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25 Dicembre; Natale e culto di Sol Invictus. Dietro-front!

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2008 00:39
25/11/2008 00:39
 
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Re:
cavdna, 25.11.2008 00:13:

vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei cari fratelli e sorelle

anche se attingo da un testo un pà vecchiotto....

provo a dire comunque la mia, e non per smentire alcuno......

tratto da "Biblioteca Storica" - Autobiografia della CHIESA : dagli Atti degli Aposti al testamento di Paolo VI - a cura di Michel Meslin e Jacques Lowe - Edizione Italiana curata da Luigi FIORANI - SANSONI Editore.

da pag. 90 a pag. 93 :

"La festa del Natale

A prima vista può sembrare sorprendente che una festa liturgica della nascita di Gesù sia stata sconosciuta ai cristiani durante i primi tre secoli della Chiesa. Quest’ultima, di fatto, celebrava soltanto una festa nel ricordo della morte e della Resurrezione del Signore, la nuova Pasqua. Solo nel corso del IV secolo si comincia a celebrare la nascita di Gesù, ma senza una data stabilita da una tradizione unanime: il 6 gennaio in Oriente, il 25 dicembre in Occidente. In tutti e due i casi è l’esistenza di una festa pagana di inizio d’anno, un cambiamento del tempo, a spiegare l’istituzione della festa cristiana, ma anche la volontà di cristianizzare il tempo nuovo.
In effetti in Oriente, esisteva anche un’antichissima festa della Luce, celebrata nel solstizio d’inverno, che, all’inizio del I secolo, cadeva, nel calendario giuliano, attorno al 6 gennaio,. Ad Alessandria, i greci celebravano nella notte la nascita del tempo nuovo con processioni e inni di cui abbiamo conservato un frammento: “La Vergine (Koré) ha partorito il tempo nuovo”. L’aumento di luce al solstizio era così vissuto come una Epifania.
In Occidente, con certezza dopo il III secolo, si celebrava il 25 dicembre la nascita del Sole. Nel culto di Mitra quello stesso giorno era consacrato a celebrare la nascita del Dio e della nuova luce: Mitra che scaturisce dalla roccia e porta la fiaccola, genitor luminis. Quella notte ovunque venivano accesi dei fuochi per aiutare il sole a salire più in alto al di sopra dell’orizzonte. È molto verosimile che la festa del Natale sia apparsa a Roma, il 25 dicembre, sotto il regno di Costantino: la più antica testimonianza ne è un calendario del 354 che riprende gli usi datai negli anni 330. nello stesso tempo, le Chiese d’Oriente celebrano il 6 gennaio non come festa della nascita, Natale, ma della manifestazione, Epifania, di Dio. Ma a poco a poco l’uso occidentale si è diffuso in Oriente, nonostante alcune resistenze locali: la festa del Natale viene celebrata dal 375 ad Antiochia, nel 379 a Costantinopoli, ma a Gerusalemme stessa si dovrà attendere la metà del VI secolo perché la nascita di Gesù venga celebrata il 25 dicembre.
I vescovi insistono ovunque sul doppio significato simbolico di questa festa, di cui recuperano i valori non cristiani: il Cristo è il vero sole, il sole di giustizia del profeta. La nascita di una nuova luce si realizza con l’illuminazione del mondo tramite la manifestazione di Dio, che entra nel mondo con la sua incarnazione e prima di tutto con la sua nascita. La luce del mondo che appare è solo il compimento dell’annuncio fatto da Isaia (Gv. 8, 12).
Nella sua predicazione annuale, Agostino collega tutti questi temi, insistendo sul fatto che i cristiani non celebrano in alcun modo una data storica, ma una realtà fondamentale: Dio si è manifestato agli uomini sulla terra. Quanto a Gregorio Nazianzeno, egli pure si sofferma sull’aspetto della rigenerazione spirituale.

“Ascoltate, figli della luce, già adottati nel Regno di Dio; amati, fratelli, ascoltate; ascoltate e rallegratevi nel Signore voi giusti, voi retti a cui si addice la lode (Sl. 32, 1). Ascoltate ciò che sapete, meditate ciò che ascoltate, amate ciò che credete e proclamate ciò che amate. Oggi festeggiamo un anniversario, ed ecco il discorso che un tal giorno suggerisce.
Il Cristo è nato, come Dio dal Padre, come uomo dalla madre; dall’immortalità dal Padre, dalla verginità della madre, dal Padre senza il concorso della madre, e dalla madre senza quello del Padre. Dal Padre senza tempo , e dalla madre senza seme. Dal Padre principio della vita, dalla madre rifugio della morte. Dal Padre per dare ordine ad ogni giorno, dalla madre per consacrare questo giorno.
Egli ha inviato Giovanni Battista, che ha fatto nascere quando i giorni cominciavano a diminuire; ed egli stesso è nato quando i giorni cominciavano crescere, secondo le parole stesse di Giovanni: “Egli deve crescere ed io devo diminuire” (Gv. 3, 30). La vita umana infatti deve diminuire per aumentare in Gesù cristo, “perché quelli che vivono non vivono più per se stessi, ma per colui che è morte e resuscitato per loro” (2 Cor. 5, 15); e perché ciascuno di noi dica con le parole dell’Apostolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gl. 2, 20).
Chi tra di noi può conoscere tutti i tesori della saggezza e della scienza di Dio che il Cristo racchiude e nasconde nella povertà della sua carne? Infatti: “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi, per mezzo della sua povertà” (2 Cor. 8, 9). Egli ha assunto la condizione di mortale per distruggere la morte: si è rivelato a noi nella povertà, ma ha promesso delle immense ricchezze di cui nessuno l’ha spogliato. Quale tesoro è la sua dolcezza, che riserva per coloro che lo temono, di cui ricolma chi in lui si rifugia (Sl. 30, 20)! Ma la nostra conoscenza di questo tesoro resta imperfetta, finché non giunge la perfezione. Affinché noi ci prepariamo a comprenderlo, Gesù, uguale al Padre e Dio come lui, ci ricrea a somiglianza di Dio; lui unico figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo per rendere figli di Dio molti figli degli uomini; a noi, schiavi, ci insegna essendo simile a noi nella sua condizione visibile di schiavo, e ci rende liberi e capaci di comprendere la condizione di Dio. “Carissimi, fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1 Gv. 3, 2). Ci convertirà e mostrerà il suo sembiante, e noi saremo salvi e tutti i nostri desideri saranno soddisfatti”.

AGOSTINO, Sermone 194, 1 e 3



< Noi celebriamo oggi la teofania, ovvero la natività, poiché si chiama in tutti e due i modi, e vi sono due nomi per indicare il medesimo avvenimento. Dio si manifesta agli uomini per mezzo della sua nascita. Delle due sostanze una già esisteva certamente dotata di eternità da colui che è eterno, ed è quindi al di sopra delle cause e delle ragioni (nessun principio infatti è superiore al Verbo); l’altra poi è stata fatta a vantaggio della nostra salvezza, affinché chi ci aveva dato la vita ci potesse anche elargire la felicità; o meglio, affinché noi che avevamo persa quella a causa del peccato, potessimo di nuovo essere chiamati alla sua Incarnazione, che ce la rende. Perciò questa festa si chiama Teofania, perché Cristo vi si manifesto; ed è anche detta Natività perché egli vi è nato. Questa festa è tutta nostra e in questo giorno odierno celebriamo la venuta di Dio presso gli uomini, affinché noi ci possiamo avvicinare o (per dirlo con maggiore proprietà) ritornare a lui; affinché noi, spogliati dell’uomo vecchio, rivestiamo il nuovo; e come siamo morti in Abramo, così viviamo in cristo, mentre nasciamo con il Cristo, siamo crocifissi, siamo sepolti, risorgiamo (…) Celebriamo quindi la nostra solennità non come si usa nelle feste pubbliche, ma in modo divino; non in modo mondano, ma con sentimento superiore al mondo; noi non festeggiamo cose che sono nostre, ma di colui che si è fatto nostro, o, per meglio dire, di colui che è Signore; non festeggiamo la nostra debolezza, ma la nostra guarigione; non festeggiamo la nostra creazione, ma la nostra rigenerazione>>.


GREGORIO NAZIANZENO, Sermone per il giorno di Natale, 380"





grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO




.



I testi che hai citato vanno nella stessa direzione di quanto avevo affermato in precedenza. Socrates
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