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Di Narnia e altre storie (TdG?)

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2007 16:00
04/06/2007 16:00
 
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Il brano che riporto di seguito è tratto da “Le cronache di Narnia” e più precisamente dall’ultimo libro della saga “L’ultima battaglia”.
Perché posto il brano? Perché qualche tempo fa ho letto dei post a proposito dei parallelismi tra “Narnia” e la Bibbia, Gesù, ecc…
Devo dire che quando ho letto i libri, qualche anno fa, ho notato anch’io delle analogie con la Bibbia.
I sette libri sono infatti strutturati in modo che il lettore parta dalla Genesi e arrivi alla Rivelazione.

Ma nello specifico nel brano qui sotto mi è parso curioso l’analogia tra i nani e quella che io ritengo sia una “frecciatina” ai culti che si ritengono i soli possessori della Verità (…i TdG??). (il grassetto nei paragrafi è mio).

E’ un po’ lungo ma è molto scorrevole e divertente.
Buona lettura e ciao a tutti. [SM=x570892] [SM=x570892]


I nani non vogliono essere imbrogliati (da “Le Cronache di Narnia”, libro 7° “l’ultima battaglia”, cap. 13° )



……………………………….
…….— E cos'è successo quando siete arrivati? — chiese Eustachio.
— Be' — disse Peter — per un po' non è successo niente (non saprei dire per quanto tempo). Poi, improvvisamente, la porta si è aperta...
— La porta? — chiese Tirian.
— Sì — rispose Peter. — La porta da cui siete entrato o siete sbucato voi. L'avete dimenticato?
— Ma dov'è?
— Guardate — indicò Peter.
Tirian si voltò e vide la cosa più strana e ridicola della sua vita. Pochi metri più in là, illuminata da un raggio di sole, c'era una porta con relativi infissi e nient'altro. Non c'erano pareti, tetto o pavimento, nessuna costru-zione e niente che la tenesse in piedi. Si avvicinò, incuriosito, e gli altri lo seguirono per godere il suo stupore. Una volta di fronte alla porta Tirian le girò intorno con lo stesso risultato, perché anche dall'altra parte non c'era niente. Si trovavano in aperta campagna, in un mattino di primavera. La porta era piantata a terra come un albero cresciuto spontaneamente.
— Mio signore — disse Tirian al Re supremo — è una cosa veramente singolare.
— È la porta da cui siete entrati voi e il Calormeniano cinque minuti fa — precisò Peter, sorridendo.
— Ma io non sono entrato nella stalla? Questa porta sembra portare dal nulla al nulla.
— Può sembrare così se le girate intorno — disse Peter. — Ma provate ad avvicinarvi a quella fenditura e a guardarci attraverso.
Tirian si accostò e sbirciò dal buco della serratura. All'inizio non vide nulla perché dall'altra parte era troppo buio, poi, quando i suoi occhi si abituarono all'oscurità, cominciò a distinguere i particolari della scena. Si ve-deva la luce cupa e rossastra di un fuoco che andava spegnendosi; era notte fonda e il cielo era un manto di stelle. Vide figure scure che si muovevano qua e là, altre che stavano in piedi tra lui e il fuoco. Poteva sentirne le voci e capì che erano guerrieri di Calormen. Solo allora si rese conto che era come guardar fuori della stalla, perché riconobbe il prato in cima alla collina dove aveva combattuto la sua ultima battaglia. I soldati discutevano sull'opportunità di entrare alla ricerca del capitano o appiccare il fuoco a tutto.
A quel punto Tirian si voltò e si guardò di nuovo intorno, ma non riusciva a credere ai suoi occhi. Sopra di lui c'era un cielo limpido e terso, intorno prati e colline che si stendevano a perdita d'occhio; gli amici erano lì vicino e sorridevano affettuosamente.
— Sembra che la stalla vista da fuori e quella vista "da dentro" siano due cose completamente diverse — disse Tirian, sentendosi alquanto sciocco.
— Sì — confermò lord Digory. — L'interno è molto più vasto dell'esterno.

Sì — ripeté la regina Lucy. — Una volta anche nel nostro mondo ci fu una stalla che ospitava qualcosa di molto, molto più grande di tutti noi. — Era la prima volta che Lucy interveniva nel discorso e dalla sua voce emozionata Tirian comprese che si trattava di un argomento importantissimo. Fino a quel momento Lucy era rimasta in silenzio, ad ascoltare con interesse, così felice da non trovare la forza di parlare. Ma Tirian voleva sentire ancora la sua voce pacata e melodiosa e disse: — Vi prego, signora, raccontatemi tutto.
— Dopo tanto frastuono — proseguì Lucy — ci siamo trovati qui e ci siamo chiesti che porta fosse quella, proprio come avete fatto voi. Ad un certo punto si è aperta (dall'altra parte c'era solo buio pesto) e ne è uscito un uomo grosso con la spada in mano. Da com'era vestito ci siamo subito resi conto che si trattava di un Calormeniano. Si è messo dietro la porta con la spada in pugno, pronto a mozzare la testa a chiunque avesse varcato la soglia. Noi gli siamo andati vicino e gli abbiamo parlato, ma ci siamo accorti che non poteva vederci né sentirci. Molto probabilmente, non era in grado di vedere nemmeno i prati e il cielo azzurro che aveva intorno.
Dunque non ci rimaneva che portare pazienza e aspettare. A un certo punto ab-biamo sentito scattare la maniglia; prima di sferrare il colpo, l'uomo nascosto ha aspettato di vedere di chi si trattasse. Questo ci ha fatto pensare che avesse ricevuto l'ordine di uccidere qualcuno e risparmiare qualcun altro. Proprio nel momento in cui la porta si è aperta, è comparso da chissà dove Tash in persona. Intanto un grosso gatto è entrato nella stalla: appena ha visto Tash è schizzato via come una furia. Giusto in tempo, perché il beccaccio di Tash stava per afferrarlo. Anche il guerriero ha visto il dio: è impallidito e si è inchinato in adorazione, ma il mostro è scomparso nel nulla. Di nuovo abbiamo aspettato un certo tempo e la porta si è aperta per la terza volta. È entrato un giovane calormeniano, un bellissimo ragazzo dall'aspetto gentile. Quando la sentinella lo ha visto, è rimasta di sasso: evidentemente si aspettava di veder entrare qualcun altro...
— Adesso capisco tutto! — esclamò Eustachio (che aveva la cattiva abitudine di interrompere una persona mentre parlava). — Il primo a entrare è stato il gatto, a cui la sentinella deve aver avuto l'ordine di non fare del ma-le. Secondo i piani il gatto sarebbe dovuto uscire subito, per raccontare agli altri animali l'incontro spaventoso con Tashlan e terrorizzarli. Ma Cambio non aveva calcolato l'effettiva apparizione di Tash e non si è accorto che il Rosso non fingeva, quando è schizzato via in preda al panico. A quel punto, con la scusa di Tashlan, Cambio avrebbe potuto sbarazzarsi di chiunque, pensando che la sentinella avrebbe ucciso tutti coloro che osavano entrare nella stalla. Invece...

— Amico mio — intervenne educatamente Tirian — non interrompere una signora quando parla.
— Dunque — riprese Lucy — la sentinella è rimasta disorientata per un attimo. Questo ha permesso al giovane di sguainare la spada e difendersi: hanno combattuto per qualche minuto e alla fine il giovane è riuscito a uccidere l'altro, scaraventandolo con tutte le forze fuori della stalla. Noi abbiamo cercato di parlargli, ma il giovane si muoveva come in stato di trance. Continuava a ripetere: «Tash, Tash, dov'è Tash? Voglio andare da Tash». Ci siamo resi conto che era inutile tentare di distoglierlo dal suo proposito, così lo abbiamo lasciato andare in quella direzione. Peccato, lo avrei conosciuto tanto volentieri. Subito dopo... oh, è orribile — Lucy fece una smorfia di disgusto.
— Subito dopo — continuò Edmund — qualcuno ha gettato nella stalla una grossa scimmia. Tash è comparso di nuovo; mia sorella ha l'animo troppo sensibile per dirvi che ha divorato la scimmia in un boccone.

— Ben le sta — disse Eustachio. — E speriamo che gli sia andata di traverso.

Poi è toccato a una decina di nani — proseguì Lucy. — Quindi è stata la volta di Jill ed Eustachio; per ultimo siete arrivato voi.
— Spero che Tash abbia divorato anche i nani — commentò Eustachio con rabbia. — Sporchi traditori.
— Non li ha divorati affatto — ribatté Lucy. — E tu non parlare in questo modo, non essere troppo vendicativo. Tra parentesi, sono ancora qui; ho cercato di fare amicizia con loro, ma è stato uno sforzo inutile. — Amicizia con quelli — gridò Eustachio. — Forse non sapete cosa hanno combinato.
— Basta, Eustachio — si innervosì Lucy. — Venite tutti: voi, re Tirian, forse potrete fare qualcosa per loro.
— Veramente, in questo momento non nutro un grande affetto per i nani — disse Tirian. — Ma se me lo chiedete, lo farò volentieri.

Lucy fece strada e arrivarono dove si trovavano gli undici nani di Narnia. A guardarli sembravano un po' strani, non si capiva perché stessero immobili e imbambolati, seduti in cerchio a fissarsi negli occhi. Nessuno si muoveva, anche se le corde che li avevano tenuti legati sembravano scomparse. Non si voltarono nemmeno quando Lucy e Tirian furono così vicini da poterli toccare. Dopo un attimo li videro sollevare la testa, forse perché avevano sentito dei rumori e volevano sapere di cosa si trattasse, ma sembrava che non ci vedessero affatto.
— Sta' attento — disse uno di loro. — Sta' attento a dove metti i piedi, altrimenti rischi di venirci addosso.
— Va bene — si arrabbiò Eustachio. — Guarda che ce li abbiamo gli occhi, non siamo mica ciechi.
— Devono essere occhi magici, se riesci a vedere qua dentro — disse il nano che si chiamava Digolo.
— Dentro dove? — chiese Edmund.
— Come sarebbe, testa di legno? In questa maledetta, puzzolente stalla buia — esclamò Digolo.
— Siete diventati orbi? — fece Tirian.
— E cos'altro dovremmo essere, in questo buio pesto? — sbottò Digolo.
— Non è affatto buio, poveri, stupidi nani — disse Lucy. — Possibile che non riusciate a vedere il cielo, gli alberi e i fiori? Non vedete neppure me?
— Dannazione, come faccio a vedere tutte quelle cose? Con che coraggio dici di vedermi, se qui dentro è buio come la pece?
— Ti assicuro che ti vedo — ribatté Lucy. — E te lo posso provare. Stai fumando una pipa.
— Chiunque lo può dedurre dall'odore di tabacco — rispose Digolo.
— Poveretti — esclamò Lucy. — Che cosa terribile. — Poi le venne un'idea: si chinò e raccolse qualche viola selvatica. — Senti qui, nano. Anche se cieco, sarai in grado di sentire i profumi: annusa questa delizia. — Fece per avvicinare il ciuffo di fiorellini profumati al nasone di Digolo, ma per poco non si prese un pugno.
— Non ti permettere — gridò il nano. — Come osi gettarmi addosso quest'immondizia? Puzza di letame! Ma chi sei, insolente maleducata?
— Ehi, uomo della terra — intervenne Tirian. — Porta rispetto. È la regina Lucy, mandata in missione da Aslan. Dovete ringraziarla, è solo merito suo se il vostro unico re Tirian, cioè io, non vi taglio la testa, razza di traditori.
— Certo che avete un bel coraggio — esclamò Digolo. — Come fate a raccontare simili balle? Non doveva venire a salvarvi il vostro meraviglio-so leone? Invece non si è visto nessuno. Ancora adesso, prigioniero con noi in questa stalla infernale... continuate a prenderci in giro e a inventare bugie. Vorreste farci credere che non siamo legati, che qui dentro non è buio pesto e solo il cielo sa cos'altro!
— È buio nelle vostre zucche vuote — gridò Tirian. — Uscite dalle te-nebre che vi offuscano il cervello. Fatelo, una volta per tutte. — Detto questo, afferrò Digolo per la cintura e la collottola e lo allontanò dagli altri nani. Un attimo dopo Tirian lo vide strisciare di nuovo verso i compagni, tamponandosi il naso.

— Ahi, ahi, cosa mi hai fatto? Mi hai sbattuto contro il muro, mi hai quasi rotto il naso.
— Poveretti — si impietosì Lucy. — Cosa possiamo fare per loro?
— Lasciarli in pace — rispose Eustachio generosamente.
Ma in quel momento la terra tremò; la brezza leggera si tramutò in vento e scosse le cime degli alberi. Ci fu un tuono, seguito da un lampo. Si volta-rono tutti e per ultimo Tirian, terrorizzato da quello che avrebbe potuto vedere. Ma sbagliava, oh se sbagliava. Il cuore gli si riempì di gioia perché, proprio di fronte a lui e per la prima volta nella vita, gli apparve quella creatura unica e meravigliosa. Aslan era imponente e maestoso; gli amici erano inginocchiati intorno a lui e gli accarezzavano il muso regale e la criniera splendida e luminosa.

Lui ricambiava, leccando con amore le mani
e i volti, poi si voltò e guardò Tirian con occhi sfavillanti. Tremando dal-l'emozione Tirian si avvicinò e si gettò ai suoi piedi. Il leone lo baciò e disse: — O ultimo re di Narnia, che tu sia benedetto! Hai affrontato con co-raggio i momenti più difficili.
— Aslan, potresti... vorresti fare qualcosa per i poveri nani? — Lucy lo pregò con le lacrime agli occhi.
— Cara — disse Aslan — ti mostrerò adesso ciò che posso e non posso fare.
Si avvicinò ai nani ed emise un piccolo ruggito: piccolo per modo di di-re, visto che fece tremare l'aria. Ma i nani non si scossero: — Avete senti-to? Devono essere quei birbanti dall'altra parte della stalla. Vogliono spa-ventarci con qualche meccanismo infernale... Non fateci caso, questa volta non ci cascheremo.

Aslan sollevò la testa e scosse la meravigliosa criniera. Come per incan-to, ai piedi dei nani apparve una tavola imbandita con delizie di ogni genere: carni arrosto, salse prelibate, frutta, torte e gelati dai mille gusti. E, come se non bastasse, nelle mani di ognuno dei nani c'era un grosso calice di vino rosso. Non servì a niente: cominciarono a mangiare e bere con voracità, ma si capiva che non riuscivano ad assaporarne il gusto. Credevano di mangiare e bere quello che di solito si trova in una stalla. Uno disse che stava cercando di inghiottire del fieno, un altro che aveva trovato una vec-chia rapa, un terzo sosteneva di aver messo sotto i denti foglie di cavolo marce. Quando sorseggiarono quel nettare di vino, aggiunsero: — Come si può mandar giù quest'acqua sporca e fetida? Non avrei mai creduto che sa-remmo finiti così.
Ben presto ogni nano cominciò a sospettare che il suo vicino, raspando il terreno, avesse trovato qualcosa di più buono e cominciarono a litigare fra loro. Dopo pochi minuti erano passati alle vie di fatto: volarono botte e schiaffoni, finché tutto il ben di Dio che era sulla tavola finì sui vestiti o, peggio, fu scaraventato per terra. Ma quando alla fine, esausti, sedettero di nuovo per leccarsi le ferite e riprendere fiato, qualcuno disse: — Comun-que siano andate le cose, stavolta non ci siamo fatti imbrogliare. Hip, hip, urrà! Viva i nani! Che forza siamo, ragazzi.

Avete visto? — chiese Aslan. — Non si lasciano aiutare. Hanno scelto la via della perdizione, non la via della fede e del perdono. La loro prigione è nella loro mente, ed è una prigione inespugnabile. Hanno così paura di essere imbrogliati che si imbrogliano da soli. Ma venite, ragazzi, altre cose ci aspettano.


Il leone si incamminò verso la porta e gli altri lo seguirono; a un certo punto sollevò la testa e ruggì: — È giunto il tempo. — E ancora più forte: — Tempo! — Poi così forte che fece tremare le stelle: — TEMPO!
La porta si spalancò.



[SM=x570925]

[Modificato da -Marlin- 04/06/2007 16.15]

Potrete ingannare tutti per un po'. Potrete ingannare qualcuno per sempre.
Ma non potrete ingannare tutti per sempre [Abramo Lincoln]
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