È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!


Avviso per i nuovi utenti

Per essere ammessi in questo forum è obbligatorio  
compilare il modulo di presentazione.

Cliccare qui

ATTENZIONE:
il forum è stato messo in modalità di sola lettura.
Le discussioni proseguono nel nuovo forum:
Nuovo Forum
Per partecipare alle discussioni nel nuovo forum bisogna iscriversi:
Cliccare qui
Come valeva per questo forum, anche nel nuovo forum non sono ammessi utenti anonimi, per cui i nuovi iscritti dovranno inviare la loro presentazione se vorranno partecipare.
Il forum si trova su una piattaforma indipendente da FFZ per cui anche chi è già iscritto a questo forum dovrà fare una nuova registrazione per poter scrivere nel nuovo forum.
Per registrarsi nel nuovo forum clicccare qui

Nuova Discussione
Rispondi
 
Stampa | Notifica email    
Autore

non credono nell'inferno!

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2008 09:49
06/09/2007 10:55
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 2.995
Registrato il: 23/01/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Fermo restando che Dio non distrugge nulla di ciò che ha creato, in quanto Dio non cancella i proprio errori (infatti Egli non commette errori), e fermo restando che senza postulare l’immortalità dell’anima non è possibile sostenere la risurrezione dei morti, ecco cosa P. Kreeft e Ronald Tacelli (due filosofi di ispirazione tomista) dicono a proposito dell’Inferno in un loro fortunato libretto, Il tascabile dell’apologetica cristiana, ed Ares pp.134-140:


Inferno.

Il paradiso è molto più importante dell'inferno. Per questo ne sappiamo molto di più e deve occupare il centro dei nostri pensieri. Ma in una battaglia, l'esercito deve correre in difesa di quella parte del fronte che è più soggetta ad attacco o che sembra essere la più debole, e questa è presa di mira anche oggi. Ogni dottrina è importante. Togliere una pietra da un cumulo e lasciare tutte le altre senza che siano sfiorate è come togliere un organo vitale da un corpo; tutti gli altri organi ne subiscono le conseguenze e alla fine moriranno.
1. Credere che non c'è l'inferno presuppone il credere che sia la Scrittura sia la Chiesa mentano, perché entrambe insegnano chiaramente la realtà dell'inferno.
2. Se la Scrittura e la Chiesa non mentono circa quello che Gesù disse dell'inferno, allora si presuppone che il bugiardo è Gesù, perché è stato più esplicito e inflessibile sull'inferno di chiunque altro nelle Scritture. Un cristiano che non crede all'inferno è una contraddizione in termini, perché un cristiano è una persona che crede in Cristo, e Cristo crede all'esistenza dell'inferno. Il solo modo di credere in Cristo senza credere all'esistenza dell'inferno è ricostruire Cristo secondo i propri desideri. (Egli invece vuole ricostruirti secondo i suoi desideri!). Se non c'è inferno, Cristo non solo è un maestro ingannatore ma è anche malvagio, perché ci terrorizza senza bisogno, falsamente e in modo nocivo.
In verità, il più gentile, il più amorevole e compassionevole uomo che mai abbia parlato ci ha messo in guardia con la massima serietà, insistenza e rigore sull'inferno. Questo è l'inconfutabile argomento a sostegno dell'esistenza di questo.
3. Se lasciamo cadere quest' idea perché è per noi assolutamente insopportabile, questo implica il principio che possiamo cambiare qualsiasi dottrina che troviamo insopportabile o inaccettabile; in altre parole, quella dottrina è negoziabile. Allora il cristianesimo diventa una dottrina umana, non una rivelazione divina.
4. Se non c'è inferno, le scelte della vita non implicano più un'infinita differenza. L'altezza della montagna o la profondità della vallata, l'importanza di vincere o di perdere una guerra o un gioco: queste due cose sono misura una dell'altra. Clive Staples Lewis disse di non aver mai incontrato una persona con una
fede viva nel paradiso senza che avesse anche una fede viva nell'inferno. «Se si fa una partita, dev'essere possibile perderla» (C. S. Lewis, Il problema della sofferenza [The Problem of Pain], trad. cit., p. 101).
5. Se non ci fosse l'inferno, allora la salvezza sarebbe universale e automatica e, in ultima analisi, non ci sarebbe libero arbitrio. Libero arbitrio e inferno sono legati; se si gratta l'idea di libero arbitrio ci troveremo immediatamente sotto la possibilità dell'inferno.
6. Se non ci fosse inferno dal quale essere salvati, allora Gesù non sarebbe il nostro salvatore ma solo il nostro maestro, il nostro profeta, il nostro guru o il nostro modello.
7. Se non ci fosse l'inferno, la conseguenza sarebbe l'indifferenza religiosa. Se la fede in Cristo come salvatore non fosse necessaria, dovremmo richiamare tutti i missionari e chiedere scusa per tutti i martiri. Se non esistesse il fuoco, i pompieri sarebbero una distrazione e uno spreco.
8. Se la salvezza fosse automatica, la morte sacrificale di Cristo sarebbe stata uno stupido errore, un tragico incidente. (Questa idea è ridicolizzata in C. S. Lewis The Great Divorce, cap. 5; trad. it., II grande divorzio. Un sogno, Jaca Book, Milano 1979).
9. Se non ci fosse ragione di credere nella detestata dottrina dell'inferno, non ci sarebbe neppure ragione di credere nell'amatissima dottrina del cristianesimo per la quale Dio è amore. Questa dottrina tanto amata é la ragione che i critici molto frequentemente forniscono per non credere a quest'altra dottrina altrettanto detestata; tuttavia ambedue le dottrine hanno la stessa origine. Perché crediamo che Dio sia amore? Non certo per un ragionamento filosofico.
10. Molti credono che poiché esiste l'inferno, Dio è un Dio di collera, di vendetta e d'odio. Ma non è così. Potrebbe darsi che lo stesso amore di Dio costituisca la tortura del peccatore all'inferno. Quell'amore minaccerebbe e torturerebbe l'egoismo sul quale i dannati insistono e al quale si afferrano. Un bimbo colto da un attacco di rabbia, mentre detesta e odia i suoi genitori, potrebbe percepire come torture le loro carezze e i loro baci. Per lo stesso principio psicologico, la grande bellezza di un'opera potrebbe essere una tortura per chi fosse ciecamente geloso del suo autore. Cosi, il fuoco dell'inferno potrebbe essere costituito proprio dall'amore di Dio o piuttosto dall'odio dei dannati per quell'amore. «L'ira di Dio» è un'espressione scritturale. Ma (a) è probabilmente una metafora, un'immagine antropomorfica, come «il potente braccio destro di Dio» o Dio che cambia parere. Non è un significato letterale. E (b) se non fosse una metafora ma collera in senso letterale (odio), sarebbe una proiezione del nostro odio su Dio piuttosto che l'odio di Dio. E (c) se ci fosse un fatto obiettivo in Dio piuttosto che una soggettiva proiezione del nostro odio, allora questo si riferirebbe alla santità e alla giustizia divina, non a un sordo risentimento; è la sua collera contro il peccato, non contro i peccatori. Dio mette in pratica quello che a noi predica: amare i peccatori, odiare il peccato. I chirurghi infatti per amare i loro pazienti devono odiare il loro cancro. I dannati sono quelli che rifiutano di dissociarsi dai loro peccati tramite il pentimento. Ogni peccato va verso il suo inevitabile destino: l'esclusione dal paradiso. Solo se ci attacchiamo ai nostri peccati, ci attacchiamo anche al loro destino. Dio è perdono e misericordia perfetti. Ma vogliamo essere chiari su quello che significa. Il perdono richiama la libertà; deve essere accordato liberamente e liberamente accettato, come qualsiasi dono. Se non ci pentiamo e chiediamo il perdono di Dio, non lo riceviamo, non perché Dio lo rifiuta, ma perché noi lo rifiutiamo.
11. Alcuni hanno pensato o inteso che l'inferno sia imposto ai dannati, che essi siano gettati là contro la loro volontà. Questo sarebbe contrario alla stessa ragione fondamentale dell'esistenza dell'inferno: la nostra libera volontà e il rispetto che Dio le presta. I dannati all'inferno non godono dell'inferno ma, ardentemente lo vogliono, preferendo l'egoismo all'amore, il proprio io invece di Dio, il peccato invece del pentimento. Non può esserci il paradiso senza un io disposto all'amore. Quello che i dannati desiderano – la felicità in termini di puro egoismo – non può essere data neppure da Dio. Non esiste. Non può esistere.
12. Se l'inferno è scelto liberamente, il problema non è quello di renderlo compatibile con l'amore divino, ma piuttosto quello di renderlo compatibile con la salute mentale umana. Chi preferirebbe l'inferno al paradiso senza essere pazzo? La risposta sta in quello che tutti facciamo prima o poi. Ogni peccato esprime questa preferenza.
13. Forse la peggiore esagerazione dell'inferno è la dottrina calvinista (non sostenuta da tutti i calvinisti) della duplice predestinazione. Secondo questa dottrina, Dio designerebbe e destinerebbe all'inferno alcune anime prima ancora della loro nascita: Dio vuole la loro dannazione. Questo é contraddetto dalla scrittura (cfr Mt 18, 14) e dalla sana morale; come si potrebbe amare un simile mostruoso dio? C'è davvero una predestinazione per il paradiso: è come una mappa strada
le con in evidenza la strada giusta per il luogo delle tue felici vacanze. Le parole destinato e predestinazione sono proprio nelle scritture (Rm 8, 29-30; Ef 1, 5-11). Pensiamo che il suffisso pre non sia da interpretare letteralmente perché Dio non è nel tempo. Ma il punto cruciale è quale specie di dio è Dio. Non dobbiamo pensare che poiché esiste l'inferno, Dio è il divino comandante di un campo di concentramento che seguendo il suo capriccio invia alcuni alle camere a gas e risparmia gli altri. I cristiani credono che Dio stesso abbia detto loro che cosa pensare di lui; ed essi portano sempre con sé la sua immagine di amore: padre, buon pastore, perfino chioccia (cfr in proposito Mt 23, 37).

Uso proprio & improprio della dottrina dell'inferno

Le obiezioni più appassionate alla dottrina dell'inferno, sono in verità obiezioni a quei predicatori che l'hanno usata in modo improprio (il che sembra essere avvenuto prevalentemente fra i fondamentalisti americani e i cattolici irlandesi). L'obiezione si riduce a questo: l'inferno, probabilmente, è stato inventato dall'odio, dalla paura e dal desiderio di controllare e dominare la gente, perché questo è il frutto che la dottrina produce.
La stessa obiezione, comunque, potrebbe essere impiegata contro la dottrina del paradiso: perché, se usata in modo improprio, produce un'irresponsabile mancanza di interesse per questo mondo e condiziona le persone come una carota appesa a un bastone.
Di fatto, qualsiasi idea giusta o falsa può essere usata impropriamente o abusata. Ciò non ci dice nulla sulla sua verità o falsità.
Perché dobbiamo credere e insegnare la realtà dell'inferno? Primo, per la sola buona ragione per cui crediamo o insegniamo qualsiasi cosa: perché è vera, perché c'è. In altre parole, per onestà. Secondo, per amore, per compassione, per la paura generata dall'amore che una qualunque anima preziosa possa andarci a finire non credendo ai segnali di pericolo, come quei bambini che annegano perché il ghiaccio del laghetto dove vanno a pattinare sembrava loro abbastanza spesso e hanno ignorato i segnali.
Quando è in corso una giusta guerra, la cosa meno caritatevole che possiamo fare è gridare «Pace, pace quando pace non c'è» (cfr Ger 8, 11).
Coloro che predicano questa verità, saranno odiati e temuti, derisi e calunniati come stupidi, sadici o manipolatori. Così sia. I cristiani oggi spesso temono maggiormente di condividere l'impopolarità del loro santo Signore piuttosto che l'inferno stesso. Non inchiodi un uomo alla croce perché ti ha detto cose che ti piacciono! Essere disprezzati è un prezzo minimo da pagare per il privilegio di poter contribuire con un filo alla corda che salva uno di quei piccoli infinitamente preziosi per cui Cristo è morto.



Contro Origene e i suoi discepoli che avevano insegnato che la condanna all’inferno non è eterna e che ci sarà la possibilità per tutti i dannati (angeli e uomini) di essere riabilitati mediante l’apocastasi, S. Tommaso mostra che la punizione deve essere eterna e questo per due motivi:

1 - "Per la stessa ragione di giustizia il castigo corrisponde ai peccati ed il premio alle buone azioni. Ma il premio della virtù è la beatitudine, che è eterna, come si è visto sopra (c. 140). Dunque sarà eterna anche la pena con la quale uno viene escluso dalla beatitudine" (C. G., III, c. 144).

2 - "L’equità naturale sembra richiedere che ognuno sia privato di quel bene contro il quale agisce, poiché se ne rende indegno, e di qui deriva che, a norma della giustizia civile, chi agisce contro lo Stato viene privato totalmente del consorzio civile o con ha morte o con l’esilio perpetuo; né si bada alla durata della sua azione, ma allo Stato contro cui agì. Ora è eguale il paragone di tutta la vita presente allo Stato terreno, e di tutta l’eternità alla società dei beati i quali godono in eterno dell’ultimo fine. Dunque chi pecca contro l’ultimo fine e contro la carità per la quale sussiste la società dei beati e di quanti tendono alla beatitudine, deve essere punito in eterno, sebbene abbia peccato in breve spazio di tempo" (C. G., III, c. 144). In altre parole, la durata della pena si proporziona alla disposizione d’animo di chi pecca, e come il traditore della patria si è reso per sempre indegno della sua città, così chi offende Dio mortalmente si rende per sempre indegno del suo consorzio; e chi sprezza la vita eterna merita la morte eterna. D’altronde è impossibile che intervenga alcun mutamento o nella volontà di Dio o in quella dei dannati. Conclusa la fase della prova sia gli uomini sia i demoni sono per sempre ostinati nel male e non possono essere perdonati. Questo rende irreversibile il decreto divino della loro condanna (cfr. Suppl., q. 99, aa. 2-3). Pertanto le pene dei dannati non potranno aver mai fine, come non ha fine il premio dei beati.

Il fatto che i teologi antichi (compreso San Tommaso) abbiano inteso l'inferno come un luogo vero e proprio è dovuto alle concezioni scientifico-cosmologiche dell'epoca in cui costoro vivevano. Oggi, così come tali concezioni sono superate, è altresì superata l'idea di un inferno come luogo fisico in cui risiedono i dannati.

Come asserisce il passo citato del libro di Kreeft e Tacelli, i dannati non possono essere felici perché cercano la felicità attraverso il loro egoismo. Non è possibile per un egoista raggiungere la vera felicità (la beatitudine) così come non è possibile fare un cerchio quadrato. I beati, quindi, in quanto comprendono questa verità, non possono essere "turbati" dalle sofferenze dei dannati (la cui sofferenza, comunque, consiste proprio nel volontario rifiuto di ciò che fa beati i beati), così come non sono turbati dal fatto di non poter disegnare un cerchio quadrato. I beati sanno che i dannati non hanno altro che ciò che desiderano, proprio come loro, e sanno che non è possibile imporre loro di desiderare altro (per via di quella cosetta che si chiama libero arbitrio), quindi sono necessariamente in pace con sé stessi su questo punto e beati in quanto partecipi dell'impertubabilità della vita trinitaria.
Mi rendo comunque conto che questa è una verità assai complessa da afferrare.

Mi asterrò, in questa sede, dal discutere dei concetti di tempo, evo (la forma analogica di tempo in cui vivono gli angeli e le anime disincarnate) ed eternità, in quanto la cosa ci porterebbe eccessivamente fuori tema.
[Modificato da Trianello 06/09/2007 11:40]

-------------------------------------------

Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:24. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com