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Mi permetto di esprimere due paroline sulla questione. Si tratta solo di poche battute a carattere quasi estemporaneo.
Il racconto di Caino e Abele si presenta narrato alla terza persona, senza traccia diretta del narratore e si sviluppa in un tempo indefinito (dobbiamo infatti risalire al primo capitolo della Genesi per trovare un indizio temporale: “in principio”). Siamo quindi al principio di tutte le cose, assistiamo ad uno degli eventi fondanti della realtà in cui viviamo. Quello di Caino ed Abele è un Mito, nel senso più genuino e profondo del termine.
Il racconto si apre con una breve introduzione, in cui si narra la nascita dei due fratelli: scopriamo che prima nasce Caino e poi Abele, che Caino, quindi, è il primogenito.
Segue il racconto della “prova” a cui il Signore sottopone il primogenito Caino. Le offerte dei due sono tipiche delle loro attività, il fatto che il Signore gradisca di più l’offerta del pastore rispetto a quella dell’agricoltore deriva dal contesto culturale in cui il presente mito è nato: l’antico Israele era un popolo di pastori seminomadi. Questo non sorprende più di tanto lo storico delle religioni, in quanto è tipico delle culture tradizionali il voler “fondare” la legittimità del proprio stile di vita attraverso un apposito mito. Nulla ci viene detto, però, delle ragioni che spingono Dio a non gradire il sacrificio di Caino. Si dice, però, che Abele offrì i primogeniti del suo gregge ed il loro grasso e che Caino offrì i prodotti della terra. Caino non offre le “primizie” del suo raccolto, ma solamente dei frutti del suolo, dei frutti qualsiasi probabilmente. Quindi il primogenito di Adamo agisce attenendosi solo formalmente al rituale, il suo è forse un atteggiamento farisaico, e Dio, che conosce il cuore degli uomini, lo sa, quindi non gradisce il suo dono. Ecco perché nella Prima Lettera di Giovanni troviamo scritto: “Poiché questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello. E per qual motivo l'uccise? Perché le opere sue erano malvagie, mentre quelle di suo fratello eran giuste.” (IGv 3,11-12)
L’atteggiamento interiore di Caino è noto al Signore, il quale infatti, nel breve dialogo che segue tra i due, gli dice espressamente: “Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo." Queste parole, ci fanno presupporre che Caino non ha agito bene e, per questo, in fondo, egli ha la coscienza sporca. Al Signore non importa che Caino sia il primogenito, gli preferisce Abele perché “giusto”. Caino è abbattuto, ma è anche irritato: non vuole, infatti, riconoscere il proprio peccato. Presto la sua rabbia trova un oggetto concreto contro cui indirizzarsi: il fratello, dal quale si vede “immeritatamente” scavalcato. Caino non vuole ammettere con se stesso di essere in difetto verso Dio, così il fratello diventa ai suoi occhi colui che lo ha defraudato della benevolenza divina. Caino dovrebbe essere arrabbiato con se stesso, ma pecca di orgoglio e scarica la responsabilità dell’atteggiamento di Dio nei suoi confronti su suo fratello.
Caino uccide il fratello. Ecco, sopra avevo detto che quello di Caino ed Abele è un Mito di fondazione. Ma che cosa fonda questo mito? I rapporti sociali. I rapporti sociali nascono con un omicidio. Anche qui l’autore ispirato riprende un tema tipico dei miti di fondazione: quelle di un fratello che uccide un suo fratello, come nel caso di Romolo e Remo, ad esempio. C’è però una novità fondamentale che il suddetto introduce in questo schema classico: il peccato. Romolo uccide Remo
perché questi ha infranto un vincolo della nascente città, il mito di Romolo e Remo “fonda” la legge dell’Urbe come un qualcosa che va al di là dei meri vincoli di sangue, nasce lo Stato. Caino uccide il fratello ingiustamente, l’omicidio è frutto del peccato. Abele, del resto, è il primo uomo a morire, la morte è una conseguenza del peccato originale. Il peccato originale marchia l’uomo nella sua essenza, la prima azione “sociale” dell’uomo è quindi macchiata dal peccato. Anche l’atteggiamento di ognuno di noi nei confronti degli altri è sotto l’influsso del peccato originale, la società umana, nelle sue strutture più fondamentali, è condizionata dal peccato.
Con questo peccato infame Caino si è allontanato da Dio: ciò è simboleggiato dalla sua cacciata dal cospetto di Dio. Eppure, Dio non lo abbandona del tutto. Dio, infatti, non ci abbandona mai! Il Signore lascia un segno su Caino che lo protegga dalle conseguenze estreme del proprio peccato. Ed ecco la Divina Provvidenza!
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)
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