>Un Dio che ti chiede la vita per vedere se l'ho ami?
che non l'ho sà se lo amo o no?
che è stolto?
deve uno morire per dimostrarglielo?
Vuol vedere quanto sei disposto a soffrire?
e mi si racconta di Giobbe e altro?
ma siamo Pazzi?
La sofferenza,malattie e morte è il suo metro!
Ma tu faresti ammalare o torturare un figlio per vedere se ti vuole bene?
Allora sei complessata e non onipotente e onisciente !
e cosa fai tu Dio per meritarti questo amore?,
ma scherziamo?
Ma chi sei?
Rispondo
Quoto al centopercento! Ma questo modo di vedere la cosa dipende da una lettura fondamentalista. E il fondamentalismo è la strada maestra per equivocare.
Il problema va risolto con l'intelligenza che deve partire da un concetto di Dio degno di questo nome; trascendente e Assoluto che ha dovuto perciò relativizzare (non nel senso di dire falsità ma di rendere relativi a noi, cioè rendere alla nostra portata la sua rivelazione). Quindi si diventa certi che le Scritture adoperano antropomorfismo (=parlare alla maniera umana, come se Dio fosse un uomo) e metafora (che come la parabola, fa un discorso per lanciarci - gr.
ballo - verso un intendimento diverso, spirituale, di realtà altrimenti inintelligibile).
Si scopre csì anche che Dio sa (deve sapere per natura!) da sempre il presente e il futuro e perciò non ha bisogno di indagare o mettere alla prova per sapere o vedere se...
Il che ci obbliga a reinterpretare quelle espressioni che giustamente indignano sia Renato che il sottoscritto se mi si proponesse di capirle alla lettera.
La soluzione è che le prove a cui "il gran teatro del mondo" ci sottopone non è Dio a mandarle ma la libertà umana bacata dal peccato e gli eventi naturali; né che è Dio a dover indagare per sapere ma che sono io, creatura calata nel tempo e nello spazio, che ho bisogno di misurare le mie forze e la mia fedeltà per dimostrare a me stesso se amo davvero il Padre e mi affido alla sua provvidenza con fede e al suo perdono (visto che tra i mascalzoni che amareggiano la vita ci sono anch'io come protagonista).
E questo superare le prove restando fedeli ai suoi comandamenti, e di più, per i cristiani, al Vangelo, è ciò che ci costruisce in santità purificandoci da ogni scoria che ci impedisce di essere capax Dei.
Aveva ragione Paolo VI ad osservare che giustamente gli atei respingono la fede se si presenta loro Dio in una maniera sbagliata.
----------------------
est modus in rebus