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Coscienza e Libertà, Bene e Male

Ultimo Aggiornamento: 28/12/2006 12:18
21/12/2006 18:35
 
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Cercando di estraniarmi da quelle che sono le mie convinzioni personali in proposito ed attingendo liberamente tra le opinioni e le richieste delle persone del mio ambiente, ho raccolto una serie di domande, tutte rapportate al tema descritto nel titolo.

L’uomo non è libero di volare, perché il suo corpo pesa, non è libero di avere altre prestazioni se non quelle che il suo corpo gli permette, non è libero di essere là quando già si trova qua, non è libero di rimanere giovane per sempre, non è libero dalle malattie e dalla sofferenza, non è libero dai desideri e dalle necessità, non è libero di vivere per sempre.
Può un essere così debole e condizionato decidere “liberamente”, decidere riguardo alla “libertà”, decidere ciò che è bene e ciò che è male?
Può avere consapevolezza di cosa sia veramente “libertà”?
La coscienza dell’uomo può decidere cosa è bene e cosa è male oppure può semplicemente comprendere, ma la decisione su cosa sia bene e male è già determinata e non dipende da lui?
E’ l’uomo in grado di stabilire la propria coscienza, di definirla? La coscienza di ogni uomo è ciò che egli vuole che sia, è come egli vuole che sia? Oppure la coscienza è qualcosa di “altro” rispetto al soggetto a cui è legata?
Se ciò che è bene e ciò che è male è un valore oggettivo, ogni coscienza, tutte le coscienze, non dovrebbero forse percepirlo allo stesso modo? Perché ciò non avviene?
Se invece ciò che è bene e ciò che è male è un valore soggettivo, come si può decidere ciò che è “universalmente” bene e ciò che è “universalmente” male?

Spero di non avervi spaventato... [SM=g27823]


Sandro

------------------
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia (Matteo 5,11)
21/12/2006 20:42
 
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x peraskov
Scrivi:
Spero di non avervi spaventato... [SM=g27823]
----------------
Almeno per me,assolutamente no. Ciao. omega [SM=g27828]
22/12/2006 16:40
 
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Spero di non avervi spaventato...




Se mi volevi "spaventare" dovevi sottrarmi i Dolcini del natale, mica scrivere e basta.

[SM=x570880] [SM=g27823] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828]


22/12/2006 17:34
 
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La libertà che abbiamo è relativa.
In teoria possiamo fare anche di più di quello che tutti gli uomini possono fare, ma se lo facciamo cozziamo contro delle leggi naturali e dobbiamo subire le conseguenze.
Comunque il fatto di avere una libertà relativa è un gran bene. Tu immagina per esempio, se ci fosse una libertà assoluta, cosa potrebbe fare un individuo come Hitler.
Quindi, pur essendo relativa, la libertà che abbiamo ci permette di operare delle scelte che rispettano le esigenze di ogni essere umano.
Questa è il massimo della libertà che ci poteva concedere Dio.
Per quanto riguarda la coscienza, ognuno la può addestrare nel proprio modo. Anche un criminale ha la coscienza, ma probabilmente essendo addestrata in modo sbagliato, non adempie adeguatamente lo scopo per cui è stata creata da Dio.
Succede anche l'effetto opposto e cioè che la persona timorata di Dio possa addestrare la coscienza in modo sbagliato solo perché qualcuno gli insegna che alcune cose sono sbagliate dal punto di vista di Dio, quando invece, non è vero.
Quindi la coscienza riesce ad avere la sua massima espressione se viene addestrata secondo i giusti principi di Dio.
Flavio
[SM=x570892]
23/12/2006 02:33
 
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Il discorso è parecchio contorto e difficile..
Ci sono un sacco di teorie che tentano di dare una spiegazione convincente a tutta questa serie di interrogativi...

Cercherò di darti qualche risposta in base alla mia formazione culturale (peraltro piuttosto blanda).

Per quanto mi riguarda, la libertà è la possibilità di agire in qualsiasi modo vogliamo nei limiti delle leggi fisiche (non mi dilungo cercando di spiegare se una cosa del genere potrebbe o meno essere buona per l'umanità).

Riguardo alle nostre scelte, posso dirti che in genere sono in parte determinate da come nasciamo (dai nostri geni), in parte determinate dall'ambiente in cui viviamo. Esattamente come tutte le differenze individuali.
- Esempio stupido: mostri una mazzetta di banconote e un bicchiere d'acqua ad un bambino occidentale e ad un bambino africano. Sicuramente il bambino occidentale prenderà la mazzetta, mentre c'è una buona probabilità che il bambino africano prenda il bicchiere d'acqua. Ma... non è detto. Può darsi che il bambino africano non viva nel deserto ma a Città del Capo, sia ben nutrito o abbia già appreso l'uso del denaro dai genitori.
In ogni caso il bambino sceglierà l'una o l'altra cosa in base ad una motivazione ben precisa. -

Qualsiasi individuo che ragiona per fare delle scelte, usa la sua tendenza innata e ciò che ha appreso in passato per determinare la cosa "giusta" (per lui).
L'individuo che non ragiona è comunemente indicato come "malato" (schizofrenia, isteria).
Ovviamente l'individuo è chiamato "malato" perché i sintomi portano alla morte dell'individuo stesso o ad uno svantaggio di qualsiasi tipo nei confronti degli altri individui.

Per quanto riguarda la definizione di "coscienza", non credendo nell'anima immortale, posso dirti che secondo me (e secondo qualche corrente di pensiero) la coscienza non sia nient'altro che una vana ricerca di libertà ("io ragiono e scelgo secondo la mia coscienza"; "ho una coscienza e decido secondo essa") dai vincoli innegabili che abbiamo (ambientali, genetici).

Per quanto riguarda invece "il bene e il male"... seguendo la stessa linea di pensiero precedente, il bene e il male è determinato soggettivamente sempre dalle stesse due cose, geni e ambiente.
Ciò che è universalmente bene e ciò che è universalmente male viene scelto in base alla maggioranza delle persone. Se la stragrande maggioranza delle persone pensano che una cosa sia bene, allora questa è bene. Viceversa è male.
Nel caso il numero delle persone che pensano che una cosa sia bene, è uguale al numero di quelli che pensano che sia male, in genere si va al ballottaggio. Cioè le due fazioni si massacrano a vicenda (a parole o nel senso stretto del termine), fino a che una delle due è costretta ad arrendersi o scompare.

Come al solito mi sono dilungato troppo, spero che non vi siate addormentati a metà post.

Un saluto a tutti,
PsYkoT|k

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"Ciò che è affermato senza prova, può essere negato senza prova" - Euclide
23/12/2006 08:20
 
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re x psico
Sei simpatico!!! Ti sei espresso molto bene e hai reso chiaro il concetto. Tanti auguri. omega [SM=x570903] [SM=x570903]
23/12/2006 12:28
 
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Re x Omega
Grazie mille Omega, ricambio il complimento!

Tanti auguri anche a te,
PsYkoT|k

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"Ciò che è affermato senza prova, può essere negato senza prova" - Euclide
23/12/2006 21:52
 
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La libertà che abbiamo è relativa.


Questa è una affermazione, ora però devi presentare gli argomenti a sostegno di questa affermazione.
Perché relativa, relativa a che cosa? Chi è o cosa è che rende la nostra libertà relativa, secondo te, a parte i nostri limiti fisici?

In teoria possiamo fare anche di più di quello che tutti gli uomini possono fare, ma se lo facciamo cozziamo contro delle leggi naturali e dobbiamo subire le conseguenze.


Se possiamo fare “di più”, significa che abbiamo la libertà di fare di più; il fatto che questo di più possa cozzare contro queste ancora non precisate “leggi naturali” viene dopo, la libertà in ogni caso c’è.
E’ un po’ il caso di Adamo al quale è vietato di mangiare i frutti di un certo albero; se gli fosse stata veramente tolta la libertà di mangiare di quei frutti, non avrebbe potuto farlo e non avrebbe peccato.
Una cosa è il “non devi” e un'altra è il “non puoi”. Il “non devi” sottintende che tu puoi, cioè hai la libertà di fare; il divieto di fare è un invito ad usare questa libertà in base a dei criteri prestabiliti, ma la libertà rimane. Il “non puoi” invece significa che in assoluto non possiedi una capacità. Adamo non può volare, non è “libero” di farlo o non farlo, mentre invece può mangiare del frutto dell’albero, è quindi libero di mangiare, ma a suo rischio e pericolo.
Ma se Dio non ci fosse a dirci di non mangiare il frutto dell’albero, per quale ragione umana non dovremmo mangiarlo?

Comunque il fatto di avere una libertà relativa è un gran bene. Tu immagina per esempio, se ci fosse una libertà assoluta, cosa potrebbe fare un individuo come Hitler.”


Per la verità c’è ben poco da immaginare che Hitler non abbia veramente fatto. Forse non aveva compreso che la sua libertà era solo “relativa” e si è comportato come se fosse assoluta, cozzando contro quelle che tu chiami “leggi naturali”? Questo però significa che la nostra libertà è relativa solo se noi lo vogliamo, se cioè accettiamo di renderla relativa a qualcosa o qualcuno, ma potenzialmente è assoluta.
Quali potrebbero essere queste leggi naturali e perché dovrebbero essere chiamate “naturali”?

Quindi, pur essendo relativa, la libertà che abbiamo ci permette di operare delle scelte che rispettano le esigenze di ogni essere umano.


Anche se non capisco a quale logica precedente sia legato quel “quindi” iniziale è evidente tuttavia che qui tu stai affermando qual è la relazione che rende la libertà non assoluta: la libertà è cioè relativa al rispetto delle esigenze degli altri. Ma, pensandoci bene, siamo ancora ad un circolo vizioso. Tu stesso hai fatto l’esempio di Hitler, cioè di uno che non solo non considerava la propria libertà relativa al rispetto degli altri, ma che considerava come propria “esigenza” persino l’annientamento fisico di chiunque contrastasse il proprio obiettivo. Sembra improponibile ritenere di dover considerare la propria libertà relativa a certo tipo di esigenze altrui, e sarebbe impossibile comunque rapportarla a migliaia di esigenze diverse e neanche sempre conoscibili.
Forse sarebbe più corretto dire che dovrebbe rispettare certi valori assoluti, validi per tutti?

Per quanto riguarda la coscienza, ognuno la può addestrare nel proprio modo.


Se fosse così a cosa servirebbe una coscienza, o cosa sarebbe? Se la coscienza di un assassino fosse addestrata a riconoscere legittimo l’assassinio e la coscienza del ladro a considerare legittimo il furto, quale sarebbe la sua funzione? Io credo che l’assassino sa “nella sua coscienza” che l’omicidio è male ed il ladro sa “nella sua coscienza” che rubare è male, ma semplicemente ha imparato a non ascoltarla più e quindi si è molto affievolita, ma credo che, seppure a bassa voce, la coscienza continui a dire le stesse cose. Ma in una società priva di leggi, dove cioè non siano codificati comportamenti considerati buoni ed altri cattivi (le leggi, in realtà, generalmente evidenziano soltanto ciò che è considerato negativo), colui che ruba penserebbe ugualmente che sta facendo qualcosa di sbagliato oppure no? E colui che uccide?





Sandro

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Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia (Matteo 5,11)
28/12/2006 12:18
 
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PsYko scrive:

Per quanto riguarda la definizione di "coscienza", non credendo nell'anima immortale, posso dirti che secondo me (e secondo qualche corrente di pensiero) la coscienza non sia nient'altro che una vana ricerca di libertà ("io ragiono e scelgo secondo la mia coscienza"; "ho una coscienza e decido secondo essa") dai vincoli innegabili che abbiamo (ambientali, genetici).


Ritengo che anche chi non crede nell’anima immortale possa sentire qualche volta questo richiamo della coscienza, sotto forma di un pensiero, o a volte come una specie di disagio nei confronti di una scelta comportamentale non buona. Con questa tua affermazione tu stai riconoscendo alla coscienza una forma di autonomia rispetto ai vincoli ed ai condizionamenti ambientali e genetici, visto che la consideri una ricerca di libertà nei loro confronti. Ci hai messo anche l’aggettivo “vana”, una “vana ricerca di libertà”, facendo capire che, a tuo giudizio, nonostante qualche volta la coscienza si ribelli, di fatto poi è impossibile uscire, liberarsi da questi condizionamenti.
Nel tuo ragionamento comunque, nonostante la coscienza sia definita vana, ciò non toglie che essa sia considerata autonoma dai vincoli ambientali e genetici; sei tornato alla mia domanda iniziale: la coscienza è qualcosa d’ “altro” rispetto alla nostra persona?
Escludendo i condizionamenti ambientali e genetici, dove li trova infatti la coscienza i valori da contrapporre a questi condizionamenti?

Per quanto riguarda invece "il bene e il male"... seguendo la stessa linea di pensiero precedente, il bene e il male è determinato soggettivamente sempre dalle stesse due cose, geni e ambiente.
Ciò che è universalmente bene e ciò che è universalmente male viene scelto in base alla maggioranza delle persone. Se la stragrande maggioranza delle persone pensano che una cosa sia bene, allora questa è bene. Viceversa è male.


E quindi secondo te non esiste un Bene universalmente riconosciuto, un Bene assoluto, ma viene riconosciuto come bene ciò che l’insieme degli individui definisce come tale, una specie di bene sociale.
Un valore relativo in quanto differente da ambiente ad ambiente: ad esempio, negli Stati Uniti è “bene” eliminare fisicamente chi a sua volta elimina fisicamente altre persone, per cui lo stesso atto è insieme “male” e “bene”, a seconda della situazione in cui avviene, mentre in Europa la stessa azione è sempre considerata “male”.
Il bene dipende quindi dalla maggioranza e cambiando la maggioranza può anche essere modificato il concetto di bene: ciò che ieri era bene oggi può diventare male per tornare di nuovo bene domani.
Questo è il paradigma relativistico odierno secondo il quale la coscienza, la coscienza morale, esiste solo in un ambito puramente soggettivo. Per dirla con le parole del filosofo Angel Rodriguez Luno:

Oggi si ammette che le tasse vanno pagate e che è illecito incassare tangenti, ma si rifiuta persino l'ipotesi che sia doveroso (oggetto di dovere etico) essere o non essere un certo tipo di persona, condurre o non condurre un certo tipo di vita, soprattutto in riferimento all'ambito privato.


Bene, per ora ti ringrazio per il tuo contributo.

Sandro

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