottrina si suol dividere in legge antica e nuova. Ma la legge appartiene alla scienza morale, la quale è scienza pratica. Dunque la sacra dottrina è scienza pratica.
IN CONTRARIO: Ogni scienza pratica tratta di cose operabili dall'uomo, come la morale degli atti umani e l'edilizia degli edifici. Ora, la sacra dottrina tratta principalmente di Dio, del quale l'uomo è piuttosto fattura (che fattore): essa non è dunque scienza pratica ma piuttosto speculativa.
RISPONDO: Abbiamo già detto che la sacra dottrina, pur essendo una, si estende agli oggetti delle varie scienze filosofiche a motivo della ragione formale, o aspetto speciale sotto cui li riguarda, cioè in quanto conoscibili mediante il lume divino. Per questo, sebbene tra le scienze filosofiche alcune siano speculative ed altre pratiche, pure la sacra dottrina comprende sotto di sé i due aspetti; come anche Dio con la medesima scienza conosce se stesso e le sue opere.
Tuttavia è più speculativa che pratica, perché si occupa più delle cose divine che degli atti umani, dei quali tratta solo in quanto per essi l'uomo è ordinato alla perfetta conoscenza di Dio, nella quale consiste la beatitudine eterna.
Con ciò restano sciolte le difficoltà.
ARTICOLO 5
Se la sacra dottrina sia superiore alle altre scienze
SEMBRA che la sacra dottrina non sia superiore alle altre scienze. Infatti:
1. La certezza di una scienza fa parte della sua dignità. Ora, le altre scienze, poggiando su principi indubitabili, si presentano come più certe della sacra dottrina, i cui principi, gli articoli di fede, sono suscettibili di dubbio. Quindi le altre scienze sono ad essa superiori.
2. È proprio di una scienza inferiore mutuare da un'altra, come la musica dall'aritmetica. Ora, la sacra dottrina prende qualche cosa dalle discipline filosofiche, come nota S. Girolamo in una lettera a Magno: "Gli antichi dottori hanno cosparso i loro libri di tanta dottrina e di tante massime dei filosofi, che non sai che cosa più ammirare in essi, se l'erudizione profana o la scienza scritturale". Dunque la sacra dottrina è inferiore alle altre scienze.
IN CONTRARIO: Le altre scienze sono chiamate ancelle della teologia, secondo il detto dei Proverbi: "(la sapienza) ad invitare mandò le sue ancelle alla cittadella".
RISPONDO: Questa scienza, essendo del pari speculativa e pratica, sorpassa tutte le altre sia speculative che pratiche. E infatti tra le speculative una è più degna dell'altra sia per la certezza, sia per l'eccellenza della materia. Ora, questa scienza per tutti e due i motivi eccelle tra le speculative. Quanto alla certezza, perché mentre le altre scienze la derivano dal lume naturale della ragione umana che può errare, essa la trae dal lume della scienza di Dio, che non può ingannarsi. Parimenti le supera per la dignità della materia, perché essa si occupa prevalentemente di cose che per la loro sublimità trascendono la ragione; le altre viceversa trattano di cose accessibili alla ragione.
Tra le discipline pratiche poi è superiore quella che è ordinata a un fine più remoto, così la politica è superiore alla scienza o arte militare perché il bene dell'esercito è destinato a procurare il bene dello stato. Ora, il fine di questa scienza, in quanto è scienza pratica, è l'eterna beatitudine, alla quale sono diretti i fini di tutte le scienze pratiche. Sicché, sotto tutti gli aspetti si fa palese la sua superiorita.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Niente impedisce che quanto di sua natura è più certo, sia meno certo relativamente a noi: ciò dipende dalla debolezza della nostra mente, la quale, al dire di Aristotele, "dinanzi alle cose più evidenti della natura è come l'occhio della civetta davanti al sole". Perciò il dubitare di alcuni circa gli articoli di fede non deriva dall'incertezza della cosa in se stessa, ma dalla debolezza del nostro intelletto. Nonostante ciò, un minimo che si possa avere di conoscimento delle cose più alte è molto più desiderabile della conoscenza più sicura di quelle inferiori, come afferma il Filosofo.
2. La scienza sacra può sì ricevere qualche cosa dalle discipline filosofiche, non già perché ne abbia necessità; ma per meglio chiarire i suoi insegnamenti. I suoi principi, infatti, non li prende da esse, ma immediatamente da Dio per rivelazione. E perciò non mutua dalle altre scienze come se fossero superiori, ma si serve di esse come di inferiori e di ancelle; proprio come avviene delle scienze dette architettoniche le quali utilizzano le scienze inferiori, come fa la politica rispetto all'arte militare. E l'uso che la scienza sacra ne fa non è a motivo della sua debolezza od insufficienza, ma unicamente a cagione della debolezza del nostro intelletto; il quale, dalle cose conosciute per il naturale lume della ragione (da cui derivano le altre scienze), viene condotto più facilmente, come per mano, alla cognizione delle cose soprannaturali insegnate da questa scienza.
ARTICOLO 6
Se questa dottrina sia sapienza
SEMBRA che questa dottrina non sia sapienza. Infatti:
1. Nessuna dottrina che derivi dal di fuori i suoi principi è degna dell'appellativo di sapienza, perché, dice Aristotele, "proprio del sapiente è di stabilire l'ordine, non di subirlo". Ora, questa dottrina trae dal di fuori i suoi principi, come è chiaro da quel che si è visto. Dunque essa non è sapienza.
2. Alla sapienza tocca stabilire i principi delle altre scienze; ond'è considerata da Aristotele "quale capo" delle scienze. Ma questa dottrina non stabilisce i principi delle altre scienze. Quindi non è sapienza.
3. Questa dottrina si acquista con lo studio, mentre la sapienza si ha per infusione, tanto che da Isaia è annoverata tra i sette doni dello Spirito Santo. Essa non è dunque sapienza.
IN CONTRARIO: Nel Deuteronomio è detto della legge: "Sarà questa la nostra sapienza ed intelligenza nel giudizio dei popoli".
RISPONDO: Questa dottrina, fra tutte le sapienze umane, è sapienza in sommo grado, e non già in un sol genere di oggetti, ma assolutamente. Ed infatti siccome spetta al sapiente ordinare e giudicare, e siccome d'altra parte, si giudicano le cose ricorrendo alle loro cause superiori, sarà in un dato genere sapiente colui che considera le cause supreme di questo genere. P. es., in fatto di edifici, colui che dà il disegno della casa è il sapiente e prende il nome di architetto in confronto agli artieri sottoposti, i quali piallano il legname e preparano pietre, ecc. Anche S. Paolo dice: "Come saggio architetto ho posto il fondamento". Parimenti rispetto al complesso della vita umana, sapiente è l'uomo prudente che indirizza tutti gli atti umani al debito fine. Di qui il detto dei Proverbi: "La sapienza serve all'uomo di discernimento". Colui, dunque, che considera la causa suprema dell'universo, che è Dio, è il sapiente per eccellenza: cosicché, al dire di S. Agostino, la sapienza è conoscenza delle cose divine. La sacra dottrina poi in modo più proprio si occupa di Dio in quanto causa suprema, perché non si limita a quel che se ne può conoscere attraverso le creature (ciò che hanno fatto anche i filosofi, come dice l'Apostolo: "quel che si sa di Dio è stato loro palesato"), ma si estende anche a quello che di se stesso egli solo conosce e ad altri viene comunicato per rivelazione. Quindi la sacra dottrina è detta sapienza, in sommo grado.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La sacra dottrina non mutua i suoi principi da nessuna scienza umana, ma dalla scienza divina, dalla quale, come da somma sapienza, è regolata ogni nostra cognizione.
2. I principi delle altre scienze o sono evidenti e indimostrabili, o sono provati razionalmente da una scienza superiore. Ora, la cognizione propria di questa scienza si ha per rivelazione, non già per naturale ragionamento; e quindi non spetta ad essa dimostrare i principi delle altre scienze, ma solo giudicarli: ed invero, tutto ciò che in queste scienze si ritrova in contrasto con la verità di questa scienza, è condannato come falso, secondo il detto di S. Paolo: "Noi distruggeremo i (falsi) ragionamenti e ogni rocca elevata contro la conoscenza di Dio".
3. Siccome il giudicare spetta al sapiente, un duplice modo di giudicare dà luogo ad una duplice sapienza. Accade infatti che uno giudichi per inclinazione, come fa l'uomo virtuoso, il quale, essendo disposto ad agir bene, giudica rettamente di ciò che la virtù richiede: per questo anche Aristotele dice che il virtuoso è misura e regola degli atti umani. Altro modo di giudicare è quello che si fa per via di scienza: così, uno bene attrezzato nella scienza morale, potrebbe giudicare degli atti di virtù anche senza avere la virtù. La prima maniera dunque di giudicare delle cose divine appartiene alla sapienza dono dello Spirito Santo, secondo il detto di S. Paolo: "L'uomo spirituale giudica tutte le cose"; e di Dionigi: "Ieroteo è sapiente non solo perché studia il divino, ma anche perché lo sperimenta in sé". La seconda maniera poi di giudicare appartiene alla dottrina sacra in quanto frutto di studio, sebbene i suoi principi li abbia dalla rivelazione.
ARTICOLO 7
Se Dio sia il soggetto (di studio) di questa scienza
SEMBRA che Dio non sia il soggetto di questa scienza. Infatti:
1. In ogni scienza si descrive la natura di ciò che forma il soggetto di essa, come si ha da Aristotele. Ora, questa scienza non conosce la natura di Dio, come osserva il Damasceno: "A noi è impossibile dire di Dio quello che è". Dunque Dio non è il soggetto di questa scienza.
2. Tutto ciò che è trattato in una data scienza rientra nel soggetto di essa. Ora, nella sacra Scritulra ci si occupa di molte altre cose distinte da Dio, p. es., delle creature e dei costumi degli uomini. Quindi Dio non è il soggetto di questa scienza.
IN CONTRARIO: Soggetto di una data scienza è quello intorno a cui tale scienza ragiona. Ora, in questa scienza si parla di Dio, tanto che si chiama teologia, quasi discorso intorno a Dio. Dunque Dio è il soggetto di questa scienza.
RISPONDO: Dio è il soggetto di questa scienza. Infatti esiste tra soggetto e scienza il medesimo rapporto che passa tra oggetto e facoltà o abito. Ora, oggetto proprio di una facoltà o abito è ciò che fa rientrare ogni altro oggetto sotto quella facoltà o abito: così l'uomo e la pietra dicono relazione alla vista in quanto colorati, motivo per cui il colorato è l'oggetto proprio della vista. Ora, nella sacra dottrina tutto vien trattato sotto il punto di vista di Dio; o perché è Dio stesso, o perché dice ordine a lui come a principio e fine. È chiaro dunque che Dio è il soggetto della sacra dottrina. - E ciò appare evidente anche dai principi di questa scienza, che sono gli articoli della fede, la quale riguarda Dio: identico infatti è il soggetto dei principi e dell'intera scienza, giacché tutta la scienza virtualmente è contenuta nei principi.
Altri, tuttavia, guardando più alle cose trattate in questa scienza che al punto di vista sotto il quale vengono considerate, ne hanno assegnato diversamente il soggetto: chi le cose e i segni, chi le opere della redenzione, chi tutto il Cristo, cioè il Capo e le membra. Di tutte queste cose, è vero, tratta la sacra dottrina, ma secondo che dicono ordine a Dio.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È vero che di Dio noi non possiamo conoscere l'essenza; nondimeno in questa dottrina, per far ricerca delle cose riguardanti Dio, ci serviamo di alcuni effetti, di natura o di grazia, prodotti da Dio medesimo, in luogo di una definizione (impossibile). Proprio come si fa in alcune discipline filosofiche, quando si dimostra un enunciato circa una causa mediante un suo effetto, prendendo l'effetto in luogo della definizione della causa.
2. È bensì vero che tutte le cose di cui tratta la sacra dottrina sono comprese nel termine Dio, non però come parti o specie o accidenti, ma in quanto a lui in qualche modo sono ordinate.
ARTICOLO 8
Se questa dottrina proceda con metodo dialettico
SEMBRA che questa dottrina non proceda con metodo dialettico. Infatti:
1. Dice S. Ambrogio: "Togliete via gli argomenti, ove si richiede la fede". Ora, in questa dottrina si richiede soprattutto la fede, dicendoci S. Giovanni: "Queste cose sono state scritte perché voi crediate". Dunque la sacra dottrina non si serve della dialettica.
2. Se fosse dialettica, dovrebbe argomentare o per autorità o per ragione. Ma argomentare per autorità non conviene alla sua dignità, perché l'argomento di autorità, secondo Boezio, è il più debole di tutti. Argomentare per ragione è disdicevole al suo fine, perché, al dire di S. Gregorio, "la fede cessa di essere meritoria ove la ragione umana porta l'evidenza". Dunque la sacra dottrina non si serve della dialettica.
IN CONTRARIO: S. Paolo parlando del vescovo dice: "attaccato alla parola di fede conforme all'insegnamento avuto; affinché sia in grado anche di esortare nella sana dottrina e di confutare quelli che la contraddicono".
RISPONDO: Come le scienze profane non devono dimostrare i propri principi, ma dai loro principi argomentano per dimostrare altre tesi, così la sacra dottrina non dimostrerà i propri principi, che sono gli articoli di fede; ma da essi procede alla dimostrazione di qualche altra cosa, come fa l'Apostolo, il quale dalla risurrezione di Cristo prova la risurrezione di tutti.
Tuttavia è da considerarsi che nelle scienze filosofiche le inferiori non solo non provano i loro principi, ma neanche discutono contro chi li nega, rilasciando ciò ad una scienza superiore, cioè alla metafisica. Essa, che tiene il primato su tutte le scienze, discute con chi nega i suoi principi solo nel caso che l'avversario ammetta qualche cosa; se niente concede ogni discussione è impossibile: essa allora si limita a ribatterne i sofismi. Ma la sacra dottrina non ha un'altra scienza al di sopra di sé, e quindi essa disputa contro chi nega i suoi principi argomentando rigorosamente, se l'avversario ammette qualche verità della rivelazione, come quando ricorrendo all'autorità della sacra dottrina disputiamo con gli eretici, o quando per mezzo di un articolo ammesso combattiamo contro chi ne nega qualche altro. Se poi l'avversario non crede niente di ciò che è rivelato da Dio, allora la scienza sacra non ha più modo di portare argomenti a favore degli articoli di fede: non le resta che di controbattere le ragioni che le si possano opporre. È chiaro, infatti, che poggiando la fede sulla verità infallibile ed essendo impossibile dimostrare il falso da una cosa vera, le prove che si portano contro la fede, non sono delle vere dimostrazioni, ma degli argomenti solubili.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene gli argomenti della ragione umana non valgano per provare le cose di fede; tuttavia, movendo dagli articoli di fede, la sacra dottrina può provare altre cose, come abbiamo già detto.
2. Argomentare per autorità è particolarmente proprio di questa dottrina per il fatto che essa deriva i suoi principi dalla rivelazione: per questo è necessario che si creda all'autorità di coloro ai quali fu fatta la rivelazione. Né ciò deroga alla dignità della sacra dottrina, perché, sebbene l'argomento di autorità umana sia il più debole di tutti, l'argomento di autorità fondata sulla rivelazione divina è il più forte.
Tuttavia la sacra dottrina usa anche del ragionamento, non già per dimostrare i dogmi, ché altrimenti si perderebbe il merito della fede; ma per chiarire alcuni punti del suo insegnamento. Siccome infatti la grazia non distrugge la natura, ma anzi la perfeziona, la ragione deve servire alla fede, nel modo stesso che l'inclinazione naturale della volontà asseconda la carità. Ond'è che S. Paolo dice: "facendo schiava ogni intelligenza all'obbedienza di Cristo". È così che la sacra dottrina utilizza anche l'autorità dei filosofi dove essi con la ragione naturale valsero a conoscere la verità; come fece S. Paolo che citò il detto di Arato: "come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Noi siamo progenie di Dio".
Però di queste autorità la sacra dottrina fa uso come di argomenti estranei e probabili; mentre delle autorità della Scrittura canonica si serve come di argomenti propri e rigorosi. Delle sentenze poi dei Dottori della Chiesa essa si serve quasi come di argomenti propri, ma di un valore solo probabile; perché la nostra fede poggia sulla rivelazione fatta agli Apostoli ed ai Profeti, i quali hanno scritto i libri canonici, non già su qualche altra rivelazione, dato che esista, fatta a qualche dottore privato. In proposito S. Agostino scrive: "Soltanto a quei libri delle sacre Scritture che si denominano canonici io riconosco quest'onore: di credere fermamente che nessuno dei loro autori abbia errato in qualche cosa nello scriverli. Gli altri autori poi li leggo, ma non in tal modo da reputar vero quel che dicono - per quanto sia grande la loro santità e dottrina - semplicemente perché essi hanno sentito e scritto così".
ARTICOLO 9
Se la sacra Scrittura debba usare metafore
SEMBRA che la sacra Scrittura non debba usare metafore. Infatti:
1. Non è conveniente a questa scienza, che tra tutte tiene il primato, il procedimento proprio dell'infima scienza. Ora, procedere per via di similitudini e di figure è proprio dell'arte poetica, che è l'ultima delle discipline. Dunque l'uso delle metafore non conviene a questa scienza.
2. Questa dottrina è destinata alla manifestazione della verità; tanto che ai suoi cultori è promesso un premio: "Quelli che mi mettono in luce, avranno la vita eterna". Ora, le similitudini occultano la verità. Non conviene, quindi, a questa dottrina insegnare le cose divine sotto la figura di cose corporali.
3. Quanto più una creatura è sublime tanto più si accosta alla divina somiglianza. Quindi, se proprio si vuole che alcune creature simboleggino la Divinità, è necessario che si scelgano quelle più eccelse, anziché quelle più basse, come spesso invece si trova nella Scrittura.
IN CONTRARIO: È detto in Osea: "Sono io che ho moltiplicato la visione e per mezzo dei Profeti parlai in similitudine". Ora, presentare la verità per similitudini, è usare metafore. Perciò tale uso si addice alla sacra dottrina.
RISPONDO: È conveniente che la sacra Scrittura ci presenti le cose divine e spirituali sotto la figura di cose corporali. E difatti Dio provvede a tutti gli esseri in modo conforme alla loro natura. Ora, è naturale all'uomo elevarsi alla realtà intelligibile attraverso le cose sensibili, perché ogni nostra conoscenza ha inizio dai sensi. Perciò è conveniente che nella sacra Scrittura le cose spirituali ci vengano presentate sotto immagini corporee. È ciò che dice Dionigi: "Il raggio divino non può risplendere su di noi se non attraverso la varietà dei santi veli".
Inoltre, siccome la Scrittura è un tesoro comune a tutti (secondo il detto dell'Apostolo: "Io sono debitore ai sapienti e ai non sapienti") è conveniente che essa ci presenti le cose spirituali sotto le parvenze corporali, affinché almeno in tal modo le persone semplici la possano apprendere, non essendo idonee a capire le cose intelligibili così come sono in se stesse.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il poeta usa metafore per il gusto di costruire delle immagini, infatti il raffigurare è all'uomo naturalmente piacevole. Mentre la Scrittura fa uso delle metafore per necessità e per utilità come si è detto.
2. Il raggio della divina rivelazione non si distrugge, come nota lo stesso Dionigi, sotto il velame delle figure sensibili, ma resta intatto nella sua verità; e così non permette che le menti, alle quali è stata fatta la rivelazione, si arrestino all'immagine, ma le eleva alla conoscenza delle cose intelligibili: e fa che per mezzo di coloro che direttamente hanno avuto la rivelazione anche gli altri si istruiscano su tali cose. Così avviene che quanto in un luogo della Scrittura è insegnato sotto metafora, è esplicitamente espresso in altri luoghi. Del resto, la stessa oscurità propria delle figurazioni è utile per l'esercizio degli studiosi e contro le irrisioni degli infedeli, a proposito dei quali è detto nel Vangelo: "Non vogliate dare le cose sante ai cani".
3. Con Dionigi bisogna riconoscere che è più conveniente che le cose spirituali ci vengano presentate nella sacra Scrittura sotto figure di corpi vili, anziché di corpi nobili. E ciò per tre ragioni. In primo luogo perché così più facilmente l'animo umano è premunito dall'errore. Appare chiaro infatti che tali simboli non si applicano alle cose divine in senso proprio; ciò che invece potrebbe pensarsi ove le cose di Dio si presentassero sotto figure di corpi superiori, specialmente per parte di chi non riesce a immaginare qualche cosa di più nobile dei corpi. - In secondo luogo, perché un tal modo di procedere è più conforme alla conoscenza che noi abbiamo di Dio in questa vita. Infatti, noi di Dio sappiamo piuttosto quello che non è che quello che è; e quindi le figure delle cose che sono più distanti da Dio ci fanno intendere meglio che Dio è al di sopra di quanto noi possiamo dire o pensare di lui. - In terzo luogo perché in tal modo le cose divine sono meglio occultate agli indegni.
ARTICOLO 10
Se un medesimo testo della sacra Scrittura abbia più sensi
SEMBRA che un medesimo testo della sacra Scrittura non racchiuda più sensi, cioè lo storico o letterale, l'allegorico, il tropologico o morale, e l'anagogico. E infatti:
1. La molteplicità dei sensi in un medesimo testo genera confusione ed inganno e toglie ogni forza all'argomentazione: e anzi la molteplicità delle proposizioni non permette un retto argomentare, ma dà luogo ad alcune fallacie (come si espone nella Logica). Ora, la Scrittura deve essere efficace nel mostrarci la verità senza nessuna fallacia. Dunque in essa non devon darsi più sensi in un unico testo.
2. Dice S. Agostino: "la Scrittura, che si chiama Antico Testamento, si presenta sotto quattro aspetti: cioè, secondo la storia, l'etiologia, l'analogia e l'allegoria". Ora, questa divisione sembra del tutto diversa da quella precedente. Non è quindi conveniente che un medesimo testo della sacra Scrittura sia esposto secondo i quattro sensi predetti.
3. Si aggiunga che oltre i quattro sensi assegnati c'è quello parabolico, che non è computato in quei quattro.
IN CONTRARIO: Dice S. Gregorio: "La sacra Scrittura per il modo stesso di esprimersi sorpassa tutte le altre scienze: poiché in uno stesso e identico discorso mentre racconta un fatto enuncia un mistero".
RISPONDO: L'autore della sacra Scrittura è Dio. Ora, Dio può non solo adattare parole per esprimere una verità, ciò che può anche l'uomo; ma anche le cose stesse. Quindi, se nelle altre scienze le parole hanno un significato, la sacra Scrittura ha questo in proprio: che le cose stesse indicate dalla parola, alla loro volta ne significano un'altra. L'accezione ovvia dei termini, secondo cui le parole indicano la realtà, corrisponde al primo senso che è il senso storico o letterale. Usare invece le cose stesse espresse dalle parole per significare altre cose si chiama senso spirituale, il quale è fondato sopra quello letterale e lo presuppone.
Il senso spirituale poi ha una triplice suddivisione. Dice infatti l'Apostolo che la Legge Antica è figura della Nuova; e la Legge Nuova, come dice Dionigi, è figura della gloria futura; così pure nella Legge Nuova le cose compiutesi nel Capo stanno a significare quelle che dobbiamo fare noi. Secondoché dunque le cose dell'Antico Testamento significano quelle del Nuovo, si ha il senso allegorico: secondoché poi le cose compiutesi in Cristo o significanti Cristo, sono segno di quello che dobbiamo fare noi, si ha il senso morale; finalmente in quanto significano le cose attinenti alla gloria eterna, si ha il senso anagogico.
Ma siccome il senso letterale è quello che intende l'autore, e d'altra parte l'autore della sacra Scrittura è Dio, il quale comprende simultaneamente col suo intelletto tutte le cose, non c'è difficoltà ad ammettere, con S. Agostino, che anche secondo il senso letterale in un medesimo testo scritturale vi siano più sensi.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La molteplicità di tali sensi non porta all'equivoco o ad altre anfibologie, poiché, come abbiamo detto, questi sensi non si moltiplicano per il fatto che una medesima parola significa più cose; ma semplicemente perché le cose significate dalle parole possono essere un segno di altre cose. E così non c'è da temere delle confusioni nella sacra Scrittura, perché tutti gli altri sensi si fondano su un solo senso, quello letterale, dal quale solo è lecito argomentare, e non già dal senso allegorico, come nota S. Agostino. Né per questo viene a mancare qualche cosa alla sacra Scrittura, perché niente di necessario alla fede è contenuto nel senso spirituale, che la sacra Scrittura non esprima chiaramente in senso letterale in qualche altro testo.
2. Quei tre modi di esporre la Scrittura storia, etiologia, analogia appartengono all'unico senso letterale. Storia, come spiega lo stesso S. Agostino, si ha quando si espone semplicemente una cosa; etiologia, quando si assegna la causa di quanto vien detto, come quando il Signore dichiarò il motivo per cui Mosè permise agli Ebrei di ripudiare la moglie, cioè per la durezza del loro cuore; analogia, quando si fa vedere che la verità di un passo della Scrittura non è in contrasto con la verità di un altro passo. Nella suddivisione a quattro membri (fatta da S. Agostino) l'allegoria da sola corrisponde ai tre sensi spirituali. Così Ugo da S. Vittore pone sotto il nome di allegoria anche il senso anagogico, noverando nel terzo libro delle sue Sentenze soltanto tre sensi, storico, allegorico, e tropologico.
3. Il senso parabolico è incluso nel letterale; infatti con la parola si esprime qualche cosa in senso proprio, e qualche cosa in senso figurato; ma il senso letterale non è già la figura, ma il figurato. Quando, p. es., la Scrittura parla del braccio di Dio, il senso letterale non è che in Dio vi sia questo membro corporale; ma ciò che tale membro simboleggia, cioè la potenza operativa. Di qui appare chiaro che nel senso letterale della Scrittura mai può esservi errore.”
Mi scuso ancora una volta per il lenziolo, ma la questione posta non poteva essere risolta in due parole. Prometto che dalla prossima volta, qualora dovessi ancora citare il Dottore Angelico, mi limeterò a presentare una sintesi delle sua argomentazioni.
Concludo questo mio lunghissimo intervento dicendoti che, in fondo, l'imparare ad amare Dio e l'insegnare agli altri a fare altrettanto passano necessariamente anche attraverso la speculazione filosofica e teologica, anche perché, che tu lo voglia o no, l'uomo è animale razionale per definizione.
[Modificato da Trianello 02/02/2006 16.25]