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La dottrina della visione beatifica, che Agostino d’Ippona ha preso dai neoplatonici in base alla quale il destino dell’uomo è quello d’essere pienamente felice nel possesso della visione dell’essenza divina, è ignota alla Tradizione patristica ortodossa. Il destino dell’uomo è, piuttosto, la trasformazione del suo desiderio di felicità in un amore non utilitarista, un amore che non cerca il proprio tornaconto. Mentre nelle teologie cristiane neoplatoniche la ricompensa del giusto è la visione di Dio e la punizione dell’ingiusto è la privazione di questa visione, nella Tradizione ortodossa sia il giusto che l’ingiusto hanno la visione di Dio nella Sua gloria increata, con la differenza che, per l’ingiusto, questa stessa gloria increata di Dio è un fuoco d’eterno tormento. Dio è luce per quelli che imparano ad amarlo ed è un fuoco divorante per quelli che non hanno imparato a farlo. La causa di ciò non sta assolutamente in un’intenzione positiva di punire attribuibile a Dio. La sua realtà che immerge la persona in un’esperienza purificante non può non entrare in conflitto con coloro che non sono preparati ad incontrarLa non avendo voluto lasciarsi condurre in un continuo processo di perfezionamento. Questa comprensione della visione di Dio non appartiene ad una struttura teologica che concepisce una ricompensa e una punizione divina e quindi supera la dualistica distinzione tra un mondo inferiore di pene e di tormenti ed un mondo superiore di realtà immutabili e di felicità. La salvezza non è una fuga dalla commedia della vita, ma un movimento eterno verso la perfezione attraverso il fluire del tempo.
La preparazione per la dimensione escatologica nella quale c’è la visione beatifica di Dio nella beatitudine e non nella dispersione spirituale è legata a quanto l’uomo permetta a Dio di iniziare a trasformare la sua felicità egocentrica ed autosufficiente (inizialmente avvertita come positiva), in un amore che non cerca il proprio tornaconto. La salvezza, perciò, non può essere il prodotto di immeritate attività ed intenzioni positive ricompensate finalmente con la felicità della visione beatifica. Le buone azioni e le buone intenzioni sono solo passi preliminari alla preparazione necessaria. Ricompensare questi passi preliminari con la visione di Dio non sarebbe la salvezza ma la dannazione. Non si può nemmeno dire che questi preliminari passi siano meritori nel senso che siano possibili solo grazie alla virtù prodotta dalla Grazia, da un dono particolare e da una abitudine che orienta costantemente la volontà in senso positivo. La Tradizione ortodossa insegna che le buone azioni e le buone intenzioni sono già rinvenibili nel cosiddetto uomo "naturale", il quale può trovarsi sia nella Chiesa che all’esterno di essa. Il lavoro di trasformazione dell’uomo con la Grazia di Dio avviene, invece, nella cooperazione tra Dio e l’uomo stesso (= sinergia). Attraverso questa cooperazione l’amore, da interessato, si trasforma in disinteressato. Essere cristiano non significa raggiungere una ricompensa ma essere preparato al fatto che il paradiso non è un’eterna statica inattività. Dio ha predestinato ogni cosa alla salvezza ma, per la loro pigrizia spirituale, alcuni si ostacoleranno da soli il cammino."
Protopresbitero
Giovanni Romanidis
Shalom
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"Fiume inesauribile della grazia, Spirito Santo, Tu che rimetti i peccati, ricevi la nostra preghiera per il mondo, per i credenti e gli increduli, come per i figli della rivolta: e conducili tutti nel regno eterno della Santa Trinità. Che sia vinto da Te l'ultimo nemico, la morte, e che il mondo, rinascendo attraverso il fuoco purificatore, canti il cantico nuovo dell'immortalità: Alleluya!"