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Pasqua e Quartodecimani

Ultimo Aggiornamento: 13/04/2009 08:07
12/04/2009 12:58
 
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www.infotdgeova.it/dottrine/quarto.php

I quartodecimani e la Pasqua

Nel tentativo di trovare dei precedenti storici che giustifichino la consuetudine dei Testimoni di Geova di osservare la "commemorazione" della morte di Cristo una sola volta all'anno - il 14 nisan (mese ebraico che corrisponde al nostro marzo/aprile) -, la Watch Tower Society (WTS) cita spesso l'esempio dei cosiddetti Quartodecimani, cristiani di origine asiatica che nei primi tempi del cristianesimo celebravano la Pasqua in quella data.
Per capire chi fossero i Quartodecimani e in che cosa si differenziassero dal resto della chiesa cristiana, possiamo leggere quello che scrisse su di loro l'antico storico ecclesiastico Eusebio di Cesarea, nella sua Storia ecclesiastica (5,22-24). Cito e commento questo suo scritto (tratto da La Teologia dei Padri, vol. IV, pp. 71-73, traduzione di Mario Spinelli, Città Nuova Editrice) :


“Nell'anno decimo dell'impero di Commodo [anno 189, n.d.r.] ad Eleuterio, che tenne l'episcopato di Roma per tredici anni, successe Vittore... Si agitò in quei tempi una controversia non lieve, perché tutte le Chiese dell'Asia Minore [quest'uso di celebrare la Pasqua quando gli ebrei avevano il primo giorno degli Azzimi, il 14 di nisan, era esteso alla provincia consolare dell'Asia, n.d.r.], basandosi su una tradizione antichissima, ritenevano che si dovesse celebrare la Pasqua del Salvatore nel giorno quattordicesimo della luna, quando era prescritto ai giudei di sacrificare gli agnelli e che in quel giorno, qualunque fosse il dì della settimana, si dovesse in ogni caso porre termine al digiuno. Invece le Chiese di tutto il resto del mondo non seguivano affatto questa usanza e, in base a una tradizione apostolica che vige fino ad oggi, si attenevano all'usanza di non ammettere la cessazione del digiuno se non nel giorno della risurrezione del Salvatore. A questo riguardo si riunirono sinodi e assemblee di vescovi e tutti concordemente notificarono con lettere ai fedeli di ogni luogo la norma ecclesiastica che non si doveva celebrare il mistero della risurrezione del Signore dai morti in nessun altro giorno se non di domenica e che solo in quel giorno si poteva rompere l'osservanza del digiuno pasquale.”



Cominciamo con il fare alcune osservazioni. I Quartodecimani costituivano solo una parte minoritaria della Chiesa, "le chiese dell'Asia Minore". Essi sostenevano che la loro consuetudine di celebrare la Pasqua il 14 nisan si basasse su una "tradizione antichissima". Ma anche le chiese di tutto il resto del mondo si attenevano ad una "tradizione apostolica" secondo cui si doveva continuare il digiuno fino alla "resurrezione del Signore", giorno fissato alla domenica successiva al 14 nisan.

Eusebio continua:


“Ci sono state conservate fino ad oggi la lettera dei vescovi di Palestina riunitisi allora sotto la presidenza di Teofilo, vescovo di Cesarea, e di Narciso, vescovo di Gerusalemme; la lettera dei vescovi radunatisi a Roma che tratta la stessa questione e porta il nome del vescovo Vittore (189-198); quella dei vescovi del Ponto presieduti da Palma, il più anziano; quella delle comunità di Gallia, di cui era vescovo Ireneo. E ancora la lettera dei vescovi di Osroene e delle città di quella regione; in particolare, poi, quella di Bacchillo, vescovo della Chiesa di Corinto, e di moltissimi altri. Tutti manifestarono la stessa identica opinione, presero la medesima decisione, diedero lo stesso voto. Quale la norma da loro unanimemente decisa, lo abbiamo già detto.”



Quindi si contestava ai Quartodecimani non solo la rottura del digiuno prima del giorno in cui si festeggiava la resurrezione di Gesù ma anche il fatto che "il mistero della risurrezione del Signore" doveva essere celebrato la domenica. Da queste parole di Ireneo si comprende che i Quartodecimani il 14 nisan ricordavano non solo la morte di Gesù, ma ne celebravano anche la resurrezione.

(Commento mio: Quindi è errata la conclusione della WTS quando afferma che all'inizio gli apostoli e seguaci celebravano la sola morte di Cristo giacchè tutte le chiese di allora, compresi i
Quartodecimani
, celebravano anche la sua risurrezione; d'altronde il sacrificio di redenzione di Cristo, che apre la porta del Regno dei Cieli a tutti i cristiani, consiste sia nella sua morte che nella sua risurrezione - infatti senza la sua risurrezione la sola morte di Cristo non avrebbe riscattato nessuno - perciò non ci stupisce che la celebrazione riguardava entrambi gli avvenimenti).

È importante la menzione della figura di Ireneo di Lione, il quale era vescovo in Gallia ma proveniva proprio dall'Asia minore, e nelle sue opere ci informa di essere stato discepolo di Policarpo di Smirne. Pur essendo asiatico, Ireneo aveva accettato l'uso delle altre chiese, e giocò un ruolo importante nella pacificazione.

Eusebio prosegue:


“Tra molte altre considerazioni, gli rivolge queste testuali parole: «La controversia non riguarda solo i giorni, ma la forma stessa del digiuno. Alcuni ritengono che si debba digiunare un giorno solo, altri due, altri vari giorni; altri ancora computano quaranta ore diurne e notturne, al loro digiuno [qui si parla del digiuno strettissimo che precedeva la Pasqua, non di quello quaresimale, n.d.r.]. Tale varietà nell'osservanza del digiuno non è sorta ai nostri giorni, ma da molto tempo, sotto i nostri predecessori; essi, non essendo probabilmente sufficientemente oculati, trasmisero ai posteri una consuetudine instauratasi per faciloneria e ignoranza. Pur tuttavia essi vissero in pace tra di loro, e anche noi viviamo in pace tra di noi: la diversità del digiuno conferma l'unità della fede».



I vescovi dell'Asia, che sostenevano fortemente di doversi osservare l'uso loro tramandato dagli antenati, erano presieduti da Policrate. Questi, nella lettera da lui scritta a Vittore e alla Chiesa romana, espone in questi termini la tradizione a lui pervenuta: «Noi celebriamo il giorno autentico, e non gli abbiamo né aggiunto né tolto nulla. È nell'Asia, infatti, che si sono estinti i grandi luminari i quali risorgeranno nel giorno della parusia del Signore, quando egli verrà con gloria dal cielo, e risusciterà tutti i santi. Essi sono: Filippo, uno dei dodici apostoli, che si addormentò a Gerapoli, e le due sue figlie invecchiate nella verginità; una terza sua figlia, che visse nello Spirito Santo, riposa a Efeso. Poi anche Giovanni, che riposò sul petto del Signore, che fu sacerdote e portò la lamina d'oro, che fu martire e maestro: egli si è addormentato a Efeso. Inoltre Policarpo, che fu vescovo e martire a Smirne; e Trasea, vescovo di Eumenia e martire, che riposa a Smirne. Che bisogno c'è poi di ricordare Sagari, vescovo e martire, addormentatosi a Laodicea? E il beato Papirio e l'eunuco Melitone, che agì sempre mosso dallo Spirito Santo, e che giace a Sardi in attesa della visita celeste, onde risorgerà dai morti? Tutti questi, in conformità al Vangelo, celebrarono la Pasqua al quattordicesimo giorno, senza nulla variare, seguendo la regola della fede; e anche io Policrate, il più piccolo di tutti voi, osservo la tradizione dei miei parenti, alcuni dei quali furono miei predecessori. Sette miei antenati infatti furono vescovi e io sono l'ottavo. Essi sempre celebrarono la Pasqua nel giorno in cui il popolo ebreo si astiene dal pane fermentato. Io, o fratelli, ho sessantacinque anni nel Signore; sono stato in rapporto con i fratelli di tutto il mondo, ho letto tutta la sacra Scrittura; non mi lascio perciò atterrire dalle minacce. Uomini più grandi di me hanno detto: Obbedire prima a Dio che agli uomini! (At 5,29)».

A ciò soggiunge che i vescovi presenti alla stesura della lettera erano del suo stesso parere, e dice: «Potrei ricordare anche i vescovi qui presenti, che voi mi chiedeste di convocare e io ho convocato. Se scrivessi i loro nomi, sarebbero un bel numero. Pur avendo conosciuto quanto io sia un piccolo uomo, hanno approvato la mia lettera, consci che non porto invano la mia canizie e che sempre sono vissuto nel Signore Gesù».

In seguito a ciò, il capo della Chiesa romana, Vittore, intende staccare immediatamente dalla comunione ecclesiale tutte le comunità dell'Asia e le Chiese confinanti, come eterodosse, e per lettera minaccia apertamente che tutti fedeli di quei paesi andavano incontro alla scomunica. Ma ciò non piacque a tutti i vescovi e molti lo esortarono, al contrario, ad avere cura della pace, dell'unità e dell'amore verso il prossimo. Ci sono state conservate anche le loro lettere, con cui si rivolgono abbastanza aspramente a Vittore. Fra di essi vi fu anche Ireneo che scriveva a nome dei fratelli della Gallia, cui presiedeva. È d'accordo che si debba celebrare il mistero della risurrezione del Signore solamente di domenica, ma esorta anche rispettosamente Vittore a non scomunicare intere Chiese di Dio che osservano l'usanza loro tramandata.”

Ireneo ricorda quindi a Vittore, vescovo di Roma, come vi fossero tante usanze diverse in merito all'osservanza del digiuno pre-pasquale e che gia da "molto tempo" si erano instaurate tale differenti usanze, le quali tuttavia non avevano mai pregiudicato l'unità della fede. Si trattava quindi, secondo Ireneo, di particolari secondari.


“A ciò soggiunge una considerazione che ritengo opportuno riferire; è di questo tenore: «I presbiteri [vescovi di Roma, n.d.r.] che, prima di Sotero, furono a capo della Chiesa da te governata, cioè Aniceto e Pio, Igino e Telesforo e Sisto, né essi osservarono tale uso asiatico, né lo fecero osservare ai propri fedeli; ma ciò nonostante restavano in pace con i fedeli che provenivano dalle Chiese in cui tale usanza si osservava. Eppure la loro osservanza doveva apparire assai stridente in mezzo a quelli che non la tenevano! Ma nessuno fu per questo riprovato e i presbiteri tuoi predecessori inviavano l'eucaristia a quelli delle Chiese in cui vigeva quella osservanza [anticamente i vescovi solevano scambiarsi l'eucaristia, n.d.r.].”



Si noti anche questo importante particolare: le comunità dei credenti celebravano comunemente l'"eucaristia". La "Cena del Signore" tenuta il 14 nisan non era quindi l'unica occasione in cui si celebrava l'eucaristia. La disputa, lo vogliamo ricordare di nuovo, verteva sulla data della Pasqua e sulla cessazione del digiuno e non sul fatto che solo una volta all'anno e solo il 14 nisan si doveva celebrare la "cena del Signore", come invece la WTS vorrebbe far credere. I cristiani, infatti, secondo testimonianze antichissime - si veda la Didaché, riconosciuta come autorevole dalla stessa WTS - celebravano la "Cena del Signore" o eucaristia ogni domenica e questo sin dalle origini. Questo è un particolare che la Watchtower non menziona o cerca di occultare.

Proseguendo Ireneo conferma questa consuetudine di celebrare frequentemente l'eucaristia:


“Anche quando il beato Policarpo venne a Roma, ai tempi di Aniceto, per altre divergenze di lieve conto, subito si scambiarono l'abbraccio di pace e su questo argomento non discussero molto. Infatti Aniceto non poté persuadere Policarpo ad abbandonare l'osservanza che egli, vissuto familiarmente con Giovanni discepolo di nostro Signore e gli altri apostoli, aveva sempre praticato, né Policarpo si sforzò di persuadere Aniceto, il quale asseriva di sentirsi obbligato a mantenere l'uso tramandatogli dai presbiteri suoi predecessori. Pur stando così le cose, rimasero in unità e Aniceto, a titolo di onore, concesse a Policarpo di celebrare in Chiesa l'eucaristia, e alla fine si separarono in pace; e in tutta la Chiesa regnava la pace, sia tra chi seguiva e chi non seguiva l'usanza asiatica». Questi consigli diede e così trattò per la pace delle Chiese Ireneo, che fece veramente onore al suo nome: fu infatti «uomo di pace» non solo di nome, ma anche nelle opere. Non solo con Vittore, ma con molti altri capi di Chiese si tenne in corrispondenza epistolare, trattando la questione che si agitava.”



Quindi questi cristiani, compreso Policarpo, discepolo dell'apostolo Giovanni, pur avendo delle divergenze sulla data in cui celebrare la Pasqua (= ricordo della morte e resurrezione di Gesù) e sulla sospensione del digiuno che la precedeva, erano uniti per quanto riguarda la celebrazione dell'eucaristia: «Aniceto, a titolo di onore, concesse a Policarpo di celebrare in Chiesa l'eucaristia, e alla fine si separarono in pace; e in tutta la Chiesa regnava la pace, sia tra chi seguiva e chi non seguiva l'usanza asiatica».

Quindi i TdG sbagliano e travisano i fatti quando citano l'esempio dei Quartodecimani per giustificare la loro osservanza annuale della "commemorazione". La storia attesta infatti che i primi cristiani - sia Quartodecimani che la chiesa in generale - pur seguendo tradizioni diverse in merito alla data in cui celebrare "la Pasqua del Salvatore", erano concordi nel celebrare frequentemente ed unitamente l'eucaristia.

Questo però è qualcosa che i TdG non sanno e che la Watch Tower non ha mai insegnato. Infatti nella Torre di Guardia del 15/3/1994, p. 5 - in un articolo intitolato "Il Pasto Serale del Signore: con che frequenza va celebrato?" -, le parole di Eusebio vengono citate in questo modo:
«In una lettera Ireneo di Lione scrisse: "Aniceto non riuscì infatti a persuadere Policarpo a non osservare il quattordicesimo giorno, come aveva sempre fatto con Giovanni, discepolo del Signore nostro, e con gli altri apostoli con cui era vissuto; né Policarpo persuase Aniceto ad osservarlo, poiché quest'ultimo diceva che bisognava mantenere la consuetudine dei presbiteri a lui anteriori"».
E qui la Watch Tower si ferma. Bastava che avessero citato le tre righe precedenti e le tre righe successive della lettera di Ireneo e si sarebbe compreso che tutti i primi cristiani celebravano l'eucaristia frequentemente e non solo una volta all'anno, come invece la WTS vuole far credere.


[Modificato da Bicchiere mezzo pieno 12/04/2009 13:53]
La verità non è qualcosa di statico ma è basata su una conoscenza progressiva, in grado di mettere in discussione anche i precedenti concetti raggiunti usando il modello del metodo scientifico
12/04/2009 13:10
 
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Re:
Bicchiere mezzo pieno, 12/04/2009 12.58:

http://www.infotdgeova.it/dottrine/quarto.php

E qui la Watch Tower si ferma. Bastava che avessero citato le tre righe precedenti e le tre righe successive della lettera di Ireneo e si sarebbe compreso che tutti i primi cristiani celebravano l'eucaristia frequentemente e non solo una volta all'anno, come invece la WTS vuole far credere.





Bellissimo lavoro, grazie.
In quanto a ciò che la WTS vuol far intendere, non è l'unico esempio.
Perchè sconsiglia di usare testi che non siano editi dalla stessa società?, perchè sconsiglia internet?
Perchè sarebbe facile scoprire certe manovre.
Gabriella
12/04/2009 20:34
 
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E come ho scritto anche in questa pagina www.infotdgeova.it/dottrine/pasqua.php , i Quartodecimani celebravano una solenne "Cena del Signore" il 14 nisan, ma non ritenevano certamente sbagliato festeggiare la Pasqua, resurrezione di Cristo, e non consideravano certamente pagana una simile osservanza.

I TdG, con il loro respingere e condannare tutto ciò che non è esplicitamente scritto nella Bibbia, avrebbero condannato gli stessi Giudei perché festeggiavano la festa dei Purim (festa che aveva origini pagane). E avrebbero respinto come "anti scritturale" anche la festa della Dedicazione (hanukka). Anche questa ricorrenza non viene comandata in nessun passo della Scrittura ma i fedeli giudei - Gesù compreso - ogni anno la celebravano (cfr. Giov. 10:23).

Nella succitata pagina del sito ho osservato:

«Non esiste in effetti alcun versetto nella Scrittura in cui si dica di festeggiare la resurrezione di Cristo. Secondo il ragionamento dei TdG, estremamente legalistico, si dovrebbe concludere che se una cosa non è comandata esplicitamente dalla Bibbia questo significa che non è giusto compierla. Ma questo modo di pensare contraddice sia la Bibbia che la storia: esistono, infatti, usanze e consuetudini ebraiche che non sono mai state esplicitamente comandate nella Legge o nella Scrittura ma che tuttavia non erano disapprovate».

Achille
[Modificato da Achille Lorenzi 13/04/2009 07:52]
12/04/2009 21:52
 
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Carissimo Achille ho seguito,
la nota sul cd della wts riguardante il termine "dedicazione" e mi ha portato al versetto Le 21:12.

Inoltre non deve uscire dal santuario e non deve profanare il santuario del suo Dio, perché il segno della dedicazione, l’olio d’unzione del suo Dio, è su di lui. Io sono Geova.



anche se non viene comandata è prevista e riconosciuta nella Scrittura.

Ti rinnovo gli auguri di Buona Pasqua da parte mia e di mia moglie.


12/04/2009 22:09
 
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Re:
salvatore1957, 12/04/2009 21.52:

Carissimo Achille ho seguito,
la nota sul cd della wts riguardante il termine "dedicazione" e mi ha portato al versetto Le 21:12.

Inoltre non deve uscire dal santuario e non deve profanare il santuario del suo Dio, perché il segno della dedicazione, l’olio d’unzione del suo Dio, è su di lui. Io sono Geova.



anche se non viene comandata è prevista e riconosciuta nella Scrittura.

Ti rinnovo gli auguri di Buona Pasqua da parte mia e di mia moglie.





Spiacente, ma lì la dedicazione è riferita al Sommo Sacerdote. Basta leggere qualche versetto indietro e qualche versetto avanti e si schiariscono le idee in maniera cristallina.


"10 «"Il sommo sacerdote che sta al di sopra dei suoi fratelli, sul capo del quale è stato sparso l'olio dell'unzione e che è stato consacrato e indossa i paramenti sacri, non si scoprirà il capo e non si straccerà le vesti. 11 Non si avvicinerà ad alcun cadavere; non si renderà impuro neppure per suo padre e per sua madre. 12 Non uscirà dal santuario e non profanerà il santuario del suo Dio, perché l'olio dell'unzione del suo Dio è su di lui come un diadema. Io sono il SIGNORE.
13 Sposerà una vergine. 14 Non sposerà né una vedova, né una divorziata, né una disonorata, né una prostituta; ma prenderà per moglie una vergine del suo popolo. 15 Non disonorerà la sua discendenza in mezzo al suo popolo; poiché io sono il SIGNORE che lo santifico"».



Il segno della dedicazione è l'unzione del sommo sacerdote, una cosa ben diversa dalla festa della dedicazione di cui Achille parlava prima. Fra l'altro nel verso stesso da te riportato si capisce chiaramente che l'olio dell'unzione è il segno della dedicazione del sommo sacerdote.
Ne consegue che non c'è nessuna legge mosaica che abbia comandato la festa della dedicazione; cio non di meno gli Ebrei, compresi Gesù e gli apostoli, la seguivano.



[Modificato da Bicchiere mezzo pieno 12/04/2009 22:13]
La verità non è qualcosa di statico ma è basata su una conoscenza progressiva, in grado di mettere in discussione anche i precedenti concetti raggiunti usando il modello del metodo scientifico
13/04/2009 07:07
 
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Bicchiere mezzo pieno ha scritto:

Ne consegue che non c'è nessuna legge mosaica che abbia comandato la festa della dedicazione; cio non di meno gli Ebrei, compresi Gesù e gli apostoli, la seguivano.

Esatto. Questa feste venne istituita da Giuda Maccabeo nel secondo secolo avanti Cristo per ricordare la dedicazione del tempio dopo le profanazioni di Antioco IV:

«Hanukkah: Festività ebraica. Nota anche come "Festa delle luci", "Festa della Dedicazione" o "dei Maccabei", Hanukkah (in ebraico "dedicazione") comincia il 25 Kislev (3° mese del calendario ebraico, dicembre), dura otto giorni, e commemora la ridedicazione del tempio di Gerusalemme da parte di Giuda Maccabeo nel 165 a.C., seguita alla profanazione compiuta da Antioco IV Epifane, re di Siria e signore di Palestina. Quest'ultimo nel 168 a.C. aveva fatto dedicare il tempio al culto di Zeus Olimpio, disponendo nel tempio un altare dedicato al dio. Tre anni dopo, quando Giuda Maccabeo riconquistò Gerusalemme, fece purificare il tempio e collocare un nuovo altare nel luogo di quello preesistente, sconsacrato. Il tempio fu dedicato nuovamente a Dio, e le feste durarono otto giorni. Secondo la tradizionale fonte della storia di Hanukkah, il Talmud, nel tempio si poté trovare soltanto un'ampolla di olio vergine di oliva, sigillata dal sommo sacerdote e necessaria per il rito di ridedicazione; miracolosamente, la piccola quantità di olio bruciò per otto giorni. Una delle caratteristiche principali della celebrazione attuale, che commemora questo miracolo, è l'accensione delle candele, una la prima notte, due la seconda e così via, finché è completamente illuminato uno speciale candelabro a otto bracci». www.itsos.gpa.it/storia/steiner/steiner/feste.htm

Di tale festa si parla nei libri dei Maccabei (1 Macc. 4,59; 2 Macc. 2:16).

Achille
13/04/2009 07:48
 
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Caro Bikky,
non essere spiacente nel correggermi, io sono onorato che mi dedichi un pò del tuo tempo!

E del "purim" che ne dite; ieri sera su "voyager domande sulla Bibbia" sembrerebbe che fosse stata Ester a istituirlo per commemorare lo scampato pericolo del suo popolo.

Vi ringrazio in anticipo.


13/04/2009 08:07
 
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salvatore1957, 13/04/2009 7.48:

Caro Bikky,
non essere spiacente nel correggermi, io sono onorato che mi dedichi un pò del tuo tempo!

E del "purim" che ne dite; ieri sera su "voyager domande sulla Bibbia" sembrerebbe che fosse stata Ester a istituirlo per commemorare lo scampato pericolo del suo popolo.

Vi ringrazio in anticipo.



Il libro di Ester dice appunto questo. Tuttavia le origini della festa, secondo gli studiosi, risalgono ad un'epoca precedente. La festa venne "giudaizzata" per ricordare poi i fatti narrati nel libro di Ester.
Il punto comunque è che questa festa non era stata esplicitamente comandata nella Legge, la quale prescriveva solo tre feste annuali. Tuttavia venne osservata dai fedeli ebrei ed è menzionata anch'essa nel libro dei Maccabei (2 Macc.15:36).

Da un punto di vista di rigorosa e letterale osservanza della Scrittura, secondo la quale non si doveva aggiungere o togliere nulla a ciò che era stato comandato, queste feste non avrebbero avuto ragione di esistere. E se i TdG fossero esistiti allora, con lo spirito che li caratterizza, le avrebbero certamente evitate se non addirittura vietate.

Achille
[Modificato da Achille Lorenzi 13/04/2009 08:22]
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