Sabato, 5 Novembre 2005
«No trasfusioni»: rifiuta il trapianto e muore
Dopo il decesso di un Testimone di Geova altri due pazienti epatici pronti a sacrificare la loro vita
Padova
Il suo credo gli imponeva di rifiutare trasfusioni di sangue. E fino all'ultimo ha tenuto fede al severo precetto. In attesa di un trapianto di fegato nella Clinica chirurgica I dell'Azienda ospedaliera di Padova, un testimone di Geova ha scelto di togliersi dalla lista che disciplina l'accesso all'intervento. I medici non hanno potuto far altro che rispettare la sua volontà. Il paziente voleva la garanzia che, una volta entrato in sala operatoria, non gli sarebbe stata trasfusa neppure una goccia di sangue. «Possiamo fare il possibile per venirle incontro - gli hanno risposto i chirurghi - ma l'assicurazione di non dover ricorrere a trasfusioni non gliela diamo perchè la certezza matematica non c'è».
Reso edotto del rischio a cui si esponeva, il paziente ha comunque deciso di rinunciare al trapianto. Poco tempo dopo è deceduto. Ora il problema che intreccia scienza medica, implicazioni etiche, possibilità individuale di scegliere cosa fare della propria vita, si sta ripresentando: altri due testimoni di Geova, malati epatici, sono in lista d'attesa a Padova per ricevere un fegato nuovo.
Che fare? La proibizione delle trasfusioni di sangue - divieto cui sottostare sempre anche quando queste si rivelassero essenziali per la sopravvivenza - è una delle più convinte (e controverse) credenze dei seguaci di Geova: per loro accettare liquido ematico equivale a rinnegare la fede, incorrere nella disapprovazione divina e disprezzare il provvedimento per la salvezza eterna che Dio ha disposto, cioè il prezioso sangue di Cristo. «L'ospedale di Padova ha una chiara linea di indirizzo, individuata dal Servizio di medicina legale: si rispettano le convinzioni dei Testimoni di Geova e si va loro incontro nella misura in cui è possibile ma non si può escludere a priori che si presenti la necessità di ricorrere alla trasfusione di sangue - spiega Claudio Rago, responsabile operativo del Centro regionale per i trapianti - In questo caso si avvisa il paziente dell'eventualità, gli si dice chiaramente quali possono essere le conseguenze delle sue decisioni, se necessario si consulta il Comitato etico in modo che la scelta definitiva sia frutto di un'elaborazione, quindi consapevole».
Ma di fronte a un "no" secco della persona, la medicina deve fare un passo indietro. «È giusto informare i pazienti ed è altrettanto giusto tutelare i professionisti: la rete di commissioni etico-cliniche creata nel Veneto ha l'intento di aiutare a riflettere su queste delicate tematiche sia gli operatori sanitari sia i pazienti - osserva il direttore del Centro regionale trapianti Giampietro Rupolo - e di fungere da garanzia per tutti. Sicuramente si tratta di scelte che vanno rispettate».
Rimane ora da valutare cosa decideranno i due testimoni in lista d'attesa per un organo nuovo: una delle strade percorribili è che si affidino alle mani dei chirurghi che così verrebbero "responsabilizzati" della scelta di un'eventuale, inevitabile trasfusione, evitando al paziente la sensazione di sentirsi "colpevole". C'è anche da dire che il divieto di trasfusioni imposto dai testimoni di Geova è stato anche pungolo alla medicina per rintracciare nuove strade e perfezionare metodiche innovative che non prevedono l'impiego di sangue.
Federica Cappellato
Fonte:
tinyurl.com/bq4wx
[Modificato da Achille Lorenzi 05/11/2005 13.51]