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Facciamo outing!

Ultimo Aggiornamento: 20/08/2008 01:13
17/08/2008 06:38
 
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C'era un ragazzo che girava per casa, i giorni della mia adolescenza. Era poco più vecchio di me. Lasciava qualche giornaletto, beveva un tè o un'aranciata insieme a qualche dolcetto di mia nonna e se ne andava. Non era una cosa strana, a casa nostra. I miei genitori, socialisti e libertari, trovavano normale scambiare idee con chiunque. Io, fra le altre cose, studiavo musica e suonavo alcuni strumenti. Il ragazzo rimase coinvolto nella mia passione ed io nella sua religione. Diventammo amici e, di conseguenza, iniziai a studiare quello che lui studiava e a frequentare i luoghi che lui frequentava. Erano gli anni dell'imminenza della fine. Percorsi, nella tollerante indifferenza della mia famiglia, il normale itinerario che porta alle attività della congregazione e al battesimo. Fui battezzato, giusto un giorno dopo la fine di questo malvagio sistema di cose (il primo gennaio del 1976, probabilmente un extra time). Dando, non c'è che dire, una straordinaria prova di fede.
Degli anni successivi c'è poco da dire. A parte che, con discrezione, non smisi mai di coltivare i miei interessi. La musica, la letteratura, la filosofia, la sociologia. Era però difficile dissimulare completamente, nell'ambiente, tale genere di interessi. Devo dire che i ragazzi (e, perchè negarlo, specialmente le ragazze) della congregazione trovavano, forse senza conoscerne appieno il motivo, attraente questo stravagante fratello,dai riccioli neri almeno due centimetri oltre l'ordinanza, che suonava il piano, conosceva il latino e il greco (magari non benissimo, ma scommetto una Bibbia d'oro illustrata da Beardsley contro un fumetto di Diabolik che il mio ventisette valeva molto di più del diploma per corrispondenza del giudice Rutherford). E anche un pochino di ebraico antico, che mia nonna, ebrea, mi insegnava di nascosto dai miei genitori atei per prepararmi al bar mizvah (conservo ancora, per suo ricordo, la kippah che mi fece con i ferri da calza e su scritte quelle meravigliose e struggenti parole da Isaia 40, 30-31). Loro, i giovani fratelli e sorelle, che passavano la vita a schivare i fendenti della verga della disciplina, sono certo, nel loro intimo invidiavano la mia, per loro, privilegiata libertà familiare.
Millantando, nei confronti degli anziani, certe aspettative dei miei genitori per la mia formazione culturale, mi iscrissi all'università. Ma, fuori sede, la vita era dura. Davo lezioni di musica ed altro, ma i soldi terminavano con la velocità della luce. Tramite conoscenze accademiche mi venne offerto un contratto come pianista in un piano bar della riviera adriatica. Io, che studiavo ad Urbino, cioè a pochi chilometri, trovai l'offerta economicamente interessante. Tra milioni di dubbi, reticenze, ripensamenti dissi di sì e firmai un contratto che mi impegnava per alcuni mesi. Era una condotta, come dire, "borderline", ma gli anziani, masticando amaro, deglutirono. Ero sotto strettissima osservazione.
Avete presente un carabiniere in borghese? Non posso contare quante volte trovai, fra il pubblico, certi personaggi che odoravano di anziano lontano mille miglia. Ma l'ambiente era tranquillo e discreto. L'atmosfera era sobria. Insomma, ad un millimetro dal baratro, ma in equilibrio sugli alluci. Basta un soffio di vento e... E il vento inizia a soffiare. Un uragano.
Il titolare del locale cedette la licenza, ed insieme con essa anche tutti i contratti di collaborazione. Il nuovo proprietario, con idee differenti, iniziò una ristrutturazione del locale che prevedeva la realizzazione, in una sala attigua di una sorta di night club, con annessi show di strip tease. Non mi fu richiesto altro che di continuare a fare quello che facevo, ma il tipo di clientela mutò. Io mi sentii subito in notevole disagio. Cercai di recedere dal contratto, ma era oltremodo oneroso. Avevo già speso gran parte dell'anticipo, e la clausola di rescissione era per me insostenibile.
Non mi sentivo bene alle adunanze e in compagnia dei fratelli. Divenni inattivo.
Dopo molto tempo un anziano della mia originaria congregazione si mette in contatto con me. Mi chiede un incontro "così tanto per parlare della tua situazione, del tuo sostegno spirituale."
Ero combattuto. I miei interessi stavano prendendo il sopravvento sulla mia fede. Ma nel profondo essa mi mancava. Andai all'incontro. I fratelli erano tre. Due dei quali a me sconosciuti. Parlammo di tante cose. Anche di musica, del progresso dei miei studi, della mia famiglia. E poi "e con il lavoro come va?".
Seppi da un fratello con cui avevo un rapporto di amicizia leggermente più radicato, che qualche settimana dopo, la mia disassociazione, per condotta che non si addice a un cristiano, era stata annunciata alla congregazione. Ed, in via ufficiosa, motivata con la parola "immoralità".
Sono stato allontanato per il mio smisurato amore per il finger picking di James Taylor, per le ballate sociali di Pete Seger, per le poesie in musica di Leonard Cohen, per il rigore morale di Epicuro, per l'etica sociale di Mihail Bakunin, per la pratica quotidiana dell'amore verso il prossimo di Dorothy Day. Tutta gente verso la quale il più grande fra i presidenti della società torre di guardia non sarebbe nemmeno degno di sciogliere il calzare.
Sono passati ormai quasi trent'anni, mi sono laureato (due volte), mi sono sposato (due volte), ho divorziato (due volte), i miei ex riccioli neri sono sparsi sui pavimenti di tutte le hall di albergo e i piano bar da qui a Città del Capo, ma il mio smisurato amore per queste cose non è mutato. E trovo in queste, molto più cristianesimo che in diciotto tonnellate di letteratura geovista e dodicimila ore di scuola di ministero.
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