«No trasfusioni»: rifiuta il trapianto e muore

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Achille Lorenzi
00sabato 5 novembre 2005 13:48
Sabato, 5 Novembre 2005

«No trasfusioni»: rifiuta il trapianto e muore
Dopo il decesso di un Testimone di Geova altri due pazienti epatici pronti a sacrificare la loro vita

Padova

Il suo credo gli imponeva di rifiutare trasfusioni di sangue. E fino all'ultimo ha tenuto fede al severo precetto. In attesa di un trapianto di fegato nella Clinica chirurgica I dell'Azienda ospedaliera di Padova, un testimone di Geova ha scelto di togliersi dalla lista che disciplina l'accesso all'intervento. I medici non hanno potuto far altro che rispettare la sua volontà. Il paziente voleva la garanzia che, una volta entrato in sala operatoria, non gli sarebbe stata trasfusa neppure una goccia di sangue. «Possiamo fare il possibile per venirle incontro - gli hanno risposto i chirurghi - ma l'assicurazione di non dover ricorrere a trasfusioni non gliela diamo perchè la certezza matematica non c'è».

Reso edotto del rischio a cui si esponeva, il paziente ha comunque deciso di rinunciare al trapianto. Poco tempo dopo è deceduto. Ora il problema che intreccia scienza medica, implicazioni etiche, possibilità individuale di scegliere cosa fare della propria vita, si sta ripresentando: altri due testimoni di Geova, malati epatici, sono in lista d'attesa a Padova per ricevere un fegato nuovo.

Che fare? La proibizione delle trasfusioni di sangue - divieto cui sottostare sempre anche quando queste si rivelassero essenziali per la sopravvivenza - è una delle più convinte (e controverse) credenze dei seguaci di Geova: per loro accettare liquido ematico equivale a rinnegare la fede, incorrere nella disapprovazione divina e disprezzare il provvedimento per la salvezza eterna che Dio ha disposto, cioè il prezioso sangue di Cristo. «L'ospedale di Padova ha una chiara linea di indirizzo, individuata dal Servizio di medicina legale: si rispettano le convinzioni dei Testimoni di Geova e si va loro incontro nella misura in cui è possibile ma non si può escludere a priori che si presenti la necessità di ricorrere alla trasfusione di sangue - spiega Claudio Rago, responsabile operativo del Centro regionale per i trapianti - In questo caso si avvisa il paziente dell'eventualità, gli si dice chiaramente quali possono essere le conseguenze delle sue decisioni, se necessario si consulta il Comitato etico in modo che la scelta definitiva sia frutto di un'elaborazione, quindi consapevole».

Ma di fronte a un "no" secco della persona, la medicina deve fare un passo indietro. «È giusto informare i pazienti ed è altrettanto giusto tutelare i professionisti: la rete di commissioni etico-cliniche creata nel Veneto ha l'intento di aiutare a riflettere su queste delicate tematiche sia gli operatori sanitari sia i pazienti - osserva il direttore del Centro regionale trapianti Giampietro Rupolo - e di fungere da garanzia per tutti. Sicuramente si tratta di scelte che vanno rispettate».

Rimane ora da valutare cosa decideranno i due testimoni in lista d'attesa per un organo nuovo: una delle strade percorribili è che si affidino alle mani dei chirurghi che così verrebbero "responsabilizzati" della scelta di un'eventuale, inevitabile trasfusione, evitando al paziente la sensazione di sentirsi "colpevole". C'è anche da dire che il divieto di trasfusioni imposto dai testimoni di Geova è stato anche pungolo alla medicina per rintracciare nuove strade e perfezionare metodiche innovative che non prevedono l'impiego di sangue.

Federica Cappellato

Fonte: tinyurl.com/bq4wx

[Modificato da Achille Lorenzi 05/11/2005 13.51]

Achille Lorenzi
00domenica 6 novembre 2005 15:11
Domenica, 6 Novembre 2005

Il rifiuto delle trasfusioni da parte di due pazienti apre un dibattito deontologico fra scienza e credo religioso
Chirurghi e seguaci di Geova a confronto
Maurizio Benato, presidente dell?Ordine dei medici: «Siamo costretti a camminare sulle sabbie mobili»

Una riunione tra i chirurghi e i rappresentanti del culto di Geova per valutare insieme come procedere in casi delicatissimi, che chiamano in causa scienza medica, deontologia, etica, consenso informato. È la strada che si seguirà per discutere dei due pazienti in osservazione nella Clinica chirurgica I che rifiutano le trasfusioni di sangue come indicato dalla loro fede religiosa. Un eventuale trapianto di fegato comporterebbe la possibilità, non escludibile a priori, di ricorrere a trasfusioni. Una situazione che, con le sue molteplici implicazioni, pone in primo piano il rapporto medico-paziente.
"Il medico deve informare il suo assistito, metterlo nelle condizioni di scegliere in maniera consapevole ma non deve in nessun modo forzare la sua decisione. In Italia - osserva Maurizio Benato, presidente dell'Ordine dei Medichi chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Padova - l'eutanasia attiva è un reato ma di fatto l'eutanasia passiva esiste nel momento in cui il paziente ha la facoltà di rifiutare un intervento salva-vita. Si tratta di vicende che mettono in imbarazzo il medico e lo costringono a camminare sulle sabbie mobili: da un lato va informato e tutelato il paziente, dall'altro va tutelato anche il medico che deve evitare denunce per omissione di soccorso".

Del resto l'articolo 32 della Costituzione stabilisce che qualunque trattamento sanitario deve essere di norma preceduto dal consenso del paziente e un eventuale dissenso è superabile solo laddove un'esplicita norma di legge lo preveda, considerando in quel caso, e solo in quello, la possibilità di intervenire coattivamente (vedi le vaccinazioni obbligatorie contro determinate malattie infettive, il trattamento sanitario imposto per i malati di mente in condizioni di pericolosità, gli accertamenti emato-chimici per i dipendenti dello Stato prima dell'assunzione in servizio, analoghe analisi ematologiche previste per i lavoratori addetti alla manipolazione ed al confezionamento degli alimenti, i trattamenti medico-sanitari a favore dei minorenni qualora gli esercenti la potestà genitoriale non vi ottemperino). Se un tempo il medico era il dominus della salute del paziente, con l'introduzione del consenso informato nell'ordinamento giuridico si è aperto uno scenario nuovo perchè si può decidere di rifiutare le cure. Di qui grovigli dentologici ed etici. "Negli ultimi quindici anni - osserva Benato - il rapporto fiduciario tra paziente e medico si è modificato molto: il primo chiede sempre più spesso alla medicina di essere onnipotente, non perdona facilmente, è via via più disinvolto nello sporgere denuncia, il secondo si barrica dietro la medicina difensiva per paura di finire nelle maglie della magistratura". Tema scottante se si pensa che nell'arco di vent'anni di attività un medico ha l'80\% di probabilità di ricevere un avviso di garanzia e gli errori umani, intesi come accidentali e inevitabili che non implicano responsabilità morale, aumenteranno di pari passo con la complessità degli interventi chirurgici.

Federica Cappellato

Fonte tinyurl.com/8qck7


gabriele traggiai
00domenica 6 novembre 2005 23:35
a me non e' mai successo....
A me non e' mai successo!!!
Cosa?
Che qualcuno che ho fatto diventare TDG sia morto per il sangue.
Se mai dovesse succedere credo che il Signore me ne rendera' conto.
Come si fa' a credere che il Signore chieda la vita di qualcuno cosi'.??!!
Poi critichiamo i cattolici che a volte dicono:"Il Signore ha voluto cosi"

Be' non e' la stessa cosa?


By
Gabry
alex.kirk
00lunedì 7 novembre 2005 09:13
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Osea 6:6
Poiché io desidero bontà, non sacrifici,
e la conoscenza di Dio più degli olocausti.

Geova

Matteo 12:7
Voglio misericordia e non sacrificio
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