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peccato originale

Ultimo Aggiornamento: 06/06/2006 09:43
29/05/2006 18:46
 
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I cattolici invece credono che il racconto sia simbolico anche se narra un’avvenimento realmente accaduto.
quell’evento , il momento dell’alienazione dell’uomo da dio , può essere inteso come accidentale o è da considerare necessario rispetto al progetto divino ?




Ovviamente, Dio, nella sua onniscienza, sapeva che l’uomo avrebbe peccato, ma, nella sua onnipotenza, Egli sa trarre il bene anche dal male. Dio ha permesso il male per amore dell’uomo, sua creatura e, sempre per via di questo amore, grazie alla sua onnipotenza, ha fatto sì di trarre un bene da questo male, grazie al sacrificio di Cristo.


Cristo s’incarna per riscattarci dalla condizione corrotta in cui il peccato ci ha relegato, che senso avrebbe altrimenti la sua morte ? nessuno.



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“Se l'incarnazione del Verbo di Dio fosse necessaria per la redenzione del genere umano

SEMBRA che non fosse necessaria l'incarnazione del Verbo di Dio per la redenzione del genere umano. Infatti:
1. Il Verbo divino, essendo perfetto Dio, come vedemmo nella Prima Parte, non acquistò alcuna virtù dal corpo che assunse. Se dunque il Verbo divino riparò la nostra natura incarnandosi, l'avrebbe potuta riparare anche senza prendere un corpo.
2. Per la redenzione della natura umana, caduta a causa del peccato, si richiedeva soltanto che l'uomo soddisfacesse per il peccato. Dio infatti non deve esigere dall'uomo l'impossibile; ed essendo più incline a compatire che a punire, come imputò all'uomo l'atto del peccato, gli dovrebbe ascrivere a distruzione del peccato l'atto contrario. Non era dunque necessaria, per redimere la natura umana, l'incarnazione del Verbo di Dio.
3. La salvezza dell'uomo dipende principalmente dal suo rispetto verso Dio, come ricorda la S. Scrittura: "Se io sono il Signore, dov'è il rispetto a me dovuto? Se io sono il Padre, dov'è il mio onore?". Ma il rispetto di Dio nasce negli uomini alla considerazione della sua assoluta trascendenza e della sua lontananza dalla sensibilità umana; si legge infatti nei Salmi: "Eccelso su tutte le genti è il Signore e al di sopra dei cieli la sua gloria". "Chi è come il Signore, Dio nostro?". Che Dio dunque si faccia simile a noi assumendo la nostra carne non sembra che giovi alla salvezza umana.
IN CONTRARIO: Alla salvezza umana è necessario ciò che libera dalla perdizione il genere umano. Ma con il mistero dell'incarnazione divina si ottiene proprio questo, come dichiara il Vangelo: "Dio ha tanto amato il mondo che ha sacrificato il suo Figlio unigenito, affinché ognuno che crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna". Dunque per la salvezza umana era necessario che Dio s'incarnasse.
RISPONDO: A un fine può essere necessario un mezzo in due modi: o così che senza di esso non si possa ottenere il fine, com'è necessario il cibo alla conservazione della vita umana; o così che il mezzo agevoli il raggiungimento del fine, com'è necessario un cavallo per un viaggio. Ebbene l'incarnazione di Dio non era necessaria per la redenzione della natura umana nel primo modo, potendo Dio redimerci con la sua onnipotenza in molte altre maniere. L'incarnazione era invece necessaria per la redenzione umana nel secondo modo. Di qui le parole di S. Agostino: "Dimostriamo che a Dio non mancavano altri mezzi, perché tutto sottostà ugualmente al suo potere; ma non ne ebbe un altro più conveniente per sanare la nostra miseria".
Tale convenienza può rilevarsi rispetto all'avanzamento dell'uomo nel bene. Primo, quanto alla fede, che acquista maggiore sicurezza dal credere alla parola immediata di Dio in persona. Perciò S. Agostino afferma: "Perché l'uomo con più fiducia accedesse alla verità, la Verità stessa, il Figlio di Dio, col farsi uomo gettò le fondamenta della fede". - Secondo, quanto alla speranza, che nell'incarnazione trova il suo stimolo più efficace: "Nulla", dice S. Agostino, "era tanto necessario a infonderci speranza quanto la dimostrazione del grande amore che Dio ci porta. Ma quale segno poteva essere più chiaro di questo, che la degnazione del Figlio di Dio a unirsi con la nostra natura?". - Terzo, quanto alla carità, che nell'incarnazione trova il suo massimo incentivo. Di qui le parole di S. Agostino: "Qual altro fine più grande ha la venuta del Signore se non la manifestazione dell'amore di Dio per noi?". E conclude: "Se poteva costarci di amare, che almeno non ci costi riamare". - Quarto, rispetto al ben operare, in cui con l'incarnazione Dio stesso si è fatto nostro modello. "Avevamo l'obbligo", spiega S. Agostino, "non di seguire l'uomo che si vedeva, ma Dio che non era visibile. Perciò, per dare all'uomo di poter vedere chi doveva seguire, Dio si fece uomo". - Quinto, quanto alla piena partecipazione della divinità, che è la vera beatitudine dell'uomo e il fine della sua vita. Tale piena partecipazione ci viene conferita per l'umanità di Cristo: infatti "Dio si è fatto uomo, perché l'uomo diventasse Dio", scrive S. Agostino.
Altrettanto utile era l'incarnazione per allontanare l'uomo dal male. Primo, perché persuade l'uomo a non stimare il diavolo, primo artefice del peccato, al di sopra di se stesso e a non prestargli ossequio. Per questo avverte S. Agostino: "Poiché la natura umana poté essere unita a Dio così intimamente da divenire con lui una sola persona, non osino quei superbi spiriti maligni anteporsi all'uomo vantandosi della propria incorporeità". - Secondo, l'incarnazione c'insegna quanto sia grande la dignità della natura umana, affinché non la macchiamo peccando. "Dio ci ha mostrato quale eminente posto abbia tra le cose create la natura umana, apparendo tra gli uomini come vero uomo", afferma S. Agostino. E il papa S. Leone ammonisce: "Riconosci, o cristiano, la tua dignità e, fatto partecipe della natura divina, non tornare all'antica miseria con un'indegna condotta". - Terzo, per distogliere l'uomo dalla presunzione "viene esaltata in Cristo uomo la grazia divina, non preceduta da merito alcuno", come si esprime S. Agostino. - Quarto, perché, per dirla col medesimo Santo, "una così grande umiltà di Dio è in grado di riprendere e di guarire la superbia dell'uomo, che costituisce l'impedimento più grave per la sua adesione a Dio". - Quinto, l'incarnazione giovò a liberare l'uomo dalla servitù. Ciò doveva avvenire, dice S. Agostino, "in modo che il diavolo fosse vinto dall'uomo Cristo Gesù"; e si attuò mediante la soddisfazione offerta da Gesù per noi. Un puro uomo infatti non avrebbe potuto soddisfare per tutto il genere umano; Dio d'altra parte non doveva soddisfare; era quindi necessario che Gesù Cristo fosse Dio e uomo. Di qui le parole di S. Leone papa: "La potenza assume la debolezza, la maestà l'abiezione; perché in corrispondenza dei nostri bisogni un solo e medesimo mediatore tra Dio e gli uomini potesse morire e risorgere per attributi diversi. Se infatti non fosse vero Dio, non potrebbe rimediare al nostro bisogno; se non fosse vero uomo, non sarebbe per noi un esempio".
Ci sono poi moltissimi altri vantaggi derivati dall'incarnazione al di sopra della comprensibilità umana.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'obiezione si fonda sul primo modo di necessità, quella cioè di un mezzo senza il quale non si può ottenere l'effetto.
2. Una soddisfazione può dirsi sufficiente in due modi. Primo, in maniera perfetta, in quanto è "condegna", ossia compensa degnamente o adeguatamente la colpa commessa. In tal senso non poteva essere sufficiente la soddisfazione d'un puro uomo, perché tutta la natura umana era stata corrotta dal peccato, né il merito di una o più persone poteva compensare alla pari il danno di tutta la natura. Inoltre, poiché il peccato commesso contro Dio acquista una certa infinità dalla infinità della maestà divina: l'offesa infatti è tanto più grande, quanto più grande è la persona verso cui si manca; era necessario per una soddisfazione adeguata che l'azione del riparatore avesse un'efficacia infinita, quale è appunto l'azione di un uomo-Dio.
Secondo, può dirsi sufficiente una soddisfazione in maniera imperfetta, ossia relativamente all'accettazione da parte di chi se ne contenta, anche se non è adeguata. In tal senso può essere sufficiente la soddisfazione d'un puro uomo. Tuttavia, poiché ogni cosa imperfetta presuppone la perfezione corrispondente su cui si regge, è dalla soddisfazione di Cristo che prende efficacia la soddisfazione d'ogni puro uomo.
3. Dio assumendo la carne non ha sminuito la propria maestà e quindi ciò non deroga al rispetto che gli è dovuto. Anzi questo cresce per la maggiore conoscenza che abbiamo di lui; poiché con il fatto stesso che ha voluto avvicinarsi a noi assumendo la carne, ci ha portati a conoscerlo di più.


Se Dio si sarebbe ugualmente incarnato nel caso che l'uomo non avesse peccato

SEMBRA che, se l'uomo non avesse peccato, Dio si sarebbe incarnato lo stesso. Infatti:
1. Rimane l'effetto, se rimane la causa. Ma nell'incarnazione di Cristo, come dice S. Agostino, oltre la liberazione dal peccato, "sono da considerarsi molte altre cause", quelle di cui abbiamo già fatto cenno. Dunque anche se l'uomo non avesse peccato, Dio si sarebbe incarnato.
2. Ci si aspetta dall'onnipotenza divina che porti a compimento le sue opere e che si manifesti in qualche effetto infinito. Ma nessuna pura creatura può dirsi effetto infinito, limitata com'è nell'essenza. In realtà solo nell'opera dell'incarnazione si manifesta un effetto infinito della potenza divina, che ha congiunto cose distanti tra loro all'infinito, facendo sì che l'uomo diventasse Dio. Nella medesima opera inoltre l'universo sembra raggiungere la sua perfezione, in quanto l'ultima creatura, l'uomo, viene congiunta con il primo principio, Dio. Dunque anche se l'uomo non avesse peccato, Dio si sarebbe incarnato.
3. La natura umana non è stata resa dal peccato più capace di grazia. Eppure dopo il peccato essa è stata in grado di ricevere la grazia dell'unione, che è la massima grazia. Dunque sarebbe stata capace di questa grazia, anche se l'uomo non avesse peccato. Né Dio avrebbe negato alla natura umana un bene di cui era capace. Dio quindi si sarebbe incarnato, anche se l'uomo non avesse peccato.
4. La predestinazione divina è eterna. Ma di Cristo S. Paolo dice che "è stato predestinato qual Figlio di Dio in manifestazioni di potenza". Perciò anche prima del peccato era necessario che per adempiere la predestinazione divina il Figlio di Dio s'incarnasse.
5. Il mistero dell'incarnazione fu rivelato al primo uomo, come risulta dalle sue parole: "Ecco, questo è un osso delle mie ossa, ecc.", relative al matrimonio, che l'Apostolo considera "grande mistero rispetto ai rapporti tra Cristo e la Chiesa". Ma l'uomo non poteva conoscere in precedenza la propria caduta, per la stessa ragione che non lo poteva l'angelo, come dimostra S. Agostino. Dunque Dio si sarebbe incarnato, anche se l'uomo non avesse peccato.
IN CONTRARIO: S. Agostino spiegando le parole evangeliche, "Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto", dichiara: "Se l'uomo non avesse peccato, il Figlio dell'uomo non sarebbe venuto". Inoltre a commento delle parole di S. Paolo, "Cristo venne nel mondo a salvare i peccatori", la Glossa aggiunge: "Nessun motivo ebbe di venire tra noi Cristo Signore, se non quello di salvare i peccatori. Togli le malattie, togli le ferite e non c'è più bisogno di medicina".
RISPONDO: Ci sono in proposito opinioni opposte. Alcuni dicono che il Figlio di Dio si sarebbe incarnato, anche se l'uomo non avesse peccato. Altri invece affermano il contrario. Quest'ultima opinione pare che sia da preferirsi. Le cose infatti che dipendono dalla sola volontà di Dio, al di sopra di tutto ciò che è dovuto alle creature, non possono esserci note se non attraverso la Sacra Scrittura, nella quale la volontà divina viene manifestata. Perciò, siccome nella Sacra Scrittura il motivo dell'incarnazione viene sempre desunto dal peccato del primo uomo, è meglio dire che l'opera dell'incarnazione è stata disposta da Dio a rimedio del peccato, di modo che, non esistendo il peccato, non ci sarebbe stata l'incarnazione. La potenza di Dio però non è coartata entro questi termini: Dio infatti avrebbe potuto incarnarsi, anche se non ci fosse stato il peccato.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutti gli altri motivi assegnati all'incarnazione rientrano tra i rimedi del peccato. L'uomo infatti, se non avesse peccato, sarebbe stato illuminato dalla luce della sapienza divina e perfezionato da Dio nella rettitudine della santità, per l'acquisto di ogni conoscenza necessaria. Ma, poiché, abbandonando Dio era sceso alle cose materiali, fu opportuno che Dio, assunta la carne, tramite anche le cose materiali, gli offrisse il mezzo di salvarsi. Ecco perché commentando le parole evangeliche, "il Verbo si fece carne" S. Agostino annota: "La carne ti aveva accecato, la carne ti risana. Cristo venne precisamente per estinguere nella carne i vizi della carne".
2. L'infinita potenza di Dio si manifesta già nel modo di produrre le cose dal nulla. - Al compimento poi dell'universo basta che le cose create siano ordinate a Dio naturalmente come a loro fine. Che invece una creatura venga unita a Dio in unità di persona oltrepassa i limiti della perfezione naturale.
3. Si possono riscontrare nella natura umana due capacità. La prima al livello della sua potenza naturale. E tale capacità viene sempre soddisfatta da Dio, che provvede a ciascuna cosa secondo le capacità naturali. La seconda al livello della potenza divina, cui ogni creatura obbedisce al primo cenno. A quest'ordine appartiene la capacità umana di cui si parla nell'obiezione. Ora, Dio non asseconda sempre tale capacità della creatura, altrimenti egli non potrebbe fare nelle cose se non quello che fa, e ciò è falso, come si è visto nella Prima Parte.
Che poi la natura umana dopo il peccato sia stata innalzata più di prima non c'è nessuna incongruenza: Dio infatti permette il male per trarne un bene maggiore. Di qui le parole di S. Paolo: "Dove abbondò il peccato, lì anche sovrabbondò la grazia". E nella benedizione del Cero pasquale si canta: "O fortunata colpa, che meritò di avere tale e tanto Redentore!".
4. La predestinazione presuppone la previsione del futuro. Dio quindi, come predestina che la salvezza di una determinata persona si abbia a compiere per le preghiere di altri, così pure predestinò l'incarnazione a rimedio del peccato umano.
5. Niente impedisce che si riveli un effetto a chi non ha avuto la rivelazione della causa. Poté dunque il mistero dell'incarnazione essere rivelato al primo uomo, senza che egli fosse consapevole della sua futura caduta: poiché non sempre chi conosce un effetto, conosce anche la causa.”

Tommaso d’Aquino, Summa Theol. Parte III questione 1 articoli 2 e 3

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

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