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Sentenza della Cassazione sul rifiuto delle trasfusioni

Ultimo Aggiornamento: 11/04/2007 12:37
29/03/2007 07:24
 
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"Il trattamento trasfusionale può essere lecito anche in presenza del rifiuto del paziente".

Il testo integrale della sentenza:
www.infotdgeova.it/leggi/cassa.php

Achille
29/03/2007 09:27
 
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Domanda al nostro forista-giurista Elrond
Che cosa significa la dizione
"la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese dei giudizio di cassazione"?
Che paga lo stato tali spese?
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est modus in rebus
08/04/2007 21:11
 
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Ciao Berescitte, ciao a tutti [SM=g27822] ,

mi scuso per il ritardo della mia risposta, ma il tempo è tiranno.

Causa impegni di lavoro non posso leggerVi che saltuariamente. [SM=g27829]

Rispondo volentieri al Tuo semplice quesito sintetizzando la faccenda in questo modo: no, non è lo Stato a farsi carico delle spese processuali le quali vengono invece egualmente RIPARTITE tra i convenuti all'atto della sentenza che chiude il giudizio.

Nello specifico: del profilo del pagamento delle c.d. spese processuali si occupa il Capo IV del Codice di Procedura Civile.

1. L'art. 90 cpc (rubricato "onere delle spese") stabilisce, a carico delle parti in lite, il dovere di provvedere alle spese di ciascun atto processuale compiuto o chiesto (es. perizie, traduzioni giurate, deposizioni, etc.) nonchè, in relazione agli altri atti del processo, all'anticipazione delle stesse quando questo sia previsto dalla legge o disposto dal giudice.

2. L'art. 91 cpc è rubricato invece "condanna alle spese" e dispone che:

in linea di principio il giudice, in sede di pronunzia della sentenza, condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese a favore della parte vittoriosa. Tali spese vengono liquidate (liquidate=determinate nel loro ammontare) insieme agli onorari dei legali.

ES.:Tizio viene condannato a reintegrare Caio nel possesso del terreno da lui (Tizio) abusivamente occupato. Contestualmente viene condannato alla rifusione di tutte le spese sostenute dalla parte avversa e vittoriosa in relazione al processo (spese per gli atti e spese per gli avvocati).

3. L'art. 92 cpc dispone, al suo comma II, che, ove sussistano "giusti motivi", il giudice potrà ordinare la compensazione (intiera o parziale) delle spese tra le parti.

Ai fini della determinazione dei "giusti motivi" che possono portare il giudice a disporre la compensazione delle spese processuali si è lungamente discusso in dottrina, senza esiti significativi. Le pronunzie di merito della giurisprudenza di Cassazione, poi, non sono valse a sortire una precisa identificazione delle possibili cause di compensazione.

Si deve ritenere pertanto che in materia di compensazione delle spese processuali il giudice abbia un'ampia discrezionalità, fermo restando tuttavia l'obbligo di motivazione della decisione in senso compensativo. Decisione avverso la quale si darà ricorso in caso di mancanza d'un "logico e coerente" supporto della stessa e che dovrà essere dettata da motivi di equità concernenti, solo a titolo d'esempio, la buona fede del soccombente, il concorso di colpa della parte vittoriosa, l'incertezza, a seguito del dibattimento, di talune situazioni o di taluni rapporti giuridici, etc.

Spero d'esser stato sufficientemente chiaro.

A tutti Voi una Felice Pasqua di Resurrezione. [SM=g27822]

Michele

[Modificato da Elrond di Gran Burrone 10/04/2007 19.15]

"Conosco la metà di voi soltanto a metà; e nutro, per meno della metà di voi, metà dell'affetto che meritate". (Bilbo Baggins)


11/04/2007 04:37
 
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In conclusione la compensazione delle spese è una condanna nei confronti del medico che salva la vita perché non ha... salvato chi stava affogando prendendolo con le debite "pinzette" della burocratica legge sul rispetto delle convinzioni religiose, anche quando queste convinzioni sono del tutto cervellotiche e bypassabili (e bypassandae nel caso si rischi l'omissione di atti di ufficio), come dimostra il fatto che l'imputazione non è stata riconosciuta.

E' triste perché così si rischia di creare in certi medici la determinazione, per convenienza economica, di lasciare piuttosato che il paziente TG perisca nell'illusione di dar lode a Geova, e magari la Società umana viene privata di un probabile genio. Sai si può essere geni in alcuni settori e completamente sprovveduti in teologia.
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est modus in rebus
11/04/2007 12:37
 
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Ciao Caro. [SM=g27823]


In conclusione la compensazione delle spese è una condanna nei confronti del medico che salva la vita perché non ha... salvato chi stava affogando prendendolo con le debite "pinzette" della burocratica legge sul rispetto delle convinzioni religiose, anche quando queste convinzioni sono del tutto cervellotiche e bypassabili (e bypassandae nel caso si rischi l'omissione di atti di ufficio), come dimostra il fatto che l'imputazione non è stata riconosciuta.



In realtà io credo che la ratio della compensazione in questo caso s'identifichi non tanto in un intento afflittivo nei confronti del medico intervenuto, quanto in un riconoscimento implicito della "buona fede" della parte soccombente (il paziente tdg salvato e la di lui famiglia) nell'intentare la causa. Sussisteva cioè, da parte del paziente tdg, una sincera convinzione d'aver patito un danno ingiusto per mano del medico che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio.

La condanna alle spese infatti ha una finalità afflittiva nei confronti di chi intenti una causa incautamente, senza sufficienti elementi di prova o con elevata probabilità di risultare poi soccombente. Tutto questo, per dirla in soldoni, intasa la cosiddetta macchina della giustizia (che sappiamo essere già sufficientemente provata) privando d'un servizio altri cittadini che potrebbero averne un giustificato bisogno. Un po' come quando s'impegna un'ambulanza per un mignolo rotto e la si toglie al vecchietto col femore fratturato, tanto per intenderci. O come quando si va in PS per una distorsione a una caviglia occupando un box e impegnando del personale sanitario a discapito di pazienti con situazioni realmente emergenti (oggi in questo caso si prevede, giustamente, l'obbligo del pagamento della prestazione sanitaria operata in PS, ma che avrebbe potuto essere differita senza danno e demandata al medico di base o di reparto).

Sull'assunta buona fede della parte soccombente però si potrebbe discutere. Il tdg sa bene, o dovrebbe saper bene, che la legge prevede il trattamento sanitario obbligatorio a discrezione del medico laddove la situazione sia emergente, il paziente sia ritenuto incapace d'intendere e volere e non siano consultabili i prossimi congiunti (la cui opinione potrà comunque essere ignorata nel superiore interesse della garanzia della sopravvivenza del paziente che è criterio ordinatore dell'azione del medico in Italia).

Il tdg dovrebbe dunque sapere di andare incontro a una probabile soccombenza giudiziale. Questo fatto sarebbe di per sè idoneo a influenzare la decisione del giudice facendola pendere verso la condanna alle spese. Ma, di fatto, il tdg viene solitamente percepito come animato da buona fede nell'azione poichè supportato da convinzioni religiose che (per quanto spesso in contrasto con i principi della Repubblica) si presumono, sino a prova contraria, sposate senza malizia (cosa che non sempre è, ove si considerino i comportamenti palesemente "politici" e sicuramente malfidenti di anziani a alti papaveri della CCTG che prenderebbero in considerazione anche l'idea di far crepare la propria madre per la gloria della Società e di Mr. Geova più che per un desiderio sincero di compiacere Dio).


E' triste perché così si rischia di creare in certi medici la determinazione, per convenienza economica, di lasciare piuttosato che il paziente TG perisca nell'illusione di dar lode a Geova, e magari la Società umana viene privata di un probabile genio.



Questo è un rischio. Bilanciato però dal suo opposto. Il medico deve decidere sostanzialmente per quale ipotesi d'illecito vuol rischiare d'essere giudicato: la violenza privata o l'omissione d'atti d'ufficio? Da un punto di vista processuale al medico conviene assumersi i rischi di un eccesso di zelo che non di una condotta omissiva.


Sai si può essere geni in alcuni settori e completamente sprovveduti in teologia.



Naturalmente. Nè il fatto di tenere in scarso conto il valore della vita propria e altrui vale a giustificare per lo Stato la perdita d'un consociato (per quanto renitente alla sua autorità). Un po' come quando le mamme cacciano a viva forza lo sciroppo amaro in bocca ai bimbi capricciosi. Magari anche con un bello scappellotto.

saluti

Michele

[Modificato da Elrond di Gran Burrone 11/04/2007 19.45]

"Conosco la metà di voi soltanto a metà; e nutro, per meno della metà di voi, metà dell'affetto che meritate". (Bilbo Baggins)


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