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[Filmato] Mons. L. Minuti - I TdG e la divinità di Gesù

Ultimo Aggiornamento: 31/07/2007 00:35
28/05/2007 03:08
 
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

28/05/2007 06:39
 
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La cristologia dei TdG
A corollario del filmato di Don Minuti, inserisco questo:


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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

28/05/2007 09:17
 
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Dove ha presenziato queste conferenze don Lorenzo? [SM=g27828]

Ciao [SM=x570892]

Bruno
______________________________


---Verba volant scripta manent---
-----
--- www.vasodipandora.org ---
30/05/2007 08:15
 
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Mi dicono dalle parti di Camp... uhm... non ricordo...

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

29/07/2007 11:05
 
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dubbio
Ciao!

molto bello, chiaro e convincente questo video, però dopo qualche tempo mi è sorto un dubbio leggendo un altro versetto di Giovanni.
Infatti sono persuaso da quello che dice il Mons. riguardo Giovanno 14:11, ma leggendo Gio 17:21 "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.", viene da chiedersi, usando lo stesso ragionamento che nel video è usato in 14:10-11, se bisogna pensare che anche quelli che crederanno in Gesù faranno parte della Trinità.
[SM=g27825] [SM=x570872]

Vi ringrazio infinitamente per qualsiasi ragguaglio


Saluti e buone vacanze!

[Modificato da info.se 29/07/2007 11.06]

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Non so cosa sia Dio, ma so cosa non è
29/07/2007 17:15
 
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Re: dubbio

Scritto da: info.se 29/07/2007 11.05
Ciao!

molto bello, chiaro e convincente questo video, però dopo qualche tempo mi è sorto un dubbio leggendo un altro versetto di Giovanni.
Infatti sono persuaso da quello che dice il Mons. riguardo Giovanno 14:11, ma leggendo Gio 17:21 "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.", viene da chiedersi, usando lo stesso ragionamento che nel video è usato in 14:10-11, se bisogna pensare che anche quelli che crederanno in Gesù faranno parte della Trinità.
[SM=g27825] [SM=x570872]

Vi ringrazio infinitamente per qualsiasi ragguaglio


Saluti e buone vacanze!

[Modificato da info.se 29/07/2007 11.06]







gli altri sapranno spiegarti certamente meglio la questione, comunque confermo quello che dici anche se umanamente può sembrare assurdo.
bisogna però specificare cosa significa "far parte della Trinità".

è il progetto di Dio dall'eternità, quello di rendere gli uomini partecipi della sua vita intima, è a questo scopo che ci ha creati.

l'uomo non è al mondo per possedere una felicità, ma la felicità suprema; quella stessa di Dio!!

fin dall'origine abbiamo in noi l'anelito all'infinito, una sete che nulla di limitato (cioè dell'ordine della creazione), può appagare.


Salmi 41:2-3 Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.

L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?


il peccato di Adamo ed Eva non è consisitio nel voler essere come Dio, ma nel volerlo essere senza di lui. Hanno preteso di conseguire la felicità eliminando Dio dall'orizzonte della propria vita credendo alla falsa immagine di Dio che il demonio aveva loro proposto.

Cristo è venuto a portare a compimento il progetto originario.
Con la sua morte e risurrezione offre all'uomo la guarigione dalla più grave delle malattie; la perdita della comunione con Dio.

Cristo, innestandoci in sè con la Fede e il Battesimo, ci ha resi partecipi della propria natura, dei propri doni;

egli è il Figlio eterno del Padre
in lui diveniamo Figli del Padre

Ciò che il Figlio è dall'eternità, l'uomo lo acquisisce per grazia.

Tieni conto che nessuna parola umana, nessun concetto del nostro linguaggio potrà mai esprimere in pienezza ciò che saremo e a cui siamo destinati (purchè lo vogliamo).

Certo è che siamo chiamati a vedere Dio faccia a faccia, a godere della sua stessa felicità.
L'intima comunione che avremo con Dio non annullerà però la distinzione tra noi (creature) e Dio (Uno e trino).

Dio sarà sempre la Fonte dei doni, noi saremo coloro che tutto da lui ricevono; la vita eterna, la potenza, l'intelligenza, la bellezza, la gloria.


Nella scrittura sono diverse le parole e i concetti per indicare il nostro stato finale proprio perchè non esistono immagini che possono esprimere esaurientemente tale condizione, ogni immagine va presa come parte di un puzzle.




Apocalisse 3:21 Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono


Questo passo esprime la nostra partecipazione alla Potenza e Gloria di Dio, noi sederemo sul trono di Gesù. Ma il trono di Gesù è il trono del Padre.

Sapienza 3:7 Nel giorno del loro giudizio risplenderanno;
come scintille nella stoppia, correranno qua e là.



Matteo 13:43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro



1Corinzi 2:9 Sta scritto infatti:
Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
queste ha preparato Dio per coloro che lo amano.











"Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro."
"Formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo."

Ezechiele



29/07/2007 20:08
 
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Per il Cristiano la beatitudine paradisiaca altro non è che la partecipazione alla Vita Trinitaria. Noi non entreremo a far parte della Trinità, per così dire, poiché la nostra stessa natura creaturale ce lo impedisce, ma "particeperemo" di essa, così come partecipiamo dell'essere di Dio, che è l'Essere.

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

30/07/2007 01:31
 
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forse ho capito
grazie per i vostri interventi, con i quali sono d'accordo. Infatti credo anche io che in Gio 17:21 si intenda che noi come creature parteciperemo alla trinità e a Dio. E' evidente che non potremmo far parte della trinità.
Però quello che mi disturba è che l'espressione che Minuti usa per dimostrare che gesù si identifica in Dio, in realtà poi è usata anche là dove è evidente che il soggetto (ovvero noi), cui l'espressione si riferisce, non può essere identificato con Dio. Quindi quello che mi premeva far notare è che l'espressione di Gio 14:11, in realtà non è così categorica come sembra voler far intendere minuti, e che quindi può anche non voler intendere che Gesù è la stessa Divinità di Dio. Ovvero anche in Gio 14:10-11 quell'espressione di Gesù potrebbe voler solo intendere che il messia "partecipa" in Dio, ma non he è la stessa divinità.

Ma forse la cosa che non ho colto è che per Gesù si dice sì che Gesù è in Dio, ma è detto anche che Dio è in Gesù..
mentre quando parla di noi viene soltanto detto che noi siamo in Dio, ma non che Dio è in noi..
quindi forse è questa la vera differenza che mi mancava, ovvero Gesù è compreso in Dio e Dio è compreso in Gesù;
, mentre noi saremo sì compresi in Dio ma Dio non è e non sarà compreso in noi.. quindi per l'appunto il nostro sarà soltanto un "partecipare" alla divinità.

è giusto? è questo il punto che mi ero perso?


spero di essermi spiegato [SM=g27818]


in ogni caso ancora grazie, siete sempre di aiuto.
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Non so cosa sia Dio, ma so cosa non è
30/07/2007 02:14
 
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Ecco l'Omelia 110 del Commento al Vangelo di Giovanni di Sant'Agostino, Omelia dedicata a Gv 17,21-23.


Li hai amati come hai amato me.

Il Padre ci ama nel Figlio, perché in lui ci ha eletti prima della creazione del mondo. Colui che ama l'Unigenito, ama altresì le membra di lui che ha adottato in vista di lui e per mezzo di lui.

1. Il Signore Gesù, dopo aver pregato per i suoi discepoli che erano allora presenti, e dopo aver esteso la sua preghiera a tutti gli altri dicendo: Non prego soltanto per questi, ma anche per coloro che crederanno in me per mezzo della loro parola (Gv 17, 20), come se gli avessimo chiesto per qual motivo si rivolgesse al Padre e che cosa intendeva chiedere, subito aggiunge: affinché tutti siano una cosa sola come tu, Padre, sei in me ed io in te, affinché anch'essi siano una cosa sola in noi (Gv 17, 21). Poco prima, pregando solamente per i discepoli che aveva con sé, aveva detto: Padre santo, conservali nel nome tuo quelli che mi hai dato, affinché siano una cosa sola, come noi (Gv 17, 11). Ora chiede anche per noi quanto aveva chiesto prima per gli Apostoli, affinché tutti, noi e loro, siamo una cosa sola. E' da notare però diligentemente che il Signore non ha detto: affinché tutti insieme siamo una cosa sola, ma: affinché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me ed io in te (sottinteso: siamo una cosa sola, come esplicitamente dirà più avanti). Anche prima aveva detto riguardo ai discepoli che erano con lui: affinché siano uno come noi. Il Padre è nel Figlio e il Figlio nel Padre, così da essere una cosa sola, perché sono della medesima sostanza divina; noi invece possiamo essere in loro, tuttavia non possiamo essere una cosa sola con loro, poiché non siamo della stessa sostanza divina di cui essi sono, dato che il Figlio è Dio come il Padre. E' vero che, in quanto uomo, il Figlio è della nostra medesima sostanza; ma qui egli vuole rimarcare quella verità che in altra occasione ha affermato: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30); vuole cioè rimarcare che la sua natura è quella medesima del Padre. Perciò, anche se il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono in noi, non dobbiamo credere che essi appartengono alla nostra stessa natura. Sì, essi sono in noi e noi in loro, ma in modo che essi sono una cosa sola nella loro natura, e noi una cosa sola nella nostra. E precisamente essi sono in noi, come Dio nel suo tempio; noi invece siamo in loro come la creatura nel suo Creatore.

2. Dopo aver detto: affinché anch'essi siano una cosa sola in noi, aggiunge: cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17, 21). Che significa questo? Forse che il mondo crederà solo quando saremo tutti una cosa sola nel Padre e nel Figlio? Ma non è questa la pace perpetua, e quindi più il premio della fede che non la fede stessa? Saremo una cosa sola, infatti, non per poter credere, ma perché avremo creduto. E' vero che anche in questa vita, in virtù della comune fede, quanti crediamo nell'unico Salvatore siamo una cosa sola, secondo l'affermazione dell'Apostolo: Tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3, 28). Ma anche in questo caso, l'essere una cosa sola non è condizione ma effetto della fede. Cosa vuole intendere il Signore dicendo: Che tutti siano una cosa sola, affinché il mondo creda? Tutti vuol dire il mondo dei credenti. Coloro che saranno una cosa sola e il mondo che crederà, dato che gli uni e gli altri saranno una sola cosa, non sono realtà diverse, poiché, evidentemente, le parole: che tutti siamo una cosa sola, son dette di coloro cui erano state rivolte le altre: Non prego soltanto per questi, ma anche per coloro che crederanno in me per mezzo della loro parola; soggiungendo subito: affinché tutti siano una cosa sola. Chi sono questi tutti se non il mondo, e non il mondo ostile ma quello fedele? Poco prima infatti aveva detto: non prego per il mondo (Gv 17, 9), e ora prega per il mondo affinché creda. Esiste, infatti, un mondo del quale l'Apostolo dice: Non dobbiamo essere condannati con questo mondo (1 Cor 11, 32). Per questo mondo il Signore non prega; ben sapendo quale sorte ad esso toccherà. Ma esiste anche un mondo del quale sta scritto: Non è venuto il Figlio dell'uomo per giudicare il mondo, ma affinché il mondo sia salvo per mezzo di lui (Gv 3, 17); e del quale l'Apostolo dice: Era Dio che in Cristo riconciliava a sé il mondo (2 Cor 5, 19). Per questo mondo Cristo prega dicendo: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E' appunto in virtù di questa fede che il mondo viene riconciliato a Dio, quando crede in Cristo come mandato da Dio. Come dovremo dunque intendere le parole del Signore: anch'essi siano una cosa sola in noi, cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato? Non certo nel senso che la fede del mondo dipenda dal fatto che essi saranno una cosa sola, come se il mondo dovesse credere quando vedrà che essi sono una cosa sola: infatti per "mondo" si intendono tutti quelli che credendo diventeranno una cosa sola. Ma, come pregando ha detto: affinché tutti siano uno e, sempre pregando: affinché essi in noi siano uno, così dice anche: affinché il mondo creda. La preghiera infatti: affinché tutti siano uno ha lo stesso senso dell'altra: affinché il mondo creda, perché è credendo che il mondo diventerà uno: saranno perfettamente uno coloro che, essendo uno per natura, ribellandosi all'uno, avevano perduto la loro unità. Se, insomma, per la terza volta sottintendiamo il verbo "prego", o, meglio, se facciamo dipendere tutto da questo verbo, il senso di questo passo diverrà chiaro: Prego affinché tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me ed io in te; prego affinché anch'essi siano uno in noi; prego affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Inoltre ha precisato: in noi, perché si tenga ben presente che se noi diventiamo una cosa sola in virtù della fede e della carità, lo dobbiamo, non a noi, ma alla grazia di Dio. E' quanto c'insegna l'Apostolo, quando, dopo aver detto: Un tempo foste tenebra, mentre adesso siete luce, affinché nessuno se ne attribuisca il merito, aggiunge: nel Signore (Ef 5, 8).

3. Ed ora, il nostro Salvatore, che pregando il Padre aveva dimostrato di essere uomo, per dimostrare che, essendo Dio come il Padre, è in grado di esaudire egli stesso la sua preghiera, dice: E io ho dato loro la gloria che tu mi hai dato (Gv 17, 22). Qual'è questa gloria, se non l'immortalità che in lui la natura umana avrebbe conseguito? Neppure lui, infatti, l'aveva ancora ricevuta; però, al solito, in virtù dell'immutabile predestinazione, indica il futuro con dei verbi al passato. Egli infatti sa che ormai sarà glorificato, cioè risuscitato dal Padre, e a sua volta glorificherà noi risuscitandoci alla fine dei tempi. E' un concetto simile a quello da lui espresso altrove: Come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole (Gv 5, 21). E quali morti fa vivere, se non gli stessi che il Padre risuscita? Tutte le cose infatti che il Padre fa, non altre cose ma le stesse fa anche il Figlio; e non le fa in altro modo, ma similmente le fa (Gv 5, 19). Quindi anche la sua stessa risurrezione egli ha operato insieme al Padre, come egli dichiarò: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (Gv 2, 19). Pertanto s'intende, benché non lo dica, che anche lui si è data la gloria dell'immortalità, che dice di aver ricevuto dal Padre. Spesso infatti egli dice che il Padre da solo compie ciò che egli stesso compie insieme al Padre, per attribuire a colui, dal quale procede, tutto ciò che lui è. Ma qualche volta, senza nominare il Padre, si attribuisce ciò che egli fa insieme al Padre, affinché impariamo a non separare il Figlio dalle opere del Padre, allorché senza nominare se stesso attribuisce qualcosa all'opera del Padre; così come non dobbiamo separare il Padre dalle opere del Figlio quando vengono attribuite al Figlio senza menzionare il Padre; perché essi operano sempre congiuntamente. Quando il Figlio parla delle opere del Padre tacendo di sé, offre a noi un salutare esempio di umiltà; quando, invece, parla delle sue opere senza nominare il Padre, ci richiama alla sua uguaglianza con il Padre, affinché nessuno lo consideri a lui inferiore. Esprimendosi così, anche in questo caso dimostra che egli, sebbene dica: la gloria che tu mi hai dato, non è estraneo all'opera del Padre, in quanto quella gloria egli se l'è data anche da se stesso. E neppure presenta il Padre estraneo alla sua opera, quando dice: ho dato a loro la gloria, in quanto anche il Padre l'ha data loro. E inseparabili sono, non soltanto le opere del Padre e del Figlio, ma anche quelle dello Spirito Santo. Ora, come in virtù della preghiera che egli rivolge al Padre per tutti i suoi vuole che tutti siano una cosa sola, così vuole, non meno, che ciò si compia in virtù del suo dono, perciò dice: Io ho dato loro la gloria che tu mi hai dato. E subito aggiunge: affinché siano uno come noi siamo uno.

4. Così ha proseguito: Io in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell'unità (Gv 17, 23). In questi termini concisi, egli si presenta come mediatore tra Dio e gli uomini. Dicendo così, non vuol dire che il Padre non è in noi, o che noi non siamo nel Padre, avendo anche annunciato in un altro passo: Noi verremo a lui, e faremo dimora presso di lui (Gv 14, 23). E in questa preghiera, poco prima, non aveva detto, come dice ora: Io in loro e tu in me, oppure: essi in me e io in te; ma aveva detto: Tu in me ed io in te, e anch'essi in noi. Quel che ora dice, lo dice in quanto mediatore, analogamente a quanto dice l'Apostolo: Voi siete di Cristo, Cristo poi è di Dio (1 Cor 3, 23). Dicendo inoltre: Affinché siano perfetti nell'unità, vuol farci intendere che la riconciliazione, che si compie per mezzo di lui mediatore, ha come scopo di farci godere la beatitudine perfetta alla cui pienezza niente si potrà aggiungere. E quanto a ciò che segue: affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato (Gv 17, 23), credo non sia da prendere come una ripetizione della precedente frase: affinché il mondo creda. Qualche volta, infatti, si mette "conoscere" al posto di "credere", come nel passo precedente: Hanno veramente conosciuto che sono uscito da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato (Gv 17, 8). Hanno creduto corrisponde all'espressione: hanno conosciuto. Ma qui, siccome parla della vita beata, è da intendere la conoscenza quale si avrà nella visione, non quella che abbiamo ora mediante la fede. Appare infatti nelle parole del Signore un ordine logico ben preciso. Prima ha detto: affinché il mondo creda, mentre qui dice: affinché il mondo conosca. E anche se aveva pregato il Padre: affinché tutti siano uno e affinché siano uno in noi, non aveva tuttavia aggiunto: e siano perfetti nell'unità, ma aveva così concluso: cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato. Qui, invece, dopo aver detto: affinché siano perfetti nell'unità, non aggiunge: affinché il mondo creda, ma chiede al Padre: che il mondo conosca che tu mi hai mandato. Infatti finché crediamo ciò che non vediamo, non siamo ancora così perfetti nell'unità, come lo saremo quando ci sarà concesso di vedere ciò che crediamo. Giustamente, quindi, prima dice: affinché il mondo creda, e dopo: affinché il mondo conosca. Tuttavia, nel primo come nel secondo caso, soggiunge: che tu mi hai mandato, affinché teniamo presente che ora noi, riguardo alla inseparabile carità del Padre e del Figlio, crediamo ciò che, mediante la fede, tendiamo a conoscere. Se invece avesse detto: affinché conoscano che tu mi hai mandato, sarebbe stato lo stesso che dire: affinché il mondo conosca. Essi stessi infatti sono il mondo, non il mondo che rimane ostile, quale è quello predestinato alla dannazione; ma il mondo che da nemico è diventato amico, per il quale Dio era nel Cristo nell'atto di riconciliare il mondo a sé. Perciò ha detto: Io in loro e tu in me, come a dire: Io in coloro ai quali tu mi hai mandato, e tu in me, intento a riconciliarti per mio mezzo il mondo.

[Non può il Padre non amare le membra del suo Unigenito.]

5. Sicché prosegue: e li hai amati come hai amato me (Gv 17, 23). Sì, il Padre ci ama nel Figlio, perché in lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo (cf. Ef 1, 4). Chi ama il Figlio unigenito, non può fare a meno di amare anche le sue membra, che in lui e per lui egli ha adottato. Ma per il fatto che il Signore dice: Li hai amati come hai amato me, non vuol dire che noi siamo pari all'unigenito Figlio, per mezzo del quale siamo stati creati e ricreati. Non sempre infatti esprime uguaglianza chi dice che questo è come quello: talvolta indica solo che una cosa c'è perché c'è l'altra, altre volte invece indica che una cosa è tale che ne derivi l'altra. Chi oserà dire infatti che gli Apostoli furono inviati nel mondo da Cristo nello stesso modo in cui egli fu inviato in terra dal Padre? Per non parlare di altri motivi di differenza che sarebbe troppo lungo ricordare, essi furono inviati quando già erano uomini, mentre Cristo fu inviato in terra perché diventasse uomo. E, tuttavia, poco prima ha detto: Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo (Gv 17, 18), ma come a dire: poiché tu hai mandato me, io ho mandato loro. Così in questo passo egli, dicendo: Li hai amati come hai amato me, non vuol dire altro che questo: Li hai amati perché hai amato me. Il Padre che ama il Figlio, non può non amare le membra del Figlio, e non per altro motivo le ama, se non perché ama il Figlio. Ama il Figlio in quanto Dio, perché lo ha generato uguale a sé; e lo ama anche in quanto uomo, perché lo stesso Verbo unigenito si è fatto carne; cioè a causa del Verbo gli è cara la carne del Verbo. E ama noi perché siamo le membra di colui che ama; e affinché diventassimo membra del Figlio, in vista di questo ci ha amati prima che noi fossimo.

6. Perciò l'amore con cui Dio ama è incomprensibile e non va soggetto a mutamento. Egli non ha cominciato ad amarci solo quando siamo stati riconciliati a lui per mezzo del sangue di suo Figlio; ma ci ha amati prima della fondazione del mondo, chiamando anche noi ad essere suoi figli insieme all'Unigenito, quando ancora non eravamo assolutamente nulla. Il fatto dunque che noi con la morte del Figlio siamo stati riconciliati a Dio, non va ascoltato e non va preso nel senso che egli ha cominciato allora ad amare chi prima odiava, così come il nemico si riconcilia col nemico e i due divengono poi amici, e prendono ad amarsi a vicenda come a vicenda si odiavano. Noi siamo stati riconciliati con chi già ci amava, con il quale, a causa del peccato, noi eravamo nemici. Dimostri l'Apostolo se dico o no la verità. Egli afferma: Iddio dimostra il suo amore verso di noi per il fatto che, proprio mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5, 8-9). Iddio nutriva amore per noi anche quando, comportandoci da nemici nei confronti di lui, noi commettevamo l'iniquità; e, tuttavia, a suo riguardo è stato detto con tutta verità: Tu, o Signore, hai in odio tutti quelli che operano l'iniquità (Sal 5, 7). Per cui, in un modo mirabile e divino, egli ci amava anche quando ci odiava; odiava quanto in noi egli non aveva fatto, ma siccome la nostra iniquità non aveva distrutto totalmente l'opera sua, egli sapeva odiare in ognuno di noi quanto era opera nostra, e insieme amare l'opera sua. E ciò si può applicare per tutto il resto, dato che con tutta verità a lui sono rivolte queste parole: Tu non odi niente di ciò che hai fatto (Sap 11, 25). Se infatti avesse odiato qualcosa non l'avrebbe voluta, né potrebbe sussistere una cosa che l'Onnipotente non avesse chiamato all'esistenza: e non l'avrebbe chiamata se nella cosa che odia non ci fosse stato almeno qualcosa che egli potesse amare. Con ragione odia il male e lo riprova perché contrario alla regola della sua arte; tuttavia anche in ciò che è contaminato dal male, ama o la grazia con cui lo risana, o il suo giudizio con cui lo condanna. Così Dio non odia niente di quanto ha creato, poiché come autore della natura, non del peccato, odia il male che egli non ha creato; ed egli è altresì autore del bene che ricava dal male, sia risanandolo con la sua misericordia, sia facendolo servire ai suoi piani segreti. Assodato dunque che Dio non odia nulla di quanto ha fatto, chi potrà adeguatamente parlare dell'amore che egli nutre per le membra del suo Unigenito? E, soprattutto, chi potrà degnamente parlare dell'amore che porta al suo Unigenito stesso, nel quale sono state create tutte le cose visibili e invisibili, e che egli ama in modo perfettamente corrispondente al posto che ognuna di esse occupa nel piano della creazione? Con l'abbondanza della sua grazia conduce le membra del suo Unigenito all'uguaglianza con i santi angeli; siccome però l'Unigenito è il Signore dell'universo, è senza dubbio anche il Signore degli angeli: per la sua natura divina è uguale, non agli angeli, ma addirittura al Padre, e per la grazia che possiede in quanto uomo, non trascende forse l'eccellenza di tutti gli angeli, essendo in lui la carne e il Verbo una sola persona?

7. Non manca chi sostiene che noi uomini siamo superiori agli angeli, in quanto, si dice, Cristo è morto per noi, non per gli angeli. Ma questo significa vantarsi della propria empietà. Infatti, come dice l'Apostolo, Cristo al momento fissato morì per gli empi (Rm 5, 6). Questo fatto non mette in risalto il nostro merito, ma la misericordia di Dio. Come ci si può gloriare di aver contratto una infermità talmente detestabile che poteva essere guarita soltanto con la morte del medico? La morte di Cristo non è una gloria fondata sui nostri meriti, ma è la medicina per i nostri mali. Non riteniamoci superiori agli angeli solo perché, avendo anch'essi peccato, non è stato pagato per la loro salvezza un tale prezzo, quasi che a loro sia stato elargito qualcosa di meno che a noi. E pur ammettendo che sia stato così, c'è da chiedersi se ciò sia avvenuto perché noi eravamo superiori o perché eravamo caduti più in basso. Siccome però ci risulta che il Creatore di tutti i beni non ha concesso agli angeli cattivi alcuna grazia per la loro redenzione, perché almeno da questo non deduciamo che tanto più grave è stata giudicata la loro colpa in quanto più elevata era la loro natura? Essi erano tenuti più di noi a non peccare, in quanto erano migliori di noi. Sta di fatto che offendendo il Creatore, in modo tanto più esecrabile si dimostrarono ingrati al beneficio, quanto più ricchi di grazia erano stati creati. Né si accontentarono di averlo abbandonato per conto loro, ma diventarono anche i nostri tentatori. Ecco dunque il grande beneficio che ci accorderà colui che ci ha amati come ha amato Cristo: che per amore dello stesso Gesù Cristo, di cui ha voluto fossimo le membra, diventiamo uguali in santità agli angeli (cf. Lc 20, 36) e in un certo modo loro compagni, noi che per natura siamo stati creati inferiori e che ancor più indegni ci siamo resi a causa del peccato.


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30/07/2007 08:01
 
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Re: forse ho capito


Ciao info.se



------------ Ovvero anche in Gio 14:10-11 quell'espressione di Gesù potrebbe voler solo intendere che il messia "partecipa" in Dio, ma non he è la stessa divinità.---------------



A conferma di ciò che hai appena detto, ecco un altro versetto:

Giovanni 17:11
E io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, essi che tu m'hai dati, affinché siano uno, come noi.

Ora se noti qui non si parla dell'essere uno nell'altro, ma di essere ( e si parla di minimo 12 persone ) UNO, come Gesù Cristo il Padre sono UNO.

Io e te possiamo essere UNO anche se viviamo in posti diversi e siamo persone distinte separate e diverse, purchè operiamo insieme per lo stesso scopo, nello etsso modo, osservando gli stessi principi, avendo la stessa conoscenza, avendo identico potere e collaborando istante su istante l'uno con l'altra.

Non significa che siamo la stessa persona, perchè altrimenti neppure gli apostoli avrebbero mai potuto essere UNO, così come Gesù Cristo stava chiedendo al Padre che avvenisse, cioè:

"... affinchè siano uno, come noi. "

E' la paura di essere presi per politeisti, che ha convinto alcuni a dire che Gesù Cristo e Dio e lo Spirito Santo sono un solo Dio.

Ma non si riesce a comprendere che pur avendo poteri divini ed essere Uno con Dio nello scopo e nelle opere e nel potere, Gesù Cristo e lo Spirito Santo non sono Dio, quel Dio al quale dobbiamo rivolgere le nostre preghiere, così come ha insegnato Gesù Cristo stesso e così come si dice nei 10 comandamenti:

Esodo 20
Il decalogo
1 Allora Iddio pronunziò tutte queste parole, dicendo: 2 'Io sono l'Eterno, l'Iddio tuo, che ti ho tratto dal paese d'Egitto, dalla casa di servitù.

"3 Non avere altri dii nel mio cospetto."

4 Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne' cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; 5 non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro, perché io, l'Eterno, l'Iddio tuo, sono un Dio geloso che punisco l'iniquità dei padri sui figliuoli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, 6 e uso benignità, fino alla millesima generazione, verso quelli che m'amano e osservano i miei comandamenti. 7 Non usare il nome dell'Eterno, ch'è l'Iddio tuo, in vano; perché l'Eterno non terrà per innocente chi avrà usato il suo nome in vano.

Quindi non si è politeisti nel credere che Dio e Gesù Cristo e lo Spirito Santo abbiano tutti poteri divinie siano comunque persone distinte e separate, poichè preghiamo soltanto Dio e riteniamo Lui come nostro creatore, e ci rivolgiamo a Lui per ottenere benedizioni e risposte alle nostre preghiere, perchè Gesù Cristo, ci ha insegnato, non di chiedere allo Spirito Santo, ma di ascoltarLo, non di chiedere a Gesù Cristo, ma di seguirNe l'esempio. E allora, a chi dobbiamo chiedere?
Gesù Cristo ci ha detto svariate volte di rivolgere le nostre preghiere a Dio, Suo e nostro Padre, l'unico Dio al quale dobbiamo credere come tale.

Ho già fatto il seguente esempio, ma lo ripropongo.

In un reame ci sono il Re, la Regina ed il Principe.

Entrambi hanno potere reale, ma se ci viene chiesto di credere e di rivolgerci soltanto al Re e di non avere altri Re al nostro cospetto, allora ci rivolgeremo soltanto a Lui, anche se proprio per Suo comando, ascolteremo e seguiremo l'esempio di Suo Figlio, il Principe, che ha come Suo Padre, il Re, poteri regali.

E' ovvio che il Re ed il Prinicpe sono persone separate, ma hanno entrambi i poteri regali, anche se a noi viene chiesto di rivolgerci soltanto al Re, che è un Re geloso e ha dato a Suo Figlio e a sua moglie altri incarichi da svolgere, sempre con lo stesso potere regale che Lui stesso ha conferito loro.


La storia della trinità, come intesa dalla Chiesa Cattolica e alla quale ho voluto credere per almeno 21 anni, anche se con tutte le mie perplessità, è una delle tante invenzioni umane per colmare la paura di essere giudicati politeisti, per voler rendere Dio ancora più lontano dall'uomo ( che non può comprendere un essere così strano ) e per iniziare a far credere agli uomini che più le cose sono strane e inconprensibili, più sono divine ( concetto assolutamente falso, perchè lo scopo di Dio e di Gesù Cristo e dello Spirito Santo è proprio quello di renderci le cose più semplici possibili, affinchè noi impariamo linea su linea e precetto su precetto )


Ciao
Lorena
30/07/2007 08:45
 
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Ciao Trianello 30/07/2007


--------------Li hai amati come hai amato me.-----------

E questa è una frase semplice e chiara a tutti, non ha neppure bisogno di spiegazioni.

------Il Padre ci ama nel Figlio,---------


Questa è incomprensibile, ed in italiano è scorretta, non esiste, ma dà la possibilità a chiunque di girarla in tanti modi, proprio perchè per comprenderla bisogna usare fantasia ed ognuno usa la propria.

Nessuno può amare qualcuno in qualcunaltro.

Come detto sopra, Dio ha amato gli Apostoli e ha amato Gesù Cristo.
Dio ama noi e ce lo ha dimostrato sacrficando il Suo Figliuolo beneamato che è perfetto e non meritava certo tale sofferenza.
Gesù Cristo ci ama e ce lo ha dimostrato acettando il piano del nostro e Suo Padre che è nei cieli, accettando cioè di prendere su di Se tutti i nostri peccati, perchè "pentendoci dei nostri errori " avessimo la possibilità di non morire spiritualmente; e accettando di lasciarsi uccidere, affinchè risorgendo desse a noi e gratuitamente la stessa possibilità di non morire fisicamente " per sempre", ma solo per un breve periodo, vincendo come Lui la morte e risorgendo come Lui per l'eternità.

Ricordiamo che Gesù Cristo è risorto con spirito e corpo e noi faremo la stessa identica cosa che ha fatto Lui e saremo tali, quindi corpo e fisico, per l'eternità.

Dio ama Gesù Cristo al quale ha conferito il Suo potere, ma per la Sua obbedienza gli conferirà tutto il Suo Regno, e Gesù Cristo ama Dio e glielo ha dimostrato obbedendoGli appieno, pur avendo la possibilità di evitare il sacrificio chiestoGli da Dio stesso.

Lo Spirito Santo ci ama e ci guida e ha il potere divino di comunicare con il nostro spirito e di istruirlo, ecc, ecc.
Egli ama Gesù Cristo e Dio Padre, dei quali porta testimonianza in ogni istante e Dio e Gesù Cristo amano lo Spirito Santo e lo dimostrano dicendo all'uomo di ascoltarLo in continuazione ed anche con le seguenti parole:

Matteo 12:32
Ed a chiunque parli contro il Figliuol dell'uomo, sarà perdonato; ma a chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello avvenire.

Amare una persona in un'altra è un modo di dire molto strano ed è da spiegare, mentre la prima frase:

"li hai amati come hai amato me.", è semplice.

Perchè questa voglia di rendere tutto più difficile?

E quante altre parole per spiegare una cosa facile che l'uomo stesso ha reso impossibile da comprendere!!!!!


Ciao
Lorena




30/07/2007 16:13
 
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naturalmente quella di Monterosa non è la concezione cristiana di Dio. si tratta di una tradizione umana che nulla ha a che fare con la Bibbia e con la Tradizione Apostolica di cui la Chiesa Cattolica è depositaria da 2000 anni.

tutto il rispetto per le sue convinzioni da parte mia [SM=x570864]

non sto qui a discutere perchè se parliamo di Trinità non finiamo più, e mi sembra che l'argomento sia stato ampiamente dibattuto anche sul forum.

per quanto mi riguarda considero meravigliosa l'immagine di Dio che ci ha rivelato Gesù; non un Dio solitario, ma un Dio che dall'eternità è Famiglia; 3 persone che condividono la stessa Sostanza;

L'Amante, l'Amato, l'Amore

e noi in Gesù siamo l'Amato e come tali oggetto dell'Amore (Spirito Santo) dell'Amante (il Padre).


[SM=x570907] [SM=x570907] [SM=x570907] [SM=x570907] [SM=x570907]

[Modificato da predestinato74 30/07/2007 16.14]

[Modificato da predestinato74 30/07/2007 16.14]







"Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro."
"Formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo."

Ezechiele



31/07/2007 00:35
 
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Re:
Ciao predestinato74

----naturalmente quella di Monterosa non è la concezione cristiana di Dio.---------


Non è la concezione cattolica, ma è concezione cristiana, visto che io sono cristiana anche se non cattolica.

Appartengo alla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e come specifico sempre, gli altri ci hanno soprannominato " Mormoni ", perchè oltre alla Bibbia crediamo anche al Libro di Mormon, entrambi ispirati da Dio, entrambi testimoni di Gesù Cristo, della Sua missione, della Sua divinità,


Se non fossi cristiana apparterrei forse alla chiesa degli Apostoli, di Bingo Bongo o di qualunque altro personaggio, ma se appartengo alla chiesa di Gesù Cristo...., non posso che essere cristiana.


--------si tratta di una tradizione umana che nulla ha a che fare con la Bibbia e con la Tradizione Apostolica di cui la Chiesa Cattolica è depositaria da 2000 anni.---------


Non è una tradizione umana, bensì una Rivelazione Divina che è vero, nulla ha a che fare con la Tradizione Apostolica e con la Chiesa Cattolica, ma ha di sicuro a che fare con la Bibbia.

--------tutto il rispetto per le sue convinzioni da parte mia ----------

Il rispetto è reciproco.

------non sto qui a discutere perchè se parliamo di Trinità non finiamo più, e mi sembra che l'argomento sia stato ampiamente dibattuto anche sul forum.-------

Sono d'accordo.

-------per quanto mi riguarda considero meravigliosa l'immagine di Dio che ci ha rivelato Gesù; non un Dio solitario, ma un Dio che dall'eternità è Famiglia; 3 persone che condividono la stessa Sostanza;

L'Amante, l'Amato, l'Amore
e noi in Gesù siamo l'Amato e come tali oggetto dell'Amore (Spirito Santo) dell'Amante (il Padre).-------------

Per quanto mi riguarda trovo riduttivo dare a ciascuna di queste persone soltanto uno degli attributi sucitati, perchè entrambi sono Amanti, Amati e Amore e noi siamo qui per imparare a diventare come Dio, seguendo l'esempio di Gesù Cristo ed avendo fede in Lui ed in tutto ciò che ha fatto per noi ( cose che leggiamo sulle Sacre Scritture) e grazie alla guida continua dello Spirito Santo, mandatoci da Gesù Cristo stesso, anche noi quindi dovremmo imparare a diventare Amanti, Aamati ed Amore.

Ciao
Lorena
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