Ciao Speranza!
Ti rispondo qui in modo da non uscire dal discorso su Caino e Abele...
La scelta del ruolo di pastore nomade a mio parere non è da poco… Significa moltissimo!!
Si potrebbero scrivere pagine e pagine sulle differenze tra le due grandi culture che sono nate dai grandi fiumi e dal deserto…
La ricerca come dici tu è uno degli aspetti principali. Dio stesso, prima che l'uomo si accomodi, vuole che prima passi per il deserto...
Dio predilige lo stile di vita del pastore nomade che viaggia con greggi e famiglia attraverso il deserto da un'oasi all'altra.
Aggiungo alcuni punti di riflessione sull’argomento DESERTO:
1) Il deserto con il suo vuoto spinge a ricercare in cielo la via per orientarsi, quasi come se in terra non ci fossero veri punti fissi.
Non so se vi è mai capitato di osservare un cielo notturno completamente terso e privo di inquinamento luminoso…
(Io vivo praticamente in montagna e passare una notte col cielo limpido sulla cima di un monte è una delle esperienze più profonde ed emozionanti che un uomo possa fare..)
Milioni, miliardi di stelle, il vento, il silenzio, le cime enormi e nere… L’uomo ritorna al suo posto, ridiventa il piccolo essere che è, non si sente più in competizione con nessuno, ascolta… Ascolta… verbo importantissimo nell’Antico Testamento.
Così il grande deserto deve essere: pensate ad Abramo sul suo dromedario che di notte procede sulle dune e si orienta con le stelle… (Nel deserto, a causa dell’aria secca, il cielo è il più nero che ci sia.) Il dromedario incede lento e lui ascolta e contempla… Sotto, il più vasto deserto e sopra, l’immensità del cielo…
L’uomo comprende la sua dimensione e trova Dio. Non lo pensa, lo trova.
2) Nella vita agricola c’è abbondanza e molti sono i segnali da cogliere… piante, piene dei fiumi, stelle, frutti, bestiame, uccelli… Nel deserto ci sono solo le stelle… soprattutto una: la Stella Polare!
Una, fissa, eterna (per i pastori era così.). L’uomo è obbligato ad alzare gli occhi al cielo.
Inoltre la civiltà agricola tende a concentrarsi e diventa spesso caotica, sovraffollata, competitiva… Il deserto richiama all'intimo rapporto uomo-Dio.
3) La sete, la fatica.
Chi cammina nel deserto conosce l’importanza dell’acqua: niente è scontato o sovrabbondante. (La ricerca dell’acqua mi ricorda il discorso tra Gesù e la Samaritana…) Per i popoli semitici l’acqua è vita ed i nomadi devono sempre risicarla…
La fatica e la sete insegnano a dare importanza a ciò che si incontra, a cogliere nel silenzio anche i più piccoli segnali che indichino la strada verso la sopravvivenza. Inoltre la fatica svuota la mente da ogni pensiero o nevrosi. Quando sei stanco morto, le gambe vanno da sole, l’occhio si appanna, senti solo il tuo respiro.. Si sente di più di quello che si vede.
In città non ci si saluta mai, sui sentieri di montagna ci saluta sempre, anche tra sconosciuti, e si condividono con fratellanza cibo, acqua e ristori… Come si se capisse la fatica altrui, come se si fosse accomunati dalla stessa sorte.
Spesso mi capita di passare ore a chiacchierare con simpatici e saggi anziani in vetta ad una montagna: non c’è età, rango, classe sociale… La montagna, come il deserto, con le sue dimensioni e la fatica per raggiungerla elimina ogni gerarchia umana: ci si sente troppo piccoli per notare le differenze… Che differenza c’è tra un ventenne ed un settantenne di fronte all’eterno?
4) Il nomade non può vivere sempre nel deserto.
Ha bisogno delle oasi per sé e per le bestie. Delle città per vendere pelli, formaggi e carne. Quel continuo andare e tornare dal deserto alla civiltà insegna molto…
Direi, senza troppo osare, che il comandamento:
Ama il tuo Dio, nasca dal deserto…
E il comandamento:
Ama il tuo prossimo, nasca dallo stare con gli altri…
Stando nel deserto si impara ad essere in comunione con Dio, si ascolta nel silenzio la sua voce eterna, si impara a parlare con lui ed ad amarlo. Quando però ci si sente pieni del suo Amore, ci si accorge che l’uomo non può stare per sempre nel deserto…
Così si ritorna alla civiltà con gli occhi che vedono l’essenziale e si prova un profondo amore per l’uomo con tutti i suoi limiti e le sue grottesche imperfezioni: non si può non sentirsi pervasi dall’Agape!! Chiunque diventa famiglia!! Il solo fatto di vedere una persona porta gioia! Quando si ama l’uomo però ci si sobbarca anche dei suoi problemi e dei suoi affanni e spesso non si riesce a ritrovare la propria dimensione spirituale e l’equilibrio con sé stessi, così si ritorna per un po’ nel deserto…
Gesù stesso prima di predicare va nel deserto... E spesso si ritira in luoghi isolati per pregare.
Spesso il deserto, quando non può essere raggiunto a piedi, lo si ritrova nella preghiera… La Beata Teresa di Calcutta scrive:
“Noi abbiamo bisogno di questo intimo legame con Dio nella nostra vita quotidiana. E come possiamo ottenerlo? Attraverso la preghiera.”.
Se ne potrebbe parlare per ore e sottolineare mille altri aspetti, comunque è chiaro che la scelta del pastore nomade non è stata casuale…
Dite la vostra!!
Pace a tutti!!!
Marco.
[Modificato da desertbreeze 08/05/2006 21.50]
Sal 41 - "Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio."